Grossi Guai Per GS - Parte II

20.04.2015 19:46

Ansimando, GS continuò a fissare il suo avversario. La vita gli aveva finalmente presentato il conto per tutto il male che aveva fatto alla dolce Clelia. Il conto da pagare prevedeva dolore e sofferenza ma le sue costole doloranti non erano niente in confronto al male che lui le aveva fatto. Nonostante non fosse in forma smagliante e avesse ormai da qualche anno qualche chilo di troppo, se solo avesse voluto, avrebbe potuto sferrare ancora qualche colpo prima di darsi per vinto. Non solo conosceva ancora i colpi fondamentali del karaté ma la Fire son gli avrebbe permesso di esibirsi al massimo della forma, come se fosse stato un maestro dell’arte. Qualcosa però bloccava il suo corpo e questa volta non si trattava della pesantezza dell’armatura. Erano i rimorsi a pesargli. Per quanto riluttante all’idea di finire con l’osso del collo spezzato da un calcio, GS non se la sentiva di attaccare il nemico. Schivò il pugno di Tobias e si spostò quando il secondo colpo fece un grosso buco nel muro ma purtroppo non riuscì ad evitare il furioso calcio laterale che lo scaraventò in terra. Quel colpo gli aveva procurato un grosso dolore all’addome ma GS non urlò. I suoi occhi erano fissi su quel volto scuro, alla ricerca della luce dei suoi occhi, una luce che sembrava essere inghiottita completamente dal dio della morte. Soltanto i due occhi rossi della maschera dell’elmo scintillavano, osservandolo sinistramente. “Dopo di te toccherà a Claudio. Quel porco… ogni volta che vedeva mia sorella non perdeva occasione per prenderla in giro e canzonarla. Non sai quanto ne soffriva lei… ogni volta la trovavo in camera sua, con uno sguardo triste sul suo bel volto. A volte piangeva persino e quando le chiedevo cosa fosse successo, lei mi rispondeva che non aveva importanza ma io sapevo di chi era la colpa”. GS si era rimesso in piedi e questa volta manteneva i pugni alti. “E’ successo molti anni fa. Eravamo poco più che bambini. Abbiamo sempre considerato tua sorella a capo della costola della Congregazione che aveva scatenato la guerra nel nostro quartiere, con le sue idee razziali e di predominanza”.

la Congregazione si è macchiata di molti crimini ma tu sai bene che mia sorella si schierò contro la fratellanza stessa, pur di difendervi. Allora perché ve la prendevate con lei?”. Ancora una volta GS dovette abbassare lo sguardo e con esso crollarono anche le braccia. Ancora una volta ricordò quel lontano giorno, quando la Congregazione fece prigionieri lui e Giumpe. Sarebbero stati giustiziati se Clelia non avesse interceduto per loro. Neanche l’arrivo del Grande maestro col suo allievo avevano sedato la rabbia e l’odio della congrega. Fratelli e sorelle erano sbucarti da ogni anfratto, circondando il maestro. Forse Clelia, armata della prima micidiale Lialce, sarebbe riuscita a toglier loro la vita se solo avesse voluto, ma si limitò a scrollare il capo. Non riteneva giusto uccidere. Ordinò ai fratelli e alle sorelle di far passare lo strano ragazzo. Fissò il Grande maestro negli occhi e gli fece segno di avanzare, mentre sua zia ordinava ai fedeli di fermarli. Bloccò la mano di un fratello, poco prima che questi potesse colpire Giumpe con un grosso randello e si mise davanti a lui, in ginocchio e sanguinante, mentre altri stavano cercando di lapidarlo. Lo aveva difeso col suo stesso corpo. Il maestro lo aveva raccolto e lo aveva portato lontano. “La guerra è finita. Questa gente ha deciso di restare libera dalle catene che impone il vostro credo. Lo stato sta rastrellando le poche sacche di resistenza ancora presenti nel paese  e presto sarà anche qui”.

“Qui la Congregazione è forte” – Aveva risposto la somma Cornelia con disprezzo – “E lo stato dovrà piegarsi di fronte alla nostra potenza, così come hanno fatto i miserabili che si sono opposti al nostro dominio”. Mu, il Grande aveva fissato la donna col suo sguardo dolce. “Questi ragazzini hanno avuto il coraggio per primi di dire no. Hanno avuto il coraggio di opporsi ad una forza molto più grande di loro e questo loro coraggio ha dato la forza alla popolazione di reagire e porre fine ad un dominio ingiusto”. Il maestro si era poi avvicinato a Giumpe, pulendogli le lacrime dal viso e mettendolo in piedi. “Questo ragazzino ha sofferto abbastanza. Rendetevi conto: professate l’amore e la pace e stavate per uccidere un bambino”.

“Professiamo anche la giustizia e la punizione per chi commette errori” – Aggiunse immediatamente la somma Cornelia…

Dovette schivare i tre pugni. Si spostò di lato e sferrò un calcio laterale, facendo breccia nelle difesa del nemico e costringendolo ad indietreggiare. “Claudio non ha alcuna colpa. Crescendo è diventato un buon uomo. Si è sposato e conduce una vita onesta, non puoi giustiziarlo per delle vicende ormai sepolte. “Saranno sepolte per te” – Rispose Tobias – “Ma sono ancora vivide nella mia mente e voi tre pagherete. Tu pagherai per non aver avuto il coraggio di porre fine alle persecuzioni. Noi eravamo stati sconfitti. Su di me e la mia famiglia gravava anche il tradimento di mia sorella, che non aveva saputo trovare il coraggio, quel giorno, per infliggervi la giusta punizione. Se solo tu avessi voluto, loro avrebbero smesso di trattarla male, di trattarla come fosse una lebbrosa.

“Claudio pagherà non solo perché offendeva continuamente la mia famiglia, ed in particolare mia sorella, ma soprattutto per averci imbrogliati!”. La mente di GS tornò a vagare in un passato lontano.

L’addestramento era durato quasi due anni e dopo quel periodo tornò ad una vita normale. Il suo quartiere odiava la famiglia di Tobias per la guerra che aveva portato nella città, una guerra giusta secondo i suoi membri, e Claudio era il capo di un gruppo di ragazzini che perseguitava con una serie di marachelle gli sfortunati fratelli. Claudio aveva solo finto di unirsi alla congrega, spiandone i movimenti dall’interno e collaborando segretamente col capo della resistenza, il quale aveva fornito al governo centrale tutti i dati per porre fine al dominio della Congrega, che era già – ormai – ridotto ai minimi. Il Cavaliere del Nuovo Ordine ricordò anche quando aveva scoperto tutto e non si era minimamente opposto. Amava Clelia come il primo giorno che l’aveva vista eppure non aveva avuto il coraggio di porre fine a quella persecuzione…

“Non ebbi il coraggio di mettermi davanti per evitare alle pietre di colpirla…”.

“Cosa stai farfugliando?” – Gli chiese Tobias, poi scosse il capo – “Non importa” – Aggiunse – “Tanto ormai il tuo destino è segnato come quello dei tuoi due cari amici, perché dopo Claudio sarà Giumpe a pagare! Giumpe fu il primo ad insultarmi. Ricordi?”.

GS ricordava. Era successo pochi giorni prima che la Congregazione si muovesse per conquistare la città. Giumpe aveva scoperto qualcosa e stava accusando Tobias, accollandogli le colpe della sua setta. Forse il piccolo Giumpe aveva sentito qualche discorso dei suoi genitori che erano molto vicini alla famiglia di Tobias. I due ragazzi si azzuffarono e Giumpe avrebbe certamente avuto la peggio, quando all’improvviso giunse Clelia. Lui osservò la scena in lontananza, inizialmente senza rendersi conto di quello che stava accadendo. Clelia indossava una canottiera bianca che faceva spiccare il suo seno delicato ed un paio di calzoncini corti gialli. I folti capelli neri mossi che le scendevano lungo la schiena e sul viso un sorriso radioso, sorriso che scomparve quando Giumpe le urlò qualcosa in faccia. Vide la ragazza colpire il suo amico. Giumpe era già duramente provato dallo scontro con Tobias, non c’era bisogno di colpirlo. Quando si era deciso finalmente a muoversi, Clelia e Tobias erano andati via e Giumpe riusciva solo a farfugliare qualche frase sconnessa. Giumpe non aveva mai perdonato la ragazza, che ovviamente lo aveva colpito per farlo riprendere dall’attacco di rabbia incontrollata, e quello era stato l’inizio di una profonda breccia nel loro gruppo…

“Se Giumpe non si fosse ostinato, non ci saremmo mai divisi e non sarebbe successo niente di quello che seguì dopo quel giorno”.

“Non puoi parlare sul serio! Giumpe era solo un bambino…”.

“Ma tu eri già abbastanza grande da prendere la decisione giusta!” – L’unica cosa che riuscì a vedere, poco prima che il pugno lo travolgesse come un maglio, fu lo perfida luce emanata dall’elmo di Anubi e improvvisamente capì quello che stava succedendo. La Corona dell’ariete rotolò sul duro asfalto arroventato dal sole ma prima gli aveva trasmesso una sensazione. Un’energia oscura ed antica trapelava dall’elmo del dio della morte.

“Dimmi una cosa, da quanto tempo l’odio ha fatto breccia nel tuo cuore? Da quanti giorni c’è stata l’esplosione di rabbia che ti ha spinto a cercarmi?”.

“Da circa due settimane, da quando sono rientrato dal mio viaggio in Egitto”.

“Quindi da quando hai indossato quel maledetto copricapo”. Le sue supposizioni trovarono certezza. Quell’elmo doveva contenere qualcosa di strano che esaltava l’odio ed il rancore degli esseri umani. “SI!” – Esclamò Tobias – “E’ stato Anubi infatti a darmi la forza necessaria per venirti a cercare. Ricordo che quando l’ho trovato avevo da poco sfogliato un vecchio album di fotografie. In alcune di quelle foto c’eri anche tu. Si tratta di alcune foto che mia sorella ti scattò di nascosto con l’istantanea. Erano rimaste nell’album per tutto quel tempo. L’odio ha fatto subito breccia nel mio cuore, non appena ti ho rivisto o forse, in realtà, non ti ho mai perdonato per quello che è successo quasi venti anni fa. Misi via le foto, dicendo a me stesso che non valeva la pena arrovellarsi il cervello nel rimorso e nell’odio. Poi indossai l’elmo e sentii i miei sentimenti oscuri diventare più forti e la vendetta gridare forte nella mia mente. Il colpevole di tanta sofferenza doveva essere punito”.

Aveva capito. Tutto gli era più chiaro adesso. Non si trattava di un conto da pagare, quanto piuttosto del capriccio di un dio antico come la sabbia del deserto. Era stato quel copricapo, chissà in che modo, a costringere il mite Tobias a venirlo a cercare e a distruggerlo. Bastava mettere via quell’oggetto per porre fine allo scontro. “Ascoltami. Devi togliere quell’elmetto. C’è qualcosa lì dentro che ti sta trasformando in un assassino”.

“L’elmo mi ha dato la forza di fare ciò che avrei dovuto iniziare più di quindici anni fa!”.

“L’elmo fa solo leva sui tuoi sentimenti più oscuri, quelli che porti sepolti dentro. Lui li ha riportati a galla perché è assetato di sangue”. “Qualunque sia la verità, per me conta solo che tu paghi finalmente per le tue malefatte!”. Tobias afferrò l’asta che portava dietro la schiena e azionò un meccanismo nascosto. Una lunga punta di metallo, che mimava la coda di uno scorpione, spuntò all’improvviso e quando urtò l’acciaio della Fire son, il cavaliere venne colpito da una letale scarica elettrica. Il colpo fu tremendo. GS barcollò all’indietro e finì contro il muro, respirando a fatica e strofinandosi gli occhi per schiarirli e levare via il sudore. Il suo amico era in balia di una forza oscura. Sembrava che il dio della morte fosse giunto all’improvviso per presentargli un conto salato derivante dai suoi sbagli. Non poteva permettere al dio della morte di prendere le vite dei suoi due migliori amici ed era anche convinto che lo stesso Tobias stesse correndo un pericolo mortale. Non aveva scelta: doveva ricorrere nuovamente alla Fiamma fotonica.

Tobias non gli lasciava scampo. Continuava ad attaccare con la furia di una tigre. I suoi calci erano veloci, i suoi pugni precisi. Il cavaliere stava pesando alle conseguenze che avrebbe avuto su di lui sfruttare la Fiamma di luce in quelle condizioni. Il suo fisico era al limite. Tobias lo aveva messo a dura prova e lui non aveva reagito per rimorso, ma doveva fare ricorso alle ultime energie se voleva impedire a quel pazzo furioso di annientare Giumpe e Claude. I suoi due amici non potevano contare sulle loro armature, poiché erano state ridotte male nello scontro con Lug Dolruum. Fissò gli occhi rossi dell’elmetto. Non aveva altra scelta. Si concentrò. Sentiva chiaramente l’energia scorrergli dentro. La rilasciò e la fece scorrere nell’armatura e da essa all’esterno. Il calore derivante dalla Fiamma dava conforto alle sue membra doloranti. La vista non si annebbiava più e la mente tornò ad essere lucida.

Tobias sferrò un calcio laterale ma lui lo parò col braccio sinistro e schivò l’attacco successivo. Serrò le braccia al corpo, proteggendo anche il volto e assorbì la scarica di pugni. Il calcio laterale si infranse sul suo gomito. Tobias interruppe l’attacco per riprendere fiato. GS lo fissò con determinazione. Partì una nuova serie di calci e pugni ma solo alcuni dei colpi raggiunsero l’obiettivo e questa volta GS non crollò. Tobias cercò anche di proiettarlo ma non riuscì a spostarlo. Sferrò calci, pugni e gomitate e alla fine lo colpì con una testata. GS barcollò ma non cedette. Nonostante la serie di colpi GS riusciva a controllare perfettamente l’intensità della Fiamma fotonica. Senza il peso del Potenziatore traeva beneficio dall’intensità dell’aura. La sua attenzione era tutta rivolta al diabolico elmetto. Doveva colpire, prima che le forze venissero a mancargli. Sferrò una serie di pugni per disorientare il nemico, fece una finta a destra, poi una a sinistra e infine sferrò un calcio a martello colpendo in pieno il diabolico elmetto.

L’impatto fu tremendo, schegge di un metallo azzurrognolo piovvero ovunque. Tobias barcollò come un ubriaco e per un attimo GS stava per cantare vittoria, quando il nemico si rimise in posizione. GS sbuffò, mentre il sudore scorreva dal viso lungo il collo e giù sul petto. Continuò ad attaccare sferrando pugni, molti dei quali colpirono il volto del nemico. La maschera di metallo della Lialce volò via ed un rivolo di sangue scuro segnò il viso dell’ex amico. GS ritirò la Fiamma fotonica, per paura di ucciderlo, ma venne investito da un calcio frontale che gli tolse quasi tutta l’aria dai polmoni ed il gancio destro lo scaraventò contro la serranda di un negozio.

“Maledizione, Tobias! Fermati! Ma è possibile che tu non capisca che di questo passo uno di noi due potrebbe morire?”. Mentre parlava, GS si accorse del sangue caldo che gli colava sul viso. L’ultimo attacco di Tobias gli aveva aperto un profondo taglio sul ciglio destro. Anche l’altro perdeva sangue da diversi tagli e dal naso. Era certo che se fosse stato in sé, Tobias si sarebbe fermato, poiché era abbastanza realista da capire che si doveva porre fine al combattimento. Quel maledetto copricapo condizionava la mente del suo amico, spingendolo a combattere sino alla morte. GS capì di avere un’unica chance. Si lanciò verso lo scrigno ed indossò il Potenziatore e quando Tobias sferrò un calcio al volo, il miracoloso componente lo salvò. Come aveva previsto, il Potenziatore gli forniva una protezione altamente superiore alla semplice Fire son. Tobias stava caricando il pugno destro per colpire ma improvvisamente ebbe un cedimento: cominciò a muoversi come se avesse bevuto troppo. Era il momento di agire, altrimenti per entrambi sarebbe giunta la fine. GS si mosse con una rapidità che non sperava di avere in quelle condizioni. Afferrò il nemico alle spalle e gli strappò via l’elmetto diabolico. La resistenza di Tobias fu minima e quando l’antico artefatto si staccò dalla corazza, il ragazzo cadde sfinito.

 

GS sbuffò e lasciò cadere l’elmetto. Tolse il copricapo della Fire son e respirò l’aria a pieni polmoni ma dopo un attimo ansimò, portandosi la mano al fianco dolorante. Doveva avere qualche costola incrinata. La ferita al ciglio aveva smesso di sanguinare. Almeno non aveva bisogno di punti di sutura. Si chinò per controllare lo stato di Tobias. Respirava. Fece molta attenzione a rimuovergli un bracciale e notò che il ragazzo aveva trasformato la Lialce in una corazza più simile alla sua. Il polso era abbastanza regolare. Tobias era un tipo duro, non lo avrebbe mai detto. Proseguì la rimozione delle parti dell’armatura. la Lialce aveva resistito abbastanza bene, assorbendo tutti i colpi e proteggendo il suo padrone. Persino l’esoscheletro di metallo che serviva da interfaccia con l’armatura era stato sezionato e veniva via assieme alle singole parti. Il torso ed il collo non presentavano segni evidenti di danni. La tibia destra presentava una leggera tumefazione ma non sembrava rotta. GS tolse con molta delicatezza ciò che restava dell’elmetto e prese a tastare il capo dell’amico. Notò il danno recato dal suo calcio a martello. Non sembrava qualcosa di grave, Tobias non perdeva sangue dalla bocca o dalle orecchie e nemmeno più dal naso. I movimenti della sua cassa toracica erano regolari: respirava. Depose le parti della corazza nella cassa e vi mise anche i reperti antichi, poi la chiuse. Tolse anche la sua di corazza, riponendola, assieme al Potenziatore, nello scrigno. Era stato meno fortunato dell’amico. Il braccio destro era tumefatto, anche se sembrava intatto. Le costole superiori del lato sinistro gli dolevano ma il dolore era molto meno di quanto si aspettasse. Il viso era tutto dolorante. Prese il cellulare e chiamò un’ambulanza. Spiegò ai colleghi del 118 che erano stati pestati da alcuni rapinatori che erano poi spariti nel nulla. Era un collega e non fecero molte storie. Una volta giunti all’esterno dell’ospedale, GS disse agli infermieri dell’ambulanza di accompagnare il suo amico in pronto soccorso e di sincerarsi che avrebbe ricevuto la cassa, lui se la sarebbe cavata.

 

Rimase qualche secondo all’esterno dell’ospedale, chiedendosi se fosse il caso di bere qualcosa di fresco ma scosse il capo. Meglio tornarsene a casa, farsi una doccia e sperare che l’indomani i dolori fossero spariti.

“Tu sei il misterioso vigilante che gira per la nostra città in armatura?”. GS si voltò e si ritrovò faccia a faccia con una donna di mezza età di statura bassa, con degli ispidi capelli all’insù; il naso adunco e gli occhi spiritati. Al suo fianco c’erano altre due donne, molto più carine ma che sembravano tremare di paura.

“Non so di cosa tu stia parlando” – Disse il ragazzo.

“Bugie!” – La donna puntò il dito adunco verso di lui, in modo accusatorio. “Lo scrigno che hai sulle spalle testimonia che sei un Cavaliere”.

“Non per questo giro in città in armatura”.

“Sai chi sono io?”. La donna gli si era avvicinata ulteriormente e GS sentì l’odore nauseante del suo fiato pestilenziale e fu costretto ad allontanarsi. Lo sguardo della donna divenne ancora più rabbioso. “Io sono una delle Grandi sorelle della Vita. Il nostro ordine è più antico di quello cui appartieni, fondato solo una quindicina di anni fa”. GS era vistosamente irritato da tutto quel discorso. “Scusami, sarai anche un’istituzione qui, ma io non ho capito dove vuoi andare a parare”.

“Devi consegnarmi la tua armatura” – Protese la mano scheletrica verso il suo scrigno ma GS la cacciò via. “Tu devi essere pazza” – Le disse – “Questa armatura me la sono conquistata. È stata la mia compagna di avventure e mi ha salvato la vita molte volte. Non la darò mai ad una come te”.

“Bene” – La donna fece qualche passo indietro – “Vorrà dire che la prenderò con la forza”. GS la fissò con rabbia. I suoi occhi due tizzoni ardenti e la donna per un attimo valutò se stava facendo la cosa giusta, ma poi la rabbia prese il sopravvento e riprese ad inveire con ira. Alcuni dipendenti dell’ospedale, che uscivano dopo la loro giornata di lavoro, si fermarono solo un attimo a vedere cosa stava succedendo ma, non appena incrociarono lo sguardo della donna, scapparono via e fecero finta di niente. Dovevano conoscere la fama di quella signora. La donna fece un cenno a qualcuno. Si avvicinò una station wagon. Uscirono altre due ragazze giovani e belle, aprirono il portabagagli e trascinarono all’esterno un grosso carrello. Il suo contenuto era coperto da un telo. Il carrello aveva una lunghezza di quasi due metri. La schiena del cavaliere fu attraversata da un brivido, mentre scuoteva la testa per scacciare il senso di stanchezza che gli annebbiava la vista.

“Ora capirai perché mi chiamano Signora della vita” – La donna Scoprì il contenuto del carrello, senza curarsi della gente intorno; segno che in molti nella città del nord conoscevano l’esistenza e gli esperimenti della corporazione.

“Ma chi diavolo sei tu? Chi sono le Signore della vita?”.

Un sorrisino beffardo comparve sull’orribile volto della megera. “Noi signore della vita siamo una corporazione nata più di una ventina di anni fa, dopo che la nostra madre fondatrice scoprì una maschera di pietra con delle misteriose iscrizioni al suo interno. Dopo numerosi studi, la nostra madre superiora scoprì una correlazione tra l’alfabeto all’interno della maschera e un atavico manoscritto di cui esisteva una copia in un antico museo di una setta italiana. Attraverso profonde mediazioni ed un patto la nostra fondatrice riuscì ad entrare in possesso di quel libro, con esso riuscì a creare la vita e adesso avrai un assaggio della nostra bravura”. GS indietreggiò, mentre fissava lo strano umanoide accovacciato in posizione fetale all’interno del carrello. La donna pronunciò alcune frasi. Il tono della sua voce era insolitamente dolce per una megera del genere. L’umanoide dal corpo robusto aprì gli occhi: due iridi bluastre. Non si scorgevano le pupille. L’essere uscì dal carrello. Il suo corpo completamente nudo, eccezione fatta per il mutandone nero, il petto possente; le braccia muscolose e le gambe tozze gli conferivano l’aspetto minaccioso di un lottatore ma era la testa la parte più raccapricciante del suo corpo. Molto grossa e pelata, ai lati delle tempie vi erano degli strani sensori metallici che forse fungevano da occhi ed orecchie, visto che ne era sprovvisto. Il naso non era come quello degli uomini, si trattava di due piccole aperture lì dove gli uomini hanno il naso e la bocca era piccola e sottile e presentava una doppia linea di denti aguzzi. La strega continuava a parlargli dolcemente, come stesse farfugliando ad un neonato. L’essere abbozzò una specie di sorriso, poi indirizzò il suo strano volto verso il cavaliere e digrignò i denti, emettendo degli strani suoni acuti. GS si guardò intorno. Improvvisamente il parcheggio era diventato deserto. Nonostante il periodo dell’anno, un freddo gelido gli faceva accapponare la pelle. L’atrio dell’ospedale sembrava inanimato. Le signore della vita dovevano essere molto portenti e temute in quella città. Portò la mano alla catena dello scrigno e tirò con tutte le sue forze. L’armatura si attaccò al suo corpo, poco prima che il gigante lo afferrasse per la gola e lo sollevasse da terra. Le mani poderose stringevano con molta forza proprio in un punto poco protetto. Se non fosse stato per il corpetto di metallo che in parte gli proteggeva anche il collo, quella morsa glielo avrebbe spezzato.

 

Nonostante la Fire son lo proteggesse, GS si sentiva mancare le forze. Gli scontri precedenti lo avevano messo a dura prova. La vista gli si annebbiava ed il collo cominciava a fargli male ma la voglia di non darla vinta a quella vecchia megera gli diede la forza di reagire. Chiese alle sue ultime energie di ardere. Avvertì lo sfrigolare dell’armatura e la sua temperatura che aumentava. La presa al collo si allentò e GS colpì il nemico con una potente testata. L’acciaio dell’elmo aprì un profondo squarcio sulla fronte voluminosa. GS riuscì a liberarsi dalla stretta mortale. Caricò il pugno destro per sferrare un montante micidiale e porre così fine alla sfida; ma le gambe vacillarono ed un colpo tremendo lo scaraventò contro lo scrigno. Le ossa di quell’essere erano più dure del normale.  Il cavaliere indossò velocemente il Potenziatore, poco prima che il nemico sferrasse un poderoso gancio a pugni uniti, che lo mancò. Il maglio si abbatté con forza sullo scrigno. GS sferrò un calcio laterale, diretto alle ginocchia del colosso. La creatura si piegò ed il cavaliere la colpì con un pugno alla base della mascella. Il mostro sferrò un pugno che fece barcollare il cavaliere.

GS si rendeva conto di essere quasi paralizzato. Il cuore in petto gli batteva all’impazzata mentre le sue braccia e le sue gambe sembravano bloccate dal cemento. Il Potenziatore richiedeva una forza che in quel momento non possedeva. Anche la Fiamma fotonica era un passo troppo azzardato. Il solo richiamo della fenomenale energia gli aveva tolto il fiato.

Le braccia erano divenute troppo pesanti. Non riusciva nemmeno ad alzarle per difendersi dai pugni micidiali. Un montante lo scaraventò contro un grosso pilastro di cemento armato. Doveva essersi morso l’interno della bocca, poiché il gusto metallico del sangue gliela invadeva, facendogli impazzire le papille gustative. Un rivolo di sangue gli scorse lungo il mento. Lo sentiva scivolare lungo il collo.

Un altro pugno e cadde sull’asfalto. Sentì scricchiolare le giunture che collegavano la maschera all’elmo dell’armatura e sentì il cervello ballare all’interno della scatola cranica. Si sentiva come il pugile dilettante alle prese contro il campione, mentre crollava sotto i suoi pugni devastanti. “L’arbitro sta contando fino a dieci…” – Pensò il cavaliere mentre lottava con tutte le sue forze per rimettersi in piedi – “… ma deve concedermi almeno un altro round!”. GS aveva intenzione di giocarsi il tutto per tutto e sfruttare la forza immane del potenziatore per resistere a qualche altro pugno – “Il tempo necessario per sferrare un sol pugno, guidato dalla forza devastante della Fiamma di luce”. Trovò la forza di spostarsi ed evitare la gragnola di pugni e assunse la posizione d’attacco mentre concentrava la sua energia. Sentiva le membra contorcersi per il dolore ma si costrinse a resistere, sapendo che alla fine dello scontro avrebbe pagato un prezzo molto alto.

 

Il cavaliere era pronto all’estremo sacrificio, quando improvvisamente un misterioso canto sembrò sconvolgere il bestione, interrompendo il suo collegamento con la signora della vita. Quello era il momento per colpire. Il colosso sembrava aver perso l’orientamento e si muoveva come se fosse intimorito. Tutta la sua forza sembrava essere svanita. La signora della vita cominciò a imprecare nel dialetto locale, per cui GS non riusciva a capire una sola parola. Sganciò il Potenziatore, lasciandolo cadere in terra, e sferrò un pugno con tutta la sua forza.

Il Pugno di Boron si schiantò con forza contro la tempia del mostro, spaccando quello strano transistor metallico. Il suono delle ossa che si frantumano si udì chiaramente. L’essere lanciò uno strano latrato, mentre GS, finito in terra per lo slancio e lo sfogo, pregò l’iddio che l’avversario non lo attaccasse in quel momento. Il colosso si accasciò in terra, lamentandosi come un bimbo piccolo. Assunse la sua posizione fetale, mentre sua madre lo coccolava e gli sussurrava parole dolci in una strana litania. La sua pelle, così come i tessuti e gli organi sottostanti, evaporò, lasciando soltanto uno scheletro molto robusto con un cranio poco umano.

 

La donna ordinò alle sue sorelle di portare via lo scheletro di quell’abominio che aveva chiamato figlio. “Non so cosa sia successo” – Gli disse la donna, con il viso segnato dalle lacrime – “Qualcuno è venuto in tuo soccorso, senza avere il coraggio di rivelarsi… ma io sono una persona molto potente e presto o tardi pagherai per esserti messo contro di me”. GS vide l’alta figura di Nadia avanzare attraverso le tenebre e in quell’istante capì chi lo avesse aiutato. Si avvicinò alla donna, mentre stava per entrare nell’auto e l’afferrò per il bavero, inorridendo ancora una volta di fronte al suo orribile viso – “Adesso stammi bene a sentire, signora. Questa volta ti permetterò di andartene con le tue gambe ma la prossima volta… se ci sarà una seconda volta, non tratterrò il mio pugno!”. GS le mostrò il Pugno si Boron e la donna tremò di paura quando sentì scricchiolare il suo metallo. “Non c’è bisogno che aggiungi altro” – Disse Nadia – “Credo che la nostra amica, qui, abbia ricevuto il messaggio”. La donna annuì ma prima di allontanarsi giurò che si sarebbe vendicata un giorno o l’altro.

 

GS tolse l’elmo dell’armatura e si pulì il viso con le garze che gli porgeva la maestra. “Te la cavi meglio, nell’uso della Fiamma Fotonica” – “Gli disse la donna – “Ma non riesci ancora a ragionare. Del resto sei un uomo”. GS stava conservando l’armatura ed il Potenziatore nello scrigno d’acciaio. “Avresti potuto battere quell’essere sfruttando la sola forza del tuo Pugno di Boron, invece ti sei inscatolato come una bella sardina e per poco non ne finivi mangiato”.

“Avrei dovuto attaccare quella strega, invece di concentrarmi sul suo schiavo”.

“Vedo che ci sei arrivato” – Disse Nadia, soffiando il fumo della sigaretta.

“Che razza di strega…”.

“Fai attenzione. Quelle tipe conoscono dei segreti molto antichi. La creatura nata dai loro trattamenti ne è solo un piccolo esempio. Dovrai fare molta attenzione alla loro vendetta… anche se non credo che si faranno più vedere”. GS si era messo lo scrigno sulle spalle – “Se lo faranno… potranno pagare un prezzo molto alto”. Salutò Nadia e si recò al pronto soccorso anche se non aveva intenzione di farsi curare.

 

Trovò Tobias nel reparto dove era stato ricoverato. “Mi hanno detto che dovrò restare in osservazione per qualche giorno e se tutto andrà bene, potrò tornare a casa”. GS notò la sua mano fasciata, il busto di gesso e la benda alla testa. “Sembra che ce le siamo date proprio di santa ragione” – Disse il ragazzo, accorgendosi che GS stava fissando le sue medicazioni. GS si sedette, poggiando lo scrigno in terra. “Ti rendi conto che potevamo ucciderci?”. Tobias spostò lo sguardo. Fissava la televisione davanti a sé. “Ricordo poco di quello che è successo. Solo il profondo odio nei tuoi confronti”.

“Un odio giustificato” – Disse GS, massaggiandosi la mascella. “Non a quei livelli” – Rispose il ragazzo. “L’elmo di anubi… lui aumentava il mio odio e mi spingeva a fare giustizia… ammesso che si trattasse di vera giustizia”.

“Sembra impossibile che una simile arma possa essere stata creata nell’antico Egitto. Cosa pensi di farne adesso?”.

“Lo farò scomparire” – Rispose Tobias senza esitare. GS si alzò. Era al limite delle forze. Aveva bisogno di risposo, ammesso che i dolori glielo avrebbero permesso. “Voglio dirti una cosa”. Prima di andarsene si sentiva in dovere di dire qualcosa al suo amico. “So bene quanto male abbia fatto a tua sorella” – Si inumidì le labbra con la lingua – “E non credere che ne vada fiero. Non posso fare nulla per tornare indietro e porre rimedio a quello che ho fatto. So bene che un giorno pagherò un conto salato per le mie colpe ed io non chiedo altro”. Si mise le mani in tasca dopo essersi caricato lo scrigno sulle spalle – “Ma spero che sia tua sorella, Clelia stessa, a farmela pagare. Ne sarò lieto e forse mi risparmierò il posto prenotato all’inferno”.

“mi dispiace” – Disse Tobias, senza guardarlo – “Io non posso dimenticare quello che hai fatto”.

“Lo so bene” – Rispose il cavaliere, sbuffando.

“Ma cosa diavolo passava per quella tua testa bacata?” – Aveva alzato la voce – “Mio padre ti adorava. Eri un esempio da seguire: coraggioso, leale e molto cortese. Mia sorella impazziva per te, non aveva occhi per nessun altro. Si sentiva al settimo cielo quando le facevi i complimenti. Ti adorava e voleva molto bene anche a Giumpe e Claudio… come avete potuto farle de male?”.

GS scosse il capo – “Tuo padre è un buon uomo. Tu e tua sorella siete persone magnifiche ma la Congregazione ci avrebbe permesso di vederci? Hai dimenticato come la pensavano tua zia e tua madre?”. Tobias scoppiò a ridere – “Adesso vorresti giustificarti in questo modo?”.

“Tu stesso mi avevi detto che tua sorella non poteva continuare a frequentarmi a casa della religione… fu proprio per quello che cominciai ad odiare la Congregazione e misi su una resistenza quando cominciò a prendere potere in città. Il vostro è razzismo”.

“Mia sorella non ti avrebbe mai trattato con disprezzo… con lo stesso disprezzo con cui l’hai trattata tu”. GS strinse il pugno destro nella tasca. Annuì. “La mia fu una reazione istintiva, una reazione di protesta che può avere un qualunque ragazzino di 13 anni. Non per questo sostengo di aver agito bene. Sono stato un verme e prima o poi pagherò per le mie colpe. Ti chiedo solo di non bruciare di odio per me. Rischieresti di finire all’inferno insieme a me e non ne vale la pena. Tua sorella adesso è felicemente sposata, ha una bambina. È una donna normale e conduce una vita normale. Niente più Congregazione, né lotte. Ti prego, una volta che avrò pagato per i mie peccati, pregate affinché il giudizio della Luce sia clemente con la mia anima”. Andò via, senza attendere la risposta. Tobias rimase in camera sua, fissando quello strano elmo dalle fattezze canine. GS tornò a casa, pregando affinché l’iddio potesse perdonarlo. “Forse un giorno avrò la possibilità di riscattarmi per i miei peccati… perdonami Clelia”.

 

In un sotterraneo una volta appartenuto ad una cappella che era misteriosamente bruciata in un incendio, nella periferia del capoluogo, un gruppo di donne vestite di bianco era riunito intorno ad uno strano altare con l’icona di un neonato avvolto dalla luce. La grande sorella della vita fissava la nuova accolita. Alle sue spalle altre dieci consorelle reggevano delle torce d’oro. “Simonne, io ti nomino novizia. Sei ufficialmente una sorella della vita, adesso”. Il coro di voci alle sue spalle intonò una cantilena: “Giura di salvaguardare la vita in ogni sua forma”.

“Lo giuro”.

“giura di distruggere quella dei nostri nemici affinché l’ordine delle Sorelle della vita cresca sempre più”.

“Lo giuro”. 

“Come un neonato che ha bisogno di nutrimento, così la confraternita ha bisogno di nuovi accoliti”.

La sorella più anziana riprese la parola: “Tu sarai nuova linfa e nutrirai il nostro ordine. Sarai iniziata alle conoscenze di base, alla manipolazione dei fattori primordiali, al fine di iniziare la creazione. Dalle ceneri della vecchia Simonne, ecco nascere la nuova Simonne!”. La ragazza fissò il nuovo aspetto della sua armatura: punte spesse ed acuminate e lunghi artigli d’acciaio con cui dilaniare i nemici.

“Io giuro solennemente di combattere per salvaguardare la vita in ogni sua forma e distruggere ogni nemico della confraternita”. Simonne aveva già in mente qualcuno da annientare e grazie alla confraternita ce l’avrebbe fatta. Un sorriso diabolico prese  forma sul suo volto pallido ed una luce diabolica brillò per un attimo nei suoi occhi.

 

 

 

“Adesso

 

 

 


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