Grossi Guai per GS Parte I

18.04.2015 09:07

 

 

 

Si caricò lo scrigno sulle spalle ed uscì velocemente di casa. Come negli ultimi pomeriggi si sarebbe addestrato in compagnia di Gloria. La primavera era il periodo dell’anno che preferiva: né freddo né eccessivamente caldo. Da casa sua avrebbe impiegato pochi minuti a raggiungere la stanza segreta dell’ospedale ma purtroppo quel pomeriggio avrebbe tardato molto più di quanto potesse immaginare.

Ad attenderlo fuori di casa c’era uno strano individuo che pareva uscito dalle cronache di guerra di altri tempi. GS incrociò lo sguardo del massiccio guerriero, restando a bocca aperta. Il corpo poderoso era coperto da una spessa armatura nera. L’elmo presentava un lungo corno sulla parte frontale e copriva interamente il volto con una maschera sorridente. Solo gli occhi, due piccoli occhi tondi, erano visibili attraverso il duro metallo. Un piastrone di acciaio proteggeva il petto del visitatore, mentre l’addome era protetto da una sorta di maglia di ferro. Le spalle erano sormontate da spesse spalline d’acciaio, che possedevano delle punte rivolte verso il cielo. I pugni erano protetti da guanti provvisti da spesse punte d’acciaio sia sulle nocche che ai lati degli avambracci. La cintura era spessa e la parte frontale presentava una lunga benda di metallo che terminava all’altezza delle ginocchia. Le cosce erano coperte dalla spessa maglia di ferro, mentre le ginocchia, così come le gambe, presentavano delle protezioni in metallo spesse e puntute. 

Gli occhi di GS caddero improvvisamente sulla grossa spada che pendeva al suo fianco, nel fodero rosso.  La lama di una lancia faceva capolino da dietro la schiena. Non aveva ancora mai visto un cavaliere come quello e di certo, dal tipo di armatura che indossava, era chiaro che non apparteneva al Nuovo Ordine.

“Sei impressionato dalla mia imponenza?”. La sua voce era molto più tenera di quanto si fosse immaginato. Quegli occhi rotondi e quella voce suscitavano quasi ilarità nel giovane cavaliere, il quale però si vide bene dall’adirare lo strano guerriero, prima di aver capito cosa stesse cercando.  Si limitò a scrollare il capo – “Diciamo che ne ho visti anche di più robusti” – Si limitò a dire, cercando di non apparire troppo scontroso. Ignorava ancora cosa volesse il colosso. Questi portò le mani ai fianchi e disse: “Io sono Vincent, Garner Vincent. Sono un guerriero di ventura, oltre che un esperto in medicina. La Lacrima nera, l’armatura che porto con me, mi ha accompagnato durante le mie innumerevoli missioni in questo e in altri mondi”.

“Io invece mi chiamo GS” – Disse il ragazzo.

“So già come ti chiami” – Rispose Garner – “Sono venuto a cercarti perché ho saputo che alcuni miei vecchi amici di ventura si sono scontrati con te e sono stati sconfitti”. GS cercò di ricordare a chi potesse riferirsi il bestione ma scrollò la testa. Negli ultimi tempi aveva combattuto con molti avversari. “Loro indossano delle armature che sembrano fatte di luce”. Quell’ultimo indizio gli fece tornare improvvisamente la memoria. “Ho capito di chi stai parlando. I tuoi amici mi hanno aggredito un po’ di tempo fa, senza nessun motivo e prendendomi di sorpresa. Sono stato costretto a difendermi e a farli a pezzi”. GS sperava che la sua ultima frase non mandasse su tutte le furie il gigante. Non aveva nessuna voglia di battersi con lui, non mentre la maestra Gloria lo stava aspettando per metterlo alla prova.

 

Mentre GS faceva la conoscenza di Vincent Garner, qualcun altro sembrava essere giunto in quella città per cercarlo. Venne svegliato da una donna anziana che gli sedeva accanto – “Signore, siamo arrivati nel capoluogo” – Aprì gli occhi e tolse le cuffie dalle orecchie. La donna, una signora sui sessanta anni, ma ancora piacente, lo fissava profondamente.

“La ringrazio signora”. Fece per alzarsi ma la donna lo trattenne per il polso. “Mi sembra di capire che non è di queste parti. Se le serve qualcosa, posso aiutarla io”. I suoi occhi castani studiarono la donna per pochi istanti, poi scosse la testa. La signora ne rimase chiaramente delusa ma ormai era abituato a dare delusioni alle donne. Lui mirava sempre in alto. Afferrò il grosso cilindro che portava in viaggio e se lo caricò sulle spalle, per poi avviarsi all’uscita della carrozza.

L’afa lo travolse. Non era abituato a quel clima. Pensò che se avesse indossato il Ninja si sarebbe sentito meglio ma non voleva rivelarsi. Qualcuno avrebbe potuto riconoscere la sua armatura e lui non voleva guai. Voleva solo trovare GS e regolare una volta per tutte un vecchio conto in sospeso. Sapeva che lavorava in un grosso ospedale della città e lo avrebbe trovato.

 

“Loro invece dicono che tu ti sei rifiutato di consegnargli l’artefatto che hai rubato. Il primo Grande maestro in persona gli ha ordinato di recuperarlo…”.

“Sono solo sciocchezze! Io sono un allievo del maestro ed il Potenziatore l’ho conquistato, non rubato.”.

“Mi hanno messo in guardia riguardo la tua linguaccia. Senti, sinceramente a me non importa che tu abbia rubato questo Potenzia o come cavolo si chiama. Io so solo che mi pagano bene per il mio lavoro e che quando avrò recuperato questo oggetto avrò la possibilità di ricevere l’investitura come cavaliere del Nuovo Ordine”. L’omaccione cercò di strofinarsi i piccoli occhi. Dovette alzare la maschera dell’elmo per riuscirci. GS riuscì a vedere un piccolo naso ma niente di più. “Ti stanno ingannando” – Gli disse– “Non possono darti nessuna investitura. Solo il Grande maestro può decidere di farlo. Quei tre stanno lavorando per qualcuno di molto potente, che vuole mettere le mani sul Potenziatore. Ed io non lo cederò”. Garner fissò GS per alcuni minuti, durante i quali nessuno dei due parlava. “In questo caso mi costringi a strappartelo con la forza”.

GS aprì lo scrigno e indossò la Fire son. “Se credi di riuscirci…”.

Vincent Garner estrasse la spada dal fodero con estrema rapidità e si lanciò in avanti, sferrando un colpo dall’alto verso il basso. GS, colto di sorpresa dall’attacco, riuscì solo ad alzare il braccio destro in difesa. L’acciaio della lama si abbatté con forza contro il metallo della Fire Son. La spada si spezzò e parte della lama andò in frantumi. GS si ritrasse dallo scontro, mentre il guerriero fissava le schegge dell’arma, incredulo. Poi, in uno scatto d’ira, mollò la presa sull’elsa e si lanciò in avanti, afferrando il nemico per la gola. GS non riuscì a schivare la carica di Garner e ne fu travolto, riuscì a stento a restare in piedi. Il guerriero stringeva la morsa intorno al collo del ragazzo ma senza riuscire a piegare il metallo dell’armatura. Non aveva mai incontrato un acciaio così resistente. GS si fece prendere dal panico e cominciò a stringere le sue mani intorno ai grossi avambracci del nemico. Questi lo sollevò letteralmente di peso e lo scaraventò contro un bidone della spazzatura il cui metallo si piegò all’impatto con la Fire son.

Il cavaliere del Nuovo Ordine si rimise subito in piedi, caricando il pugno destro e sferrando un colpo allo stomaco del nemico. Il maglio della Fire son scheggiò il metallo nero della parte inferiore del piastrone e spezzò alcuni anelli della maglia di ferro ma invece di piegarsi in due dal dolore, Vincent avanzò e sferrò due pugni dritto al viso del nemico. La potenza dei due colpi costrinse GS ad indietreggiare. Il ragazzo sferrò un altro destro alla cieca ma il suo pugno fu intercettato e in pochi attimi il ragazzo venne proiettato contro un muro di cemento. Cercò di rimettersi in piedi ma prima che potesse rialzarsi completamente, scoprì che il nemico era sopra di lui. Lo afferrò per il collo e lo proiettò nuovamente. Questa volta GS atterrò sul duro asfalto. Lottò contro il dolore, mentre la vista gli si appannava più per il terrore che per il male vero e proprio. Si rimise in piedi e vide il nemico mentre si avvicinava nuovamente. “Hai avuto solo un assaggio della mia potenza.  Non stupirti, quando mi allenavo al mio dojo, il maestro mi chiamava Vincent fudo. Diceva che ero forte come una roccia e potente come l’onda del mare in tempesta. Diceva che la mia resistenza, unita alla mia potenza nel colpire era tale che potevo fronteggiare tranquillamente avversari molto più veloci di  me. Fu lui a donarmi quest’antica armatura. Me la donò affinché io facessi trionfare sempre la verità e la giustizia…”. Si fermò. Forse in quel momento aveva capito che stava commettendo un errore. 

“Anche io sono stato allievo di un maestro di karatè” – GS credeva di aver trovato qualcosa sulla quale appigliarsi e porre fine a quello scontro inutile. Però doveva ammettere che il suo avversario aveva davvero una forza prodigiosa – “Anche a me ha insegnato la giustizia e la lealtà”.  Gli occhietti tondi lo fissarono per alcuni minuti poi Garner scosse l’enorme elmo di metallo – “Mi stai ingannando… hai solo paura della mia forza superiore. Il mio pugno” – Alzò il braccio destro – “Potrebbe facilmente mandare in frantumi la tua armatura e con essa il tuo corpo, per quanto poderoso possa essere”.  Garner si lanciò in avanti a braccia protese per afferrare il suo avversario ma questa volta GS non si lasciò cogliere di sorpresa, schivò la carica del nemico e lo colpì alle spalle con un gancio a pugni uniti, per poi portarsi indietro di diversi passi. Garner rimase immobile per alcuni secondi, poi si voltò ed i suoi piccoli occhi lasciavano trasparire tutta la sua rabbia. Balzò in avanti e sferrò un poderoso pugno al volo e GS questa volta dovette serrare le braccia al petto per proteggersi e venne scaraventato contro il muro laterale di un palazzo. GS aveva capito che se voleva uscire da quello scontro tutto intero doveva affidarsi  alla Fiamma Fotonica.

 

GS si rilassò. Lasciò che la mente si liberasse da tutte le preoccupazioni. In meno di un secondo sentì l’energia scorrere attraverso il suo corpo, passando attraverso il caldo metallo della Fire son. Focalizzò l’avversario e lasciò che l’energia fluisse attraverso l’armatura.

Graner lo fissava con quel suo sguardo un po’ inebetito. Si domandava cosa stesse facendo il suo avversario e che intenzioni avesse. Sulle prime, quando vide che chiudeva gli occhi, era convinto che lo scontro fosse giunto al termine. D’altronde gli aveva dato una sonora lezione e nemmeno l’armatura del Nuovo ordine avrebbe potuto permettere al suo corpo di uscire indenne, dopo i colpi subiti. Il suo pugno al volo (tobi tsuki) avrebbe ammazzato un cavallo. E il suo avversario se ne stava lì, immobile al centro della strada, in posizione d’attesa: gambe leggermente divaricate e braccia tese con i pugni di fronte alle cosce. Quando vide il vapore uscire dall’armatura, Garner ammiccò con gli occhi, poi sentì il brivido percorrere il suo corpo. Era una sensazione che aveva provato solo quando aveva combattuto contro avversari molto potenti, in duelli per la vita o la morte. Gocce di freddo sudore gli imperlavano la fronte. Conosceva bene quella sensazione: lo assaliva soltanto quando sapeva che la sua vita era in pericolo.

Il vapore si trasformò in un’aura scintillante. Le placche argentee cominciarono a brillare di una luce intensa, quasi parvero trasformarsi in oro. L’alone di luce si allargò e Garner ne captò la piena potenza. Il suo sguardo incrociò quello del suo avversario. Vide il cavaliere portare il pugno destro al fianco e allargare le gambe, GS assunse la posizione d’attacco con la gamba anteriore leggermente in avanti e flessa. Sorrise. Si tolse l’elmo scuro e respirò l’aria a pieni polmoni.

 

Era pronto a sferrare il più potente dei suoi attacchi. Come negli scontri antichi: un solo pugno per uccidere. Questa volta avrebbe fato sul serio, altrimenti sarebbe uscito dalla lotta con le ossa rotte. GS era consapevole che dallo scontro, che sarebbe seguito di lì a poco, dipendeva la sua stessa vita. Il suo colpo avrebbe potuto ferire seriamente il guerriero ma arrivato a quel punto non poteva esitare, doveva andare fino in fondo. Una cosa era certa: i tre misteriosi cavalieri nelle armature lucenti gliel’avrebbero pagata cara. GS si rilassò, era pronto a colpire quando avvenne qualcosa di inaspettato.

 

“Non c’è più nessun motivo per combattere tra di noi”. Il guerriero aveva improvvisamente cambiato idea. “Dai tuoi occhi ho capito che nel tuo animo non c’è il male puro. Nel tuo sguardo c’è esitazione, poiché ti domandi cosa potrebbe accadere se decidessimo di sferrare un attacco definitivo”. Sorrise. Nei suoi occhi si leggeva la sincerità. Si rimise l’elmo, ma alzò la visiera. “Non so cosa sia successo tra te e quei miei amici ma adesso mi è chiaro che non fai sfoggio del tuo potere, colpendo i più deboli”.

L’aura si disperse del tutto. GS sbuffò per scacciare la tensione e rilassò i muscoli. Aprì la visiera e annuì. “Credimi, non voglio fare del male a nessuno. Non cerco neppure lo scontro per dimostrare di essere il più forte. Il mio unico desiderio è riuscire a padroneggiare al massimo le capacità della mia armatura”.

“E’ lo stesso percorso che hanno fato i Grandi maestri, i cavalieri più potenti della Terra”. Garner sistemò le sue armi e si voltò, ma prima di andare via disse ancora un’ultima cosa: “E’ stato uno scontro bellissimo, seppure molto trattenuto. Sono consapevole del fato che se avessi sfruttato al massimo l’energia che scorre nella tua armatura, me la sarei vista brutta, ma devo anche dire che la tua tecnica marziale lascia molto a desiderare. Se un giorno ti dovessi ritrovare senza armatura saresti spacciato”. Senza aggiungere altro, il corpulento Garner andò via, sparendo dalla circolazione. GS rimase a fissare il corpulento gigante in armatura fino a quando non scomparve in un vicolo laterale. Si spogliò dell’armatura e controllò che le sue ossa fossero tutte a posto. L’omero destro gli doleva, così come la tibia sinistra ed il capo. Sistemò in fretta l’armatura nello scrigno, se lo caricò sulle spalle e si affrettò zoppicante  verso l’ospedale ma in una stradina laterale e poco frequentata qualcuno lo stava osservando.

 

Cassior aveva raggiunto la capitale. Magya, la capitale della città stato dei Maghi anziani, era un vero splendore. Alti palazzi splendenti si innalzavano fino al cielo immenso. Mercanti esibivano i loro prodotti all’interno di sfarzosi empori o agli angoli delle strade più trafficate. C’erano mercanti di spezie; venditori di amuleti e di stoffe pregiate. C’erano mercanti che avevano portato gli eleganti vestiti delle terre della Spada. Tali terre erano famose non solo per i leggendari maestri di spada ma anche per i vestiti eleganti cuciti ad arte dai sarti più bravi del regno. Il particolare più bello di quei vestiti era la cintura. Ogni cintura era stata ricavata da un metallo lucido e splendente come oro ma molto più leggero. Ad un angolo vide un mucchio di eleganti signore discutere allegramente su uno sfarzoso vestito azzurro. Da quel poco che aveva afferrato dalla loro conversazione, sembrava che l’elegante signora con i capelli castani raccolti ammirasse la particolare bellezza dell’abito ma era indecisa sull’acquisto a causa del colore che, secondo una sua amica, era troppo maschile. Il mercante, un grosso uno di mezza età col volto segnato da una profonda cicatrice rosa, stava cercando di spiegare alla donna che il colore era l’ultimo ritrovato delle tintorie di Lama curva, la capitale del regno degli spadaccini, ma il suo aspetto non lo aiutava di certo nel suo delicato compito. Quell’uomo era certamente un veterano. Molti soldati, dopo l’ultima sanguinosa guerra tra il genere umano e l’Orda di mostri spaziali che si era spinta nel sistema solare una decina di anni prima, avevano deciso di abbandonare le armi e mettersi a fare un altro lavoro. Solitamente si trattava di uomini che avevano perso le loro mogli e le loro famiglie a seguito della guerra. Lo scontro si era tenuto principalmente nei pressi della capitale ma purtroppo anche dopo aver respinto i grandi condottieri dell’Orda, tribù di mostri si erano spinte nei villaggi limitrofi, scatenando l’inferno. Nessuno si era aspettato un attacco simile. Persino il Mago supremo, signore assoluto della città stato dei maghi antichi, aveva ritenuto che tutte le tribù sopravvissute si fossero disperse nello spazio profondo, dopo la sconfitta dell’Ultima evoluzione.

L’attacco delle tribù superstiti era stato subito segnalato e molte delegazioni di maghi e maghi guerrieri si erano spinte nei territori invasi, distruggendo senza problemi i nemici, disorientati e stremati dalla guerra. Purtroppo però i mostri avevano mietuto le loro vittime. La guerra aveva preteso altro sangue e questa volta era toccato agli innocenti: donne, bambini ed anziani. Cassior scosse il capo. Erano passati molti anni dall’ultima volta che il suo mondo era stato coinvolto nella guerra e lui non avrebbe permesso allo spettro con la falce di mietere nuove vittime.

Senza rendersene conto, mentre era perso nei ricordi di tempi bui, Cassior era giunto alle porte del Palazzo splendente; sede del mago supremo. Le due guardie in servizio fuori al gigantesco portone del palazzo scrutarono il visitatore con sguardo torvo ma riconobbero il veterano ancor prima che questi mostrasse loro il sigillo del suo ordine guerriero. “Nobile Cassior, cosa vi spinge da queste parti?”. “

Si tratta di una questione importante. Devo mettere subito al corrente il mago supremo”. L’altra guardia, quella più anziana, scosse il capo: “Il mago supremo è molto impegnato, non credo possa ricevervi adesso”.

“Ma Glidos, si tratta di Cassior, il nobile capo dei Maghi guerrieri…”. Il veterano impose il silenzio al suo collega con un gesto della mano. “Siamo stai stanziati qui per ordine dell’imperatore in persona, il quale ci ha pregati di vegliare sulla sicurezza del Mago supremo”.

Cassior scrutò a fondo l’uomo e si tolse il cappuccio. Era consapevole che nella città stato i Guardians, il corpo d’elite inviato lì dall’imperatore in persona, avevano più autorità del capo dei Maghi guerrieri. “Credi forse che sia qui per fare del male al mago supremo?”. L’uomo scosse il capo – “Niente affatto” – Rispose – “Ma il nobile signore dei maghi ci ha pregato di non interromperlo nel corso di uno dei suoi esperimenti più importanti”. Seguì qualche minuto di silenzio. Cassior spostò il suo sguardo sulla guardia più giovane, che era visibilmente imbarazzata per il comportamento del suo commilitone, poi il suo sguardo di ghiaccio si posò nuovamente sul soldato. “Il mago supremo mi riceverebbe in ogni caso, ne sono certo. Comunque, se proprio non posso passare, tornerò quando potrò farlo e gli racconterò tutto”. La guardia fece una smorfia di disappunto. Era stata incastrata. “Mi perdoni, nobile Cassior. C’è stato sicuramente un fraintendimento, non volevo mancarle di rispetto ma lei capirà che ho comunque ricevuto degli ordini…”.

“Il suo attaccamento al dovere è encomiabile, soldato ma sono certo che adesso non ci sarà nessun problema se entro e mi reco nelle stanze del Mago supremo”. Cassior non riuscì a trattenere un risolino. L’uomo abbassò il capo e ordinò al commilitone di aprire il pesante cancello. Il giovane soldato rimase immobile per qualche secondo, poi si decise a dare l’ordine. Dall’altra parte del pesante portone, due robusti guardiani erano pronti e fecero ruotare gli argani finché le porte non furono abbastanza aperte da permettere al mago guerriero di varcarne la soglia.

Quando il nobile Cassior scomparve all’interno del palazzo ed il pesante portone si chiuse, la giovane guardia chiese al suo collega il motivo del suo gesto – “Posso capire gli ordini, ma sappiamo bene che una profonda amicizia lega il Mago supremo al nobile Cassior…”. L’altro fece un gesto stizzito con la mano e si allontanò.  “Dove vai adesso?”.

“Ho bisogno di bere qualcosa. Sono certo che potrai restare lì da solo per un quarto d’ora. Porterò una birra scura anche a te”. Il giovane tolse il pesante elmo e si gratto il capo pelato.

 

Contrariamente a quanto si aspettava, dopo  la breve discussione avuta con l’arcigna guardia del portone principale, Cassior trovò il resto delle guardie molto cordiali. Venne scortato attraverso il palazzo fino alla stanza del Mago supremo, dove venne annunciato da una delle due guardie del corpo del mago. Si trattava di speciali maghi guerrieri che costituivano la guardia personale del Mago supremo. A dispetto dei loro commilitoni in servizio nel palazzo di Cassior, le guardie del corpo del Mago supremo indossavano tute argentee con complessi disegni rossi sulle braccia e le gambe. Il petto era nascosto dietro pesanti piastroni di acciaio leggero bluastro. Il loro capo era coronato da cerchi di metallo al cui centro spiccava una runa dorata finemente lavorata, che rappresentava la conoscenza occulta che contraddistingueva l’ordine dei maghi guerrieri. Un cinturone dello stesso metallo del piastrone cingeva le loro vite. Era chiaramente visibile l’elsa della loro personale arma ad energia. Quelle armi potevano essere attivate ed usate solo da un mago guerriero. L’unica cosa che distingueva l’armamento personale di questi particolari maghi guerrieri erano i sacchetti appesi al cinturone. Tre sacchetti che contenevano alcuni trucchi elaborati appositamente dalle guardie del corpo del supremo mago.

I due guerrieri maghi riconobbero immediatamente il loro superiore e chinarono il capo nel saluto dell’ordine. Casssior chinò a sua volta il capo, contraccambiando il loro rispetto. “Nobile signore, non siamo stati avvisati del suo arrivo”. Kolin, uno degli uomini che egli stesso aveva iniziato all’arte della magia della guerra quando era ancora un ragazzino, era uno dei più anziani tra i protettori del Mago supremo.

Cassior Annuì, poi disse: “Ho deciso di far visita al nostro signore, ma non l’ho comunicato poiché si tratta di questioni piuttosto urgenti”. A Kolin no servì sentire altro. Spalancò la porta delle stanze personali del mago supremo e si offrì di scortare personalmente il suo maestro dal mago più potente dell’asteroide, licenziando con un cenno del capo le quattro guardie che avevano scortato Cassior fin lì. I quattro uomini si voltarono un po’ riluttanti. Era risaputo in ogni angolo della regione che tra i Guardians ed il corpo personale del Mago supremo non scorreva buon sangue ma i secondi godevano di maggiore autorità, essendo il corpo scelto e personale del Mago supremo. Quindi, ai riluttanti Guardians non restò altro da fare che chinare il capo e andar via.

“Maestro, la vita del sommo è forse in pericolo? C’è qualcosa che dovrei sapere?”. Cassior sorrise. Kolin era sempre stato un tipo adito al dovere. Aveva capito che c’era qualcosa che non andava ed era preoccupato per l’incolumità del venerando signore dei maghi. “Nulla di sicuro” – Si affrettò a dire – “Ci sono delle cose di cui voglio discutere direttamente con lui ma riguardano il piccolo villaggio nei pressi della Montagna sacra. Voglio vederci chiaro”.

“Maestro, se lei ha bisogno di aiuto posso chiedere dei giorni di congedo ed unirmi a lei… ma prima c’è bisogno che io conosca tutti i particolari della faccenda”. Il nobile Cassior scosse il capo – “Non c’è bisogno che tu venga con me”. Sapeva che quelle parole avrebbero ferito Kolin, che da sempre nutriva un rispetto profondo per la sua persona, perciò aggiunse – “Se sono venuto qui di soppiatto, è perché temo che ci siano degli uomini corrotti in città; uomini in combutta col mago governatore del piccolo villaggio nei pressi della montagna. È proprio perché non posso fidarmi di nessuno eccetto te, che ti chiedo di restare qui e sorvegliare la situazione”. Kolin annuì. “Maestro, potete contare su di me. Se dovessi scoprire qualcosa ve la comunicherò sfruttando la segreta tecnica che mi avete insegnato”.

Cassior sorrise, una delle ragioni per cui, tempo addietro, aveva deciso di separarsi da un valido mago guerriero come Kolin, era proprio la sua capacità di sfruttare un’antica tecnica di comunicazione. Lo stesso Cassior aveva acquisito tale tecnica, studiando col suo vecchio maestro e, come il vegliardo gli aveva predetto, padroneggiare tale tecnica era privilegio di pochi. Kolin, il figlio di un mugnaio di un villaggio di confine, possedeva tale dote e l’aveva padroneggiata durante i primi anni di addestramento al capanno. Prima di possedere un tempio tutto suo, adibito all’addestramento delle sempre più numerose reclute dell’ordine dei maghi guerrieri, Cassior addestrava le poche reclute presso un capanno. Il passo successivo fu costruire dei dormitori nei pressi del capanno quando la richiesta aumentò. Kolin era stato uno dei primi aspiranti al rango di mago guerriero della sua scuola. Prima della scuola di Cassior c’era stata quella del primo maestro dell’arte della magia della guerra ma l’ordine ed il suo maestro erano stati spazzati via dalla furia dell’Orda, un decennio prima.

 

Quando Kolin bussò alla porta del laboratorio, il Mago supremo lo invitò ad aprire. Il vegliardo fissò Cassior, come se non fosse per nulla stupito della sua visita. “Entra pure, nobile Cassior”. La voce del vecchio mago era stanca. Il mago supremo aveva molti anni. Era stato uno degli innovatori dell’ordine, quello stesso ordine dei maghi che, per quasi sei secoli era stato contrassegnato da rigide regole. Aveva aperto le porte a qualunque cittadino che volesse aspirare alla padronanza delle arti magiche. I test a cui l’aspirante doveva sottoporsi erano impegnativi ed estenuanti e l’ordine era rimasto chiuso alle donne. Aveva affrontato numerosi problemi ed aveva fatto uso delle sue antiche arti per aiutare i guerrieri impegnati nello scontro contro L’Orda portatrice di morte. Uno dei suoi potenti incantesimi aveva spazzato via un’intera tribù di mostri che era riuscita a raggiungere quel luogo. Da allora erano passati dieci anni se non di più ed il mago era sempre più debole. Cassior temeva che qualcuno all’interno dell’ordine stesse progettando di ucciderlo e di prenderne il posto.

Il signore dei maghi guerrieri si inginocchiò e baciò la mano destra del vegliardo. Kolin attese pazientemente sull’uscio di essere congedato. Il mago supremo lo osservò e gli fece segno di entrare – “Chiudi la porta, Kolin. Entra anche tu e accomodati assieme a noi”. Anche se visibilmente stupito, il mago guerriero eseguì l’ordine e si accomodò alla vecchia scrivania. Il supremo prese una bottiglia contente un liquido scuro e la posò sul tavolo, dando a ognuno dei suoi ospiti un bicchiere. Fece segno a Kolin di versare il contenuto della caraffa nel grosso bicchiere – “E’ da tempo che non brindo con qualcuno. Ho voglia di gustare con voi il Sangue scuro”. Si trattava di un sidro particolarmente forte, di un colore molto scuro ma se veniva sfiorato dalla luce era possibile scorgervi sfumature rosso rubino. Ecco il motivo del suo nome. Kolin eseguì l’ordine, sotto lo sguardo attento del supremo e non si accorse dell’occhiata che si scambiarono i due maghi. Il primo a berne fu il Mago supremo, poi fu la volta della guardia del corpo. Kolin fissò il suo maestro, poiché si aspettava che bevesse per primo ma Cassior annuì. L’uomo avvicinò alla bocca il calice e bevve un sorso. Il gusto era forte e credette che il fuoco stesse attraversando le sue viscere, ma cercò di contenersi. Porse il calice al maestro. Cassior bevve a sua volta un sorso e ripose il calice sulla scrivania. Fissò il mago, il quale annuì.

“Sta succedendo qualcosa di strano, al confine con la Montagna sacra” – Disse subito. Il supremo si limitò ad annuire. “Il mago governatore ha accordato il permesso ad uno strano individuo di compiere degli scavi in quella zona… mi ha anche assicurato che lei ne fosse stato messo al corrente”. Il supremo deglutì e lo fissò intensamente. “Sono stato costretto a farlo” – Disse – “ordini dell’alto… l’imperatore”. Cassior non riuscì a trattenere un’esclamazione di stupore. Kolin si limitava ad ascoltare ponendo la massima attenzione. “Quell’uomo che ha iniziato gli scavi proviene dalla madre Terra e sembra avere molta influenza sull’imperatore. Purtroppo il nostro sovrano non si rende conto dell’errore che sta commettendo” – Lo sguardo del vegliardo si fece ancora più triste – “Esistono forze che sono rimaste sopite per millenni. Forze che abitavano questo posto molto, molto prima che noi vi mettessimo piede. Quelle forze adesso sono all’erta” – I suoi occhi incrociarono quelli di Cassior – “Purtroppo di qui a poco una nuova guerra rischia di travolgere il nostro regno. Partirà proprio dall’immensa valle oltre la montagna e rischierà di espandersi alle città abitate”.

“Possibile che non possiamo fare nulla per impedirlo?”. Il mago supremo sembrava molto perplesso. Sebbene fosse un mito e godesse della piena fiducia dell’imperatore, la sua parola non poteva contraddirne gli ordini. “Avevo deciso già da tempo di recarmi nella città imperiale di persona…” – Lesse il disappunto sul volto dell’amico – “Per parlare personalmente con l’imperatore e cercare di porre termine a questa follia, prima che sia troppo tardi e tu verrai con me”. Kolin rimase stupito. Conosceva a memoria il protocollo: i guardians dovevano scortare il mago supremo dall’imperatore. Nella città imperiale i maghi guerrieri non erano visti di buon’occhio. “Quindi preparati, maestro Kolin, domattina partiremo”.

 

“Quel maledetto ficcanaso è giunto all’improvviso! Non si è fatto annunciare. Come facevo a prevedere che comparisse così, all’improvviso?”. Attraverso il cristallo  poteva osservare il volto imperturbabile del mago governatore. Una lastra di marmo attraverso la quale non trapelava la minima emozione. “Tu stai facendo un buon lavoro”. Udendo quelle parole si rasserenò ma si accorse che i muscoli continuavano a essere tesi. “Cassior non è un problema… me ne occuperò io. Continua a spiare le mosse del supremo e avvertimi di ogni sua decisione” – Il mago governatore giocherellava con una mela – “Sono quasi certo che il vecchio stia escogitando qualcosa. Se si dovesse muovere di lì, seguilo e se vi ritrovate in un luogo isolato, usa la pozione che ti ho dato e uccidilo”.

 

“Non mi è piaciuto lo scontro contro il bestione. Ricordavo che fossi molto più combattivo ma negli ultimi anni ti sei rammollito”. GS si voltò e scorse un uomo nell’ombra. A quell’ora non c’era nessuno in quelle stradine secondarie e molti negozi erano chiusi. L’uomo uscì dall’ombra. Era Tobias. Lo fissava giocherellando con un pallone da basket. Alle sue spalle c’era una specie di bara. Due ragazze passarono di lì in quel momento e furono subito colpite dalla straordinaria bellezza del giovane. Ammiccarono immediatamente nella sua direzione e quando lui le salutò con un cenno della mano, arrossirono e andarono via. Alto quasi un metro e novanta, Tobias era un vero modello. Occhi chiari in un viso senza imperfezioni, appena segnato da un lieve strato di barba molto curata. Capelli corti e orecchino all’orecchio sinistro. Una camicia a maniche corte ed un paio di jeans con uno strappo all’altezza del ginocchio sinistro e sotto un paio di scarpe di pelle. Tobias aveva un fisico snello ed atletico ma GS non sapeva che giocasse a pallacanestro. Tobias palleggiava lentamente e lo fissava con aria di sfida. Se ne stava appoggiato al muro, con la mano libera in tasca. GS ebbe una bruttissima impressione e si morse il labbro inferiore. “Quel bestione ha detto che il tuo attacco avrebbe potuto porre fine al combattimento” – I suoi occhi non gli si staccavano un attimo di dosso e sembravano dire “adesso cominciano i veri guai”.

“Tobias, mi fa piacere vederti” – GS indicò la misteriosa cassa alle sue spalle – “Cosa ti sei portato dietro e come mai sei qui?” – Il suo sguardo era diventato duro ma solo per un attimo, poi GS tornò a sorridere. Il vecchio amico continuò a palleggiare. I due restarono a fissarsi ancora per qualche istante, poi, con un gesto improvviso, Tobias lanciò la palla nella sua direzione. GS l’afferrò al volo. “Voglio sfidarti. Gioca con me adesso, se ne hai il coraggio”.

 

Gloria era stufa di aspettare GS e pertanto aveva deciso di andarsene. Quando lo avrebbe incontrato gliene avrebbe dette quattro. Si cambiò negli spogliatoi, nascondendo la sua corazza nel doppio fondo dell’armadietto, si vestì e si avviò verso il parcheggio. Trovò la macchina e stava per aprire la portiera e mettersi alla guida, quando avvertì quei passi avvicinarsi. Fissò le persone attraverso lo specchietto retrovisore e sbuffò spazientita.

Le tre signore della vita le si avvicinarono e la salutarono con finta cortesia – “Maestra Gloria, che piacere”.

“Il piacere è tutto mio” – Rispose la donna con sarcasmo. Irina e Yosa non fecero caso al suo tono di voce. “Abbiamo saputo che nella città si aggira un misterioso vigilante in armatura. sai bene che soltanto il nostro ordine, quello delle signore della vita, può autorizzare ronde da parte di aspiranti… vigilanti” – Nell’ultima parola c’era molto disprezzo.

“Sai bene che il nostro ordine da circa un decennio si occupa della salvaguardia di questa zona della città e non ammettiamo interferenze che non siano autorizzate da noi” – Yosa fissava Gloria in attesa che la donna dicesse qualcosa – “E non mentire, dicendo di non saperne nulla, poiché qualcuno ci ha assicurato che dietro questo misterioso vigilante, che ha tramortito tre cavalieri dell’armatura lucente, ci siete tu e le altre”.

 

Tobias mise la cassa in posizione orizzontale e la aprì. All’interno si trovava la straordinaria Lialce blu cobalto che Tobias aveva indossato circa due anni prima, per fermare la follia di Lug Dolrumm. “La ricordi? Si tratta della mia armatura, ma questa volta ho una sorpresa per te”. Tobias svelò il contenuto di un telo bianco. Si trattava di un elmetto che riproduceva la testa del dio Anubi. C’erano anche due spalline dorate ed una cintura dello stesso colore, con la borchia centrale a forma di testa di cobra. Nel telo vi era nascosta anche una strana asta dorata. GS sentì puzza di guai. Non c’era bisogno della Corona dell’ariete per capire che quei cimeli erano antichi, ma indossò ugualmente la corona. Come aveva previsto, da quegli oggetti si irradiava una forte energia. “Vedo che i miei nuovi giocattoli hanno attirato subito la tua attenzione. Sai, li ho trovati durante un viaggio in Egitto ed ho subito capito qual’era il modo migliore per usarli: farti a pezzi”. GS smise di sorridere. Il suo volto era divenuto duro ed il suo sguardo scontroso. Tobias indossò con eleganza la Lialce e subito dopo le nuove bardature. L’elmo così sinistro e gli spallacci dorati lo facevano sembrare l’incarnazione dell’antico dio della morte. “Ti consiglio di indossare nuovamente la tua armatura, se vuoi che il gioco duri qualche minuto in più”. GS scosse la testa – “Che diavolo ti è preso? Stai scherzando?”.

Tobias rimase serio e impassibile e fece un passo avanti. “Indossa la tua armatura… non mi piace avere vantaggi, soprattutto contro un verme come te”. Il suo pugno d’acciaio scricchiolò quando le sue dita si serrarono. GS continuava a fissarlo ancora più scuro in volto e, mentre il vecchio amico si avvicinava, aprì lo scrigno ed indossò nuovamente la Fire son. “Bene” – Tobias annuì – “Adesso sì che posso farti a pezzi!”.

“Aspetta! Prima di combattere contro di te, voglio sapere perché dobbiamo batterci”.

“E’ giusto” – Disse l’altro – “Ma il motivo, in fondo, già lo conosci. Devi essere distrutto, devi pagare per le tue colpe… colpe che hanno causato molto dolore e tanta sofferenza a mia sorella”. GS rimase a bocca aperta. Non sapeva cosa dire. Aveva temuto che un giorno o l’altro la vita gli avesse presentato il conto delle sue cattiverie, ma che fosse proprio il dio della morte in persona a farlo, gli sembrava esagerato. “Perché dopo così tanti anni?”.

“Adesso basta parole. Saranno i nostri pugni a spiegare le nostre ragioni”. Tobias assunse una guardia molto simile a quella di un lottatore di arti marziali e partì all’attacco.

 

GS non era ancora pronto, quando il suo nuovo ed inaspettato avversario partì all’attacco. Una sforbiciata al volo, il calcio lo investì in pieno petto con una furia sovrumana, scaraventandolo all’indietro ma Tobias non si limitò a quello, girò su se stesso e sferrò un calcio ruotato, colpendo il nemico in pieno viso e facendolo cadere sul duro asfalto. GS si rimise in piedi. Sputò del sangue attraverso la maschera di metallo della Fire son e fissò il nemico che aveva assunto nuovamente la posizione d’attesa. “Ricordo che te la cavavi molto bene a fare a pugni. Eri uno dei migliori del quartiere e ti gettavi nella mischia anche contro quelli più grandi. Ricordo che hai praticato karaté e che hai mandato all’ospedale un ragazzo durante i tuoi primi anni di allenamento. Non mi dire che non sai più combattere”. GS alzò la maschera e sputò. Un rivolo rosso vivo gli scese dal lato della bocca. “Mi arrendo. Hai avuto la tua vendetta, mi hai messo al tappeto e devo dire anche con delle mosse spettacolari. La tua agilità mi ha sempre lasciato a bocca aperta. Avevo sempre presupposto che saresti stato un ottimo praticante di arti marziali e oggi me ne hai dato dimostrazione” – Mosse la spalla destra, facendola scricchiolare – “Io invece mi sono molto arrugginito. Non sarei in grado di tenerti testa nemmeno se lo volessi. Credo che possiamo ritenere concluso lo scontro”.  GS stava per togliere via l’elmo, quando un calcio frustato lo investì al fianco sinistro e prima che potesse reagire, un secondo calcio, al fianco destro, lo costrinse ad indietreggiare boccheggiando. “Non hai capito. Questo non è un gioco, né un incontro regolare di arti marziali. O combatti o muori”.