Ho visto GS
“Ma quando arriva?”.
Carla controllò l’orario lanciando un’occhiata al display del cellulare – “L’appuntamento era per le venti e trenta” – Disse la ragazza.
“E ormai mancano pochi minuti alle nove!” – Giuseppe era seccato, fece un cenno al cameriere e, quando questi gli si avvicinò, ordinò una birra – “Tu non prendi nulla?”.
Carla scosse il capo – “Preferisco aspettare Arnaldo e poi, comunque, non berrò birra”.
“E cosa vuoi ordinare?” – Le chiese Giuseppe, facendo cenno al cameriere di portargli la sua ordinazione.
“Sai che tra due giorni ho un esame. Passerò la notte a ripetere e non mi va di prendere alcolici”.
Giuseppe si sistemò più comodamente sulla sedia – “Io ho rinunciato” – Disse – “Preferisco studiare per la finestra di dicembre”.
Carla non disse nulla ma lanciò un’occhiata all’ingresso del bar, poi gli porse la domanda – “Ma tu lo hai visto davvero?”.
Giuseppe annuì – “Certo, è successo una quindicina di anni fa. Me lo ricordo perfettamente, ero un bambino all’epoca”.
Carla fece una smorfia – “Io ne ho solo sentito parlare” – Disse.
“Eccomi ragazzi! Scusate il ritardo”.
Arnaldo posò la borsa e si sedette al tavolo – “Avete già ordinato?”.
“Io ho preso una birra, ecco che arriva”.
Il cameriere posò la birra sul tavolo e fissò il nuovo venuto.
“Portane una anche a me” – Disse Arnaldo.
Carla ordinò un analcolico.
“Raccontatemi di lui” – Disse la ragazza ai due amici – “Siamo qui per questo, no?”.
Arnaldo e Giuseppe si fissarono ed annuirono.
“Comincio io” – Disse Giuseppe, sorseggiando la birra.
Carla si sistemò i capelli castani e sorseggiò l’analcolico che aveva appena ordinato. I suoi occhi tradivano un eccessivo interesse per la storia che stava iniziando a raccontare il suo amico.
Giuseppe fissò il suo bicchiere: la birra era quasi finita. Chiamò il cameriere, ordinandone un’altra – “Non si raccontano le storie con la gola secca” – Disse.
“Avanti!” – Lo esortò Carla – “Dopo vi racconterò quello che mi hanno detto di lui”.
“Credimi, una cosa è sentirne parlare, un’altra è vederlo con i propri occhi” – Le disse Arnaldo. Il ragazzo sistemò alcune cose nella borsa. Si era trasferito al nord, per studiare giurisprudenza. Era lì da un anno, ne aveva da poco compiuti diciannove. Loro tre avevano la stessa età, si erano diplomati circa un anno prima.
“Arnaldo ha ragione” – Disse Giuseppe, giocando col suo pizzetto – “Ricordo la prima volta che l’ho visto. Non credevo ai miei occhi”.
Incitato da Carla, il ragazzo cominciò a raccontare la sua storia.
“Aveva le spalle larghe, il corpo coperto di peli. Indossava una corazza rossa ma si vedeva chiaramente che fosse un gorilla”.
“Che?” – Carla sembrava stupita.
Giuseppe annuì – “E’ proprio così” – Disse, mentre il cameriere gli lasciava la sua seconda birra e Arnaldo ne ordinava a sua volta una.
“Sono certo che nessuno lo sappia ma GS è un primate, una sorta di uomo gorilla e tra poco vi fornirò la prova che quello che dico è vero. Quella volta ero andato da mia nonna, che come sapete bene abitava nei pressi dei bassifondi nord, proprio nei pressi di quel rudere antico”.
“Era un asilo” – Disse Carla.
“Io so che era un antico palazzo e dopo la sua rovina, lo hanno utilizzato per sacrificare degli animali” – Disse Arnaldo.
“Vi sbagliate tutti e due” – Disse Giuseppe – “Era una chiesa, una chiesa che fu abbandonata e dopo venne utilizzata per compiere dei sacrifici da una setta di adoratori del diavolo!”.
Carla si strinse nelle spalle, avvertendo un gelo improvviso – “Stavi parlando del Cavaliere, no?”.
Giuseppe annuì – “Come stavo dicendo, mi trovavo a casa di mia nonna. Ero affacciato al balcone e lo vidi. Ad attirare la mia attenzione furono delle esplosioni, si alzò un fumo nero e denso e lui vi passò in mezzo. Fu allora che vidi chiaramente il cavaliere!
Emerse dal fumo e puntò dritto in mezzo alle erbacce e lì c’era un gruppo di uomini ad attenderlo. Me li ricordo ancora, nonostante sia passato tanto tempo”.
Giuseppe mandò giù un lungo sorso di birra e sgranocchiò una nocciolina.
“Chi erano quegli uomini?” – Chiese Carla.
Giuseppe scosse il capo – “Non lo so. Non li ho mai più rivisti. Indossavano strane uniformi, con dei corpetti lucenti. Credo fossero dei satanisti”.
“Come fai a dirlo?”.
Giuseppe fece le corna – “I loro elmi erano bicorni. Chi altri, se non adoratori del maligno, avrebbero indossato elmi con le corna?”.
“Quelle rovine sono famose per essere il teatro di sacrifici animali… e forse umani” – Disse Arnaldo, lanciando un’occhiata fuori. Il tempo si era guastato e di lì a poco avrebbe cominciato a piovere. I suoi occhi videro un ragazzo che entrò in quel momento nel bar. Era in compagnia di una bella ragazza dai capelli mori e mossi.
Giuseppe stava continuando il suo racconto – “Lo vidi lanciarsi contro i nemici con una furia terribile, avanzava camminando sui piedi e sulle mani, schivò una lancia scagliata con inaudita potenza dai suoi nemici ed evitò anche un’ascia”.
“Una lancia? Un’ascia?” – C’era incredulità nella voce di Carla.
Giuseppe annuì, sicuro di sé – “Proprio così, lo ricordo bene”.
“Ma che razza di persone erano i suoi avversari?”.
“Carla, sai bene che il cavaliere affronta ogni sorta di forma assunta dal male” – Disse Arnaldo – “Egli non combatte contro avversari comuni”.
“Quelle armi lanciavano delle strane luci. Non credo fossero armi comuni, forse i satanisti le avevano potenziate con qualche formula. Comunque ricordo bene che il cavaliere ne trascinò due al suolo e li sconfisse con i suoi pugni poderosi. Gli altri si aprirono a ventaglio, cercando di circondarlo. Uno di essi avanzò incautamente verso il suo avversario e fu allora che il cavaliere lanciò un urlo terrificante, schivò la lama della spada nemica, e saltò in alto, appoggiandosi sulla spalla del suo avversario! Fece una capriola e atterrò in mezzo ad altri due satanisti, ne afferrò uno per il bacino e lo trascinò al suolo, tramortendolo con i suoi pugni”.
“Credevo che fosse un uomo gentile” – Disse Carla – “Tu lo stai descrivendo come una furia… un animale!”.
Giuseppe mandò giù un sorso di birra, facendo un cenno assertivo col capo – “E’ un uomo scimmia, ti dico!”.
“Io non credo” – Disse Arnaldo. In quel momento un tuono ruppe il silenzio e un attimo dopo la pioggia iniziò a cadere a catinelle.
“Ormai è già inverno” – Disse Carla, giocando con una ciocca di capelli.
“Quest’anno è stato strano” – Disse Arnaldo – “L’estate non c’è stata e non avremo nemmeno l’autunno”.
“Già” – Ammise Giuseppe – “Solo un lungo, interminabile, inverno!”.
“Comunque, se vi interessa saperlo, io ho visto il cavaliere e non mi ha dato l’impressione di essere una scimmia!” – Disse Arnaldo.
“La sua agilità e la sua forza, nonché la sua irruenza, sono tutti segni che lo identificano chiaramente come un primate” – Disse Giuseppe, seccato dal fatto che i due amici confutassero le sue parole – “Io l’ho visto!”.
“Ma non esistono uomini scimmia!” – Esclamò Carla.
“Cosa ne possiamo sapere, noi?”.
La ragazza fissò il suo amico in malo modo.
“Io penso che il cavaliere provenga da un passato lontano. Egli è antico quasi quanto il mondo che conosciamo. L’armatura gli dona una sorta di immortalità. Egli si muove in mezzo a noi, celando la sua presenza, battendosi contro il male perché è questa la sua missione”.
“Un uomo primitivo?” – Domandò Carla – “E’ questo che pensi di lui?”.
Giuseppe annuì – “Vive sulle pendici del vulcano, in un posto remoto in cui nessuno osa avventurarsi. Vive a stretto contatto con la natura e trae la sua forza dall’anima del vulcano”.
“Ma sono delle assurdità!”.
Giuseppe fissò la sua amica e si avvicinò a lei – “In antichità, gli uomini vivevano a stretto contatto con la natura e sapevano riconoscerne la forza. Noi abbiamo perso questa capacità”.
“Ma non esistono uomini scimmia!” – Ripeté Carla.
“Pensaci bene” – Disse il suo amico – “In ogni parte del mondo si parla di loro”.
Carla continuava a scuotere il capo.
“Lo yeti dell’Himalaya, il Bigfoot dell’America. Non sono forse testimonianze di uomini gorilla?”.
“Ma quelle sono solo storie, dai!”.
“Io invece non lo penso. Ci sono testimonianze molto chiare e persino filmati e immagini. Io penso che il cavaliere non sia altro che un essere antico come lo yeti ed il bigfoot”.
Arnaldo fece di no col dito indice.
“E allora come fa ad avere una tale forza ed una simile agilità?” – Gli chiese l’amico – “Tutti noi sappiamo che il Cavaliere è forte e veloce, rapido e resistente”.
“So io il perché” – Disse Arnaldo, sorridendo.
“Raccontaci cosa sai di lui” – Gli chiese Carla.
Arnaldo annuì, fissando la pioggia che lambiva i vetri del bar.
“Anche io l’ho visto una quindicina di anni fa, più o meno. Avevo appena iniziato l’asilo ma non ho mai dimenticato ciò che ho visto! A quel tempo abitavo con i miei genitori in un quartiere proprio vicino ai bassifondi nord, nei pressi di un incrocio. Abitavo all’ultimo piano di un palazzo e dal mio balcone riuscivo a vedere l’appezzamento di terra di un agricoltore, confinava proprio con un terreno abbandonato, pieno di erbacce e infestato dai topi!”.
Il rumore dei freni stridenti di un’automobile costrinse il narratore a interrompersi. I tre ragazzi lanciarono un’occhiata all’esterno del bar e videro un’auto ferma a pochi centimetri da un motorino. Due ragazzi, i padroni dei rispettivi mezzi, iniziarono a litigare sotto l’acqua.
“L’inciviltà sta divorando questa città!” – Disse Giuseppe, mandando giù un po’ di noccioline.
“Siamo noi” – Disse Carla – “Noi roviniamo questa città”.
“E’ proprio vero” – Nella voce di Arnaldo c’era una vena malinconica – “E’ per questo che ho scelto di andare al nord”.
“Sono più civili, lì?”.
Il ragazzo fissò la sua amica. Carla era così fragile e così bella in certi momenti. Quando sarebbe riuscito a farsi una posizione l’avrebbe portata via con sé, ma non era il caso di dirglielo in quel momento – “Si” – Disse invece – “Sono decisamente più civili di noi”.
“Il cavaliere, io penso che volesse difendere questa città ma se n’è andato, perché noi non lo meritiamo”.
“Non è così” – Disse Arnaldo. Quando vedeva Carla in quelle condizioni, sentiva il bisogno di aiutarla, di non farla soffrire – “Mi hanno detto di averlo visto qualche mese fa, nella città vicino alla nostra”.
“Che cosa?” – Carla scuoteva la testa, non credeva alle parole del suo amico.
“Ti dico che è così, devi credermi. È stato visto lungo un litorale, mentre si batteva contro esseri terrificanti usciti dal mare!”.
“Ma non esistono creature simili. Si vedono solo nei film!”.
Giuseppe giunse in aiuto del suo amico – “Ci sono più cose su questa terra, di quanto potremmo mai immaginarne”.
“Io credo all’esistenza dei mostri” – Disse Arnaldo, afferrandole le mani – “Perché li ho visti”.
“Tu li hai visti?”.
“Proprio così!” – Il ragazzo sorrise – “Quel giorno, quando vidi il cavaliere. Lui stava combattendo contro i mostri!”.
“Egli difende queste terre dalle forze del male” – Disse Giuseppe – “E’ antico e protegge le nostre terre”.
“Ma non è uno scimmione” – Disse Arnaldo.
“Ah, no? E allora cosa credi che sia?”.
Arnaldo fissò un punto indefinito oltre la vetrata del bar – “E’ un robot, qualcosa di artificiale. Non è un essere umano e non è nemmeno biologico”.
“Ma che stai dicendo?” – Carla sembrava inalberata.
“Ascolta!” – Le disse Arnaldo – “Secondo te, un essere vivente sarebbe in grado di lanciare il suo pugno?”.
“Lanciare il pugno?”.
“Tu sei matto, amico!”.
“Vi dico che l’ho visto! Il cavaliere ha scagliato il suo pugno ed era di metallo, ma lasciate che vi racconti tutto dall’inizio”.
“Stanno parlando del misterioso Cavaliere?”.
Andrew annuì, senza distogliere lo sguardo dal gruppo di ragazzi seduti al tavolo. Il ghiaccio del suo cocktail si era completamente sciolto.
“E’ una leggenda” – Disse la sua ragazza – “Mia madre me ne parlava quando ero piccola. Ogni città ha la sua leggenda e noi abbiamo quella del Cavaliere”.
Andrew fissò la sua ragazza negli occhi – “Non è una leggenda”.
La ragazza inarcò un sopracciglio – “Cosa vuoi dire?”.
“Il Cavaliere non è una leggenda”.
“E tu come fai a saperlo?”.
Andrew valutò attentamente la risposta, poi scosse il capo – “Lo so e basta. Il cavaliere esiste realmente ma non è una scimmia”.
“Per quanto ne so potrebbe essere anche un folletto!” – La sua ragazza alzò le mani al cielo – “E’ una leggenda, Andrew. Anche a me piacerebbe credere che ci sia un cavaliere senza macchia e senza paura, qualcuno lì fuori che aiuti la povera gente, che si batta contro la delinquenza ma sono solo storie. Mia madre me le raccontava la sera, prima che mi addormentassi”.
Andrew la fissò intensamente. Era stranamente serio e quella era una cosa insolita, dal momento che era sempre un tipo allegro, che non perdeva mai l’occasione di scherzare.
“Riesce a staccare parti del suo corpo? Non lo credevo capace di simili cose!” – Giuseppe sembrava eccitato e ordinò la quarta birra.
“Dacci un taglio!”.
Giuseppe fissò Carla – “Cosa?”.
“Stai bevendo troppo”.
“E’ solo la quarta birra e domani non devo fare niente, posso poltrire anche tutto il giorno”.
“Ma non devi studiare?” – Gli chiese la ragazza.
Giuseppe scosse il capo e sorrise – “Non si vive di solo studio. C’è un tempo per ogni cosa e domani è il tempo di poltrire”.
“Mi sembra che tu stia poltrendo da troppo tempo!” – Esclamò la ragazza – “Hai dato solo un esame da quando hai iniziato l’università!”.
“Mi rifarò quest’anno, sicuro” – Disse il ragazzo – “E poi non mi sembra che tu, signorina, abbia fatto più di me. Hai dato solo due esami!”.
“Si, ma domani ne darò un altro, il terzo!”.
“Vedrai” – Disse Giuseppe – “Faremo il conto a dicembre. Ne avrò dati più di te”.
La ragazza non fece nulla per nascondere il suo disappunto – “Vedremo… se ti muovi a questa velocità, di sicuro non ne avrai dato nemmeno uno in più!”.
“Vedrai ragazza, ti stupirò!”.
Carla sbuffò.
“Io non credo che sia così importante quanti esami diamo” – Disse Arnaldo.
“Cosa vuoi dire?” – Gli chiese Carla.
“Guardatevi intorno” – Disse lui – “Dove credete che troveremo lavoro, una volta conseguita la laurea?”.
“Qualcosa troveremo” – Disse Giuseppe.
Arnaldo scosse il capo.
“Quando bevi inizi con la tua vena malinconica” – Disse Carla – “Torniamo al discorso principale della serata, per favore?”.
Arnaldo annuì – “Il cavaliere” – Disse.
“Ci stavi dicendo che è qualcosa di artificiale” – Gli ricordò Carla.
“E’ quello che intendevo dire” – Confermò il ragazzo – “Gli ho visto lanciare il pugno destro, che si è staccato dal suo corpo e ha colpito un nemico. Gli esseri che stava affrontando erano raccapriccianti e nemmeno loro erano esseri umani, benché facessero di tutto per somigliargli!”.
“Ma cosa stai dicendo, amico?”.
Arnaldo fissò Giuseppe – “Lo so che può sembrare strano, incredibile, ma è così!”.
“E cosa erano, se non esseri umani?” – Volle sapere Carla – “Non mi dirai che erano anch’essi esseri artificiali? Robot, magari”.
Arnaldo scosse il capo – “No, quelli non erano robot. Sanguinavano ma il loro sangue aveva un colore ed un odore anomali”.
“Cosa stai cercando di dirci?”.
Arnaldo deglutì a fatica.
“Ho capito” – Disse Giuseppe – “Qui ci vuole ancora una birra. Offro io!” – Fissò Carla – “E tu, non prendi nulla?”.
“Acqua” – Disse la ragazza.
“Acqua?”.
Carla annuì – “Ti ho detto che dopo devo studiare”.
“Anche io prendo una bottiglina d’acqua” – Gli disse Arnaldo.
“Cosa?” – Era come se Giuseppe avesse ascoltato un’eresia – “Ma che stai dicendo?”.
“Bere troppa birra fa male. Tu ne hai già prese troppe, sarebbe meglio che anche tu prendessi l’acqua!”.
Giuseppe iniziò a ridere – “Ma ti ascolti, quando parli? Io berrò l’acqua quando avrò settanta anni ed un paio di ulcere gastriche ma fino ad allora, voglio gustarmi la mia birra!”.
“Se continui a bere così, dubito che tu possa arrivare ai settanta!” – Gli disse Carla.
“Tu pensa agli affari tuoi, principessa!”.
Arnaldo si accorse che il clima si era fatto improvvisamente rovente, allora decise di iniziare il suo racconto.