Cernobog
Claude raggiunse quella che a tutti gli effetti sembrava una cantina. La sua discesa era stata piuttosto rapida, perché non aveva sentito alcuna voce, né aveva udito rumore alcuno che potesse fargli pensare alla presenza di qualcuno.
Dopo una scalinata di marmo, Falgar giunse nella cantina dell'albergo ed allora si appiattì contro la parete, sperando che il buio lo aiutasse a tenere celata la sua presenza. I suoi occhi si muovevano rapidi e accorti, le sue orecchie tese a percepire anche il minimo rumore; il ragazzo era convinto che lì sotto ci fossero Sherikov ed i suoi complici assieme alle altre persone giunte all'improvviso.
La cantina era strana perché, a parte alcune casse di bevande e alcuni vini pregiati, era praticamente vuota. Solo quando fu certo che non vi fosse nessuno, Claude decise di muoversi tranquillamente e si chiese dove fosse finito l'uomo che aveva visto poco prima, per non parlare di Sherikov e degli altri. Esplorò tutto ciò che lo circondava: le pareti ruvide, le casse di coca cola e altre bevande, le mensole dei vini. Una flebile luce proveniva dall'alto e penetrava lì sotto attraverso un piccolo squarcio nella grata di una finestra. Quel raggio luminoso fu provvidenziale per Falgar, perché gli indicò la risoluzione del mistero!
Incuriosito da quanto lo circondava, consapevole che il barista doveva aver sfruttato una sorta di passaggio segreto dietro il quale si nascondeva una camera, Claude si guardava intorno con attenzione e stava quasi decidendo di cominciare ad ispezionare le pareti, quando notò una cosa alquanto bizzarra!
Una bottiglia di quelle presenti nella seconda fila delle mensole era lucida, mentre su tutte le altre si era accumulata la polvere. Claude non ebbe bisogno di vedere altro, assicurandosi lo zaino sulle spalle afferrò la bottiglia ma notò che non si staccava dalla mensola. Studiando un po' la cosa, controllando che le altre bottiglie si tirassero via con estrema facilità, Claude non ci mise molto a capire il meccanismo con cui aprire il passaggio segreto: gli basò ruotare la bottiglia e una parte della parete scivolò all'indietro, per poi scorrere verso destra e rivelare il passaggio segreto. Falgar sorrise e si immerse nell'oscurità, pronto a percepire la presenza dei suoi nemici ed a mettere in pratica il suo piano. Ma dopo alcuni secondi la parete tornò al proprio posto e Falgar capì che si trattava di una serratura a tempo. Non gli rimase altro da pare che farla scattare e scivolare lentamente nel buio.
Immobile, immerso nel silenzio innaturale dello scompartimento segreto, Claude attese che la vista si abituasse all'oscurità ma nemmeno i suoi occhi allenati riuscivano a squarciare quel buio impenetrabile; riuscì però a scorgere a pochi passi di distanza una seconda scalinata che scendeva di sotto.
Per Claude fu facile scendere le scale che conducevano all'oscuro sotterraneo, un luogo dove la luce sembrava non aver mai avuto accesso ed il ragazzo si pentì di non aver portato con sé il cappuccio con le lenti infrarosse. Ma essere El Coguaro voleva dire adattarsi ad ogni circostanza, cercare la soluzione del problema.
Così, Claude Falgar si ritrovò immerso nelle tenebre ancora una volta. Non lo circondavano più i vecchi mobili ed il letto sgangherato; a circondarlo erano pareti umide sulle quali si addensavano goccioline di acqua. Il pavimento era scivoloso e, inoltre, Claude aveva l'impressione di scendere. Anche se non aveva dimenticato una delle regole fondamentali dell'addestramento per diventare El Coguaro – e cioè mantenere la propria presenza quanto più celata possibile –, Claude sapeva bene di non poter procedere in quelle condizioni: un passo falso e avrebbe potuto rompersi l'osso del collo.
Tirò fuori il piccolo accendino ma decise di attendere prima di fare luce. Claude si concentrò e non percepì alcuna presenza nel tunnel; decise allora di abbassarsi al fine di sentire eventuali passi e scoprì che non si stava avvicinando nessuno. Fece luce e, come aveva intuito, si trovava in un umido passaggio che scendeva nel sottosuolo della città. Dopo aver controllato un'ultima volta che il contenuto dello zaino era a posto, Claude si avviò verso l'epilogo di quell'avventura, sorridendo e ringraziando la sua buona stella per avergli fatto trovare quello zaino, sotto al bancone del bar, con cui era molto più facile trasportare gli oggetti di cui aveva bisogno per attuare il suo piano. Con un po' di fortuna non avrebbe avuto nemmeno bisogno delle armi segrete che portava nascoste nella cintura.
Seguì il tunnel, coprendo una distanza che riteneva incredibile e arrivò ad una scalinata che scendeva ancor più nel sottosuolo. Non un raggio di luce saliva da quello che sembrava un oscuro budello dell'inferno ed il vento gelido che ne saliva dava proprio l'impressione di un soffio proveniente dal regno dei morti. Sherikov era un tipo strano, questo lo aveva sempre pensato, ma mai Claude sarebbe arrivato a immaginare che fosse un tipo tanto pericoloso! E cosa stava facendo, assieme a delle altre persone, in un sotterraneo tanto profondo?
Per un attimo Claude rimase incerto se scendere o meno lì sotto. Pensava a GS ma si disse che sicuramente l'amico era stato soccorso e portato in ospedale; quando avrebbe fatto ciò che doveva sarebbe andato a cercarlo.
Iniziò a scendere le scale, sempre attento a non farsi scoprire e intanto cresceva in lui un certo senso di inquietudine, come se quel sotterraneo nascondesse nefandi abissi nei quali si consumavano chissà quali cose blasfeme... ma il ragazzo scacciò certe idee dalla sua testa, dicendosi che era solo la situazione in sé a causargli quelle paure.
Le scale, come Claude poté notare durante quella lunga discesa nell'abisso, non erano molto polverose e non sembravano così antiche. Sherikov doveva averle fatte costruire di recente e siccome l'albergo a due piani sembrava più vecchio, il polacco aveva probabilmente deciso di scavare nel sottosuolo dell'edificio dopo averlo acquistato. Ma perché Sherikov aveva costruito un sotterraneo così profondo? Di sicuro aveva deciso di nascondervi qualcosa. Improvvisamente Claude arrestò la sua discesa! Finalmente riusciva a capire... il polacco vendeva qualcosa di illegale, droga o forse armi, per questo motivo sfruttava l'albergo come copertura e aveva fatto costruire il sotterraneo che di certo sfruttava una galleria già presente nella città. In che razza di pasticcio stava andando a cacciarsi?
Intanto era entrato in un corridoio che proseguiva in linea retta verso un punto da cui proveniva una flebile luce. In fondo al tunnel c'era un'uscita. Ma Falgar era titubante: cosa avrebbe trovato alla fine di quel lungo tunnel sotterraneo e come sperava di poter fermare Sherikov, i suoi complici e le altre persone presenti laggiù? Nemmeno con l'equipaggiamento di El Coguaro avrebbe potuto fronteggiare un gruppo armato... no, era meglio tornare sui propri passi e affrontare le due sentinelle sull'uscio della porta, metterle fuori combattimento, e svignarsela. Avrebbe avuto modo di affrontare Sherikov un'altra volta, nella capitale magari.
Claude si stava voltando, deciso a tornare nella cantina, quando la luce della piccola fiamma illuminò dei particolari che attirarono la sua attenzione! Il sangue gli si gelò nelle vene quando vide i disegni sulle pareti del tunnel e il terrore legato ad un pericolo ben più atavico e blasfemo delle armi dell'uomo moderno tornò a pervadere la sua mente.
In quei disegni sul muro vi era celata una sorta di storia. Tutto aveva inizio, come Claude poté constatare scoprendo che i disegni erano diversi e rappresentavano una cronistoria, dall'arrivo di un gruppo di uomini in un posto dalla bellezza incantata e incontaminata. Questo luogo era popolato da uomini e donne dall'aspetto primitivo e rozzo, mentre gli uomini giunti lì sembravano più grossi ed eleganti.
Gli esseri giunti dal cielo studiarono con curiosità e amore le creature umanoidi, alcuni di essi insegnarono loro come coltivare la terra o, ad esempio, come costruire armi con cui difendersi dalle belve feroci. Gli esseri più grossi e potenti, quelli calati dal cielo, decisero di insidiarsi tra gli altri umanoidi, costruendosi delle abitazioni che furono di esempio per gli ominidi.
Claude, ormai rapito da quei disegni, proseguiva la sua esplorazione del tunnel ormai incurante del fatto che potevano scoprirlo. Una strana ipotesi si insinuava lentamente nella sua mente, rivelando un quadro troppo incredibile persino per uno come lui che di cose strane ne aveva viste molte.
Passarono così molte ere durante le quali gli esseri scesi dal cielo rimasero in quel mondo, disinteressandosi delle sorti degli ominidi i quali, nel frattempo, avevano preso a venerarli come dei.
Gli esseri superiori, col passare del tempo, persero alcune loro caratteristiche. Un disegno in particolare colpì Claude: vi erano raffigurati due di quei tipi divini che perdevano le grandi ali.
Gli uomini e le donne originari di quel pianeta cambiarono nel corso degli anni, assumendo dei lineamenti più aggraziati e piacevoli, ed allora gli uomini venuti dal cielo si unirono con le femmine del luogo ma la loro unione non generò mai frutto, poiché tutte le donne ingravidate morirono tra atroci sofferenze.
Impossibilitati a procreare, ben presto gli esseri discesi dalle stelle iniziarono a ridursi di numero. Quello era un fatto insolito per Falgar, perché in alcuni disegni vi erano sia uomini che donne tra coloro che erano discesi dal cielo. Forse le donne di quella specie erano sterili oppure vi furono delle altre cause che impedirono loro di riprodursi, fatto sta che gli esseri discesi dall'alto si ridussero sempre più di numero, fino a quando non ne rimase che un gruppo sparuto e limitato.
La stirpe degli esseri discesi dal cielo dovette comunque vivere a lungo, perché non vi era dubbio alcuno che avessero attraversato intere epoche, vedendo l'evolversi della specie originaria di quel mondo. Claude dovette lottare con tutte le sue forze per mantenersi ancorato alla ragione e non farsi trascinare via dall'impetuoso mare della pazzia! In alcuni di quei disegni vi erano riportate delle piramidi ed altri edifici che adesso erano ridotti in rovina ma che avevano resistito al corso dei millenni ed erano giunti fino all'epoca attuale.
Ormai Claude non aveva più dubbio alcuno: quella che stava osservando non era altro che una versione alternativa della storia del genere umano... una versione tanto assurda che poteva apparire solo come il delirio di un folle! Eppure i disegni erano stati realizzati in maniera impeccabile e con una vena artistica fuori dal comune. Ogni tratto, ogni volto, ogni paesaggio così come ogni edificio erano stati incisi nella roccia con innegabile maestria. Possibile che una mano tanto ferma potesse essere quella di un folle? Ma come si poteva prestare fede ad una simile storia, tanto stramba quanto affascinante, in base alla quale avrebbero dovuto riscrivere l'intera storia del genere umano? No, Claude decise che doveva essere tutto uno scherzo e forse Sherikov non era altro che un pazzo, perché non vi era alcun dubbio in merito al fatto che lui c'entrasse qualcosa in quei disegni incisi nella roccia.
Eppure, benché considerasse quelle assurde cronache il frutto di una mente malata, Claude Falgar non riuscì a tornare sui suoi passi. Era come se una misteriosa forza lo spingesse andare avanti perché le ataviche figure rappresentate in quel tunnel volevano che la razza umana sapesse la verità.
Ben presto gli esseri giunti dal cielo erano entrati in guerra tra loro. La causa non era molto chiara, nei disegni erano rappresentate solo delle scene di guerra tra i diversi esseri ma non erano questi a combattere direttamente, per le loro battaglie si avvalevano di esseri umani che erano divenuti loro fedeli. Le guerre combattute con rudimentali armi andarono avanti per moltissimo tempo e finalmente Claude riuscì a capire cosa avesse scatenato gli scontri cruenti tra gli esseri giunti dal cielo.
In uno dei disegni vi era riportato l'incontro tra due di quegli esseri divini, attorniati dai propri fedeli. Il primo di questi stringeva nelle mani quella che sembrava una saetta, mentre il secondo non sembrava possedere alcuna arma. Nel disegno successivo il secondo essere divino aveva cambiato forma, assumendo le sembianze di un demone spaventoso dalle lunghe corna e grosse ali sulla schiena. Gli occhi erano rossi e le zanne lunghe. Le due creature discese dal cielo si stavano battendo per uno strano metallo scintillante che avevano trovato in una fenditura nel terreno.
Oro, quel metallo non poteva essere che oro! Solo l'oro poteva essere rappresentato come metallo scintillante e allora Claude capì cosa fossero tutti quegli ornamenti luccicanti disegnati sui corpi degli esseri giunti dalle stelle! Quelle creature usavano l'oro per abbellire la propria persona ma Claude era certo che non poteva essere quello l'unico motivo che li spingeva a combattere per accaparrarsi il metallo lucente. Non avrebbe avuto senso scatenare guerre sanguinose solo per creare degli stupidi ornamenti! E allora gli tornarono alla mente alcune storie che si raccontavano in giro, vicende in cui erano coinvolti strani ed antichi dei il cui compito sembrava essere scoprire ed impossessarsi dell'oro. Tutte le culture nell'antichità avevano tramandato storie di dei che si ricoprivano d'oro e addirittura usavano il metallo prezioso non solo per scopi ornamentali. Claude non aveva ancora dimenticato quanto appreso nel corso di una trasmissione sulle civiltà antiche: gli egizi ritenevano che gli dei si nutrissero di oro, stessa sostanza di cui era fatto il loro corpo. Era per somigliare agli dei che sovrani di antiche civiltà (comprese quelle mesoamericane) si ricoprivano d'oro. Ancor prima di divenire il metallo più prezioso in commercio, quando ancora l'economia si basava sul baratto e l'uomo non aveva cominciato a lavorare nemmeno il rame, le civiltà avevano già imparato a fondere l'oro! Persino uno studioso di ufologia aveva scritto in un suo libro che gli antichi dei sumeri (esseri spaziali secondo le sue teorie) erano giunti sulla Terra con lo scopo di procurarsi l'oro. I ricordi si mescolarono con alcune idee che forse avevano sempre vagato nella mente del freelance senza trovare però la strada per arrivare alla sua coscienza. Claude ricordò di antichi miti medioevali che miravano a ricavare l'oro dal piombo. Che gli antichi alchimisti, ritenuti in possesso di nozioni sconosciute per il resto dell'umanità, conoscessero il valore e l'importanza dell'oro ed avessero deciso di produrlo attraverso altre strade? Claude si accorse di essere arrivato a quel pericoloso confine che nessun uomo dovrebbe mai superare: la linea sottile tra la razionalità e la follia. Ma non aveva idea che le sorprese non erano ancora finite!
C'era un solo altro disegno sulla parete, qualcosa di rozzo e appena abbozzato. Forse Sherikov stava ancora lavorando sulla cronistoria. Claude stava rimuginando su tutto ciò che aveva visto in quel tunnel, quando giunsero alle sue orecchie – chiare e perfettamente distinguibili – le voci di alcuni uomini!
Immediatamente, Falgar ripose l'accendino e si appiattì contro la parete. Era così assorto nello studio di quei disegni da non essersi accorto di esser giunto vicino all'uscita del corridoio sotterraneo. Per sua fortuna non si erano accorti di lui e Falgar strisciò lungo la parete fino a ritrovarsi sull'uscio di una piccola stanza interamente scavata nella roccia.
“Adesso basta con i convenevoli” – Stava dicendo Sherikov – “Abbiamo fatto già troppe chiacchiere ed i soldi li avete già controllati”.
“Si, ci sono tutti”.
Chi aveva parlato era chiaramente un uomo della penisola.
“Allora, adesso dammi quello per cui ti ho pagato”.
Falgar si affacciò cautamente. Nella stanza fiocamente illuminata da una luce al neon c'erano sei personaggi. Tre erano Sherikov ed i suoi due aiutanti, mentre altri tre erano uomini che il ragazzo non aveva mai visto prima. Indossavano dei normali vestiti classici e non sembravano avere nulla di strano, uno di essi porse uno scrigno all'aiutante di Sherikov. La donna osservò il piccolo contenitore, poi lo porse al suo signore. Il polacco lo aprì – “Uno scrigno dalle pareti d'oro... bene, il suo contenuto non dovrebbe essersi danneggiato”.
Così dicendo l'uomo tirò fuori qualcosa di raccapricciante e Claude, sgranando gli occhi per lo stupore, non riuscì a credere a ciò che vide. Sherikov stringeva tra le proprie una mano enorme e mummificata. Non era la mano di un essere umano, anche se molto somigliante; si trattava di un organo pensile con quattro dita robuste e tutte della stessa lunghezza. Era chiaramente mummificata ma a cosa poteva appartenere?
“Finalmente!” – Esclamò il polacco – “La mano di Cernobog è finalmente mia!”.
Fu allora che il barista portò al centro della stanza un carrello coperto da un pesante telo e quando lo fece scivolare, rivelò a tutti cosa copriva! Un enorme umanoide dal corpo nero e mummificato. Numerose cicatrici coprivano il suo corpo e oggetti d'oro gli conferivano un fascino misterioso.
“Dunque è questa la mummia!”.
Sherikov ignorò le parole di quello che considerava solo un rozzo professore di un museo qualunque, tirò fuori dalla tasca una provetta e ne versò il contenuto sul braccio monco dell'orribile umanoide. Si trattava di polvere d'oro e, dopo aver ricoperto il moncone, avvicinò la mano al resto del braccio. L'arto rimase perfettamente attaccato.
“Adesso che il tuo corpo è completo, puoi tornare alla vita! Risorgi Cernobog!”.
I tre uomini che avevano consegnato la mano mummificata furono attraversati dal terrore ed anche Claude Falgar provò quella strana sensazione, come mille serpenti che striscino sul proprio corpo mentre la mano artigliata di un demone stringe il petto! L'umanoide aprì gli occhi, mentre la sua pelle stava diventando bianco latte. Cernobog, l'antica divinità delle leggende slave, stava tornando alla vita!
“Cosa sta succedendo? Sherikov che diavolo sta combinando?” – L'uomo del museo si lanciò contro il polacco ma un colpo di pistola pose fine alla sua vita. Mentre il corpo dell'uomo si accasciava al suolo, dalla sua mano cadde un ciondolo rotondo che finì ai piedi di Claude Falgar.
“Siete dei pazzi! Come osate opporvi a me, servitore del grande Cernobog?” – Sherikov aveva puntato la pistola contro gli altri due uomini, mentre i suoi complici restarono come estasiati di fronte al redivivo dio delle leggende polacche.
Claude decise che era giunto il momento di intervenire. Nell'estasi in cui si trovavano, i polacchi non si accorsero di lui. Falgar tirò fuori dallo zaino due delle molotov che aveva preparato, diede fuoco agli stracci che aveva usato per fare la miccia, e – senza pensarci su due volte – le scagliò nell'angusta camera.
Le fiamme si propagarono immediatamente, Sherikov si voltò improvvisamente ed il suo volto sbiancò quando incrociò lo sguardo del freelance. Claude lo fissava con lo sguardo divertito ed il sorriso sardonico, poi un altro dei due uomini gli si avventò contro ed il polacco – aiutato dai suoi due complici – scomparve nel fumo della battaglia. Le sue ultime parole furono richieste disperate affinché i suoi aiutanti salvassero Cernobog dalle fiamme – “... E' ancora debole, il suo corpo sta tornando solo ora alla vita ed avrà bisogno di nutrirsi prima di potersi riprendere del tutto... ahhhhhhhhhhhh! Vi prego, pensate a lui!”.
Poi si udirono degli spari, urla concitate e altri versi raccapriccianti. Mentre il fumo si propagava attraverso i condotti di areazione, Claude Falgar decise di tornare sui suoi passi ma non prima di aver preso con sé lo strano ciondolo che aveva perso Sherikov.