Il mistero della scuola Reja Cap 1
Si era mescolato alle ombre e stava studiando la scuola. Si trattava di una grossa casa, quasi un castello, e sorgeva nel bel mezzo del nulla. Dalle finestre avrebbe detto che c’erano almeno una ventina di stanze, più o meno. Se le stanze fossero state doppie, si contavano almeno quaranta studenti, almeno da quello che si vedeva dalla facciata principale.
L’osservatore si strofinò il naso e sorrise. Da quello che sapeva, si trattava di una scuola prettamente femminile, i maschi erano in numero piuttosto limitato. Se non fosse bastato il motivo principale della sua missione, quello sarebbe stato di sicuro un incentivo determinante per la decisione finale.
Si stava annoiando. Stava osservando la scuola da un po’ ma non si vedeva anima viva. Se non fosse stato per qualche luce che a tratti veniva accesa, avrebbe giurato che si trattasse solo di un rudere abbandonato. Luci che si accendevano, finestre che si illuminavano come fari nella notte. Aveva lanciato un’occhiata col binocolo ma non aveva visto nessuno, c’erano delle tendine che non permettevano di guardare all’interno delle camere.
Iniziò a immaginarsi le ragazze della scuola, gli era stato riferito che erano tutte giovani, con un’età compresa tra i venti ed i venticinque anni. Dovevano essere tutte molto graziose. In quel momento si pentì di non essere diventato un Cavaliere del Nuovo Ordine e ne aveva avuto la possibilità ma aveva rifiutato. Se fosse stato un Cavaliere, allora avrebbe potuto chiedere di essere inviato come supervisore dell’addestramento. In quel momento il cellulare vibrò, il ragazzo lo afferrò e lesse il messaggio di sua moglie. Era un uomo sposato… sospirò, rassegnato e sorrise. Non le avrebbe sfiorate nemmeno con un dito ma questo non gli avrebbe vietato di divertirsi un po’. E, se ciò che gli avevano raccontato era vero, giocare con le giovani allieve sarebbe stato l’unico svago, poiché il pericolo era in agguato.
Con la mano destra tastò il ciondolo, se lo avesse perso, il buon esito della missione sarebbe stato compromesso… o forse no. Non era l’unico che poteva contare su un aiuto extra.
Ma in quel momento sentì uno scalpiccio. Proveniva dal sentiero sotto di lui. I suoi sensi all’erta non lo avevano mai tradito, infatti, pochi attimi dopo comparve un ragazzo robusto. Era avvolto dall’ombra, poiché la luce della luna non riusciva a filtrare attraverso l’intricata rete di rami, ma era chiaro che possedeva spalle larghe ed era abbastanza alto. Sulla schiena portava quella che sembrava una grossa spada. Il ragazzo acquattato sull’albero si chiese chi potesse andarsene in giro proprio con una grossa spada come compagna. Che fosse una sentinella della scuola? Strano, non ne aveva incontrate lungo il sentiero da cui proveniva l’uomo d’armi.
Lo spadaccino si avviava verso il suo destino, sicuro di sé. Era da moltissimo che non faceva una visita al Pianeta Madre, la prima volta era stato molti anni prima, quando aveva conosciuto il suo vecchio amico. Aveva accettato quella missione proprio perché gli avevano detto che ci sarebbe stato anche lui. Gliene avrebbe dette quattro. Dopo aver combattuto contro la terribile organizzazione che voleva dominare il suo mondo, il suo amico era scomparso, senza dare più sue notizie. E lui aveva avuto il suo bel da fare, quindi non gli era stato possibile viaggiare fin lì e andare a cercarlo.
Uno strano ragazzo del suo mondo gli aveva raccontato di aver incontrato il suo amico, che per lui era una leggenda vivente, e che stava bene e godeva di ottima salute. Quella notizia, normalmente, avrebbe dovuto fargli piacere e invece gli aveva riempito il cuore di rabbia e disappunto. Era lì, sul Pianeta Madre, e stava per immergersi nuovamente in un’avventura. Gli ultimi anni li aveva passati a dare una mano ai feriti della guerra civile. Quando l’Impero era stato annientato, l’egemonia dei suoi seguaci era scemata anche nel suo mondo ed erano scoppiate delle sanguinose guerre per ristabilire l’ordine.
Strinse l’elsa della sua spada con la mano destra e ricordò quando anch’egli aveva combattuto, poi era stato ferito ed era finito in un campo lontano dalla guerra.
Quando aveva cominciato a riprendersi, aveva deciso di mettere le sue conoscenze al servizio di coloro che giungevano dal campo di battaglia, consapevole che il suo braccio era ancora troppo debole per stringere la spada in battaglia. La guerra era durata un anno esatto, fino a quando le forze alleate, composte dai Maghi, dai Maghi guerrieri e dagli spadaccini, non riuscirono ad annientare le ultime sacche di resistenza Imperiali.
Così, la guerra era finita ma almeno egli ebbe il tempo di tornare sul campo di battaglia e farla pagare a quei nemici che l’avevano quasi ucciso. Qualcuno gli disse che era stato un bene, anche se negli ultimi scontri erano periti molti spadaccini. I coraggiosi maestri di spada si erano lanciati per primi nello scontro finale, finendo in una vera e propria trappola. Qualcuno di quelli che erano sopravvissuti, gli mise una mano sulla spalla e gli disse che era stato fortunato.
Lo spadaccino fissò la luna alta nel cielo e sorrise. Finalmente aveva l’occasione di entrare nuovamente in azione e, da quello che gli avevano detto, sarebbe stato un ritorno in grande stile. Udì uno strano fruscio ed era un ragazzo troppo allenato per non capire che non era il vento tra le foglie.
“Chi va là?” – Lo spadaccino portò la destra all’elsa della spada e fissò la cima degli alberi. Sembrava voler sfidare l’oscurità con i suoi occhi. Il ragazzo nascosto tra le fronde degli alberi, benché fosse un maestro nell’arte del mimetismo, avrebbe giurato che, inspiegabilmente!, l’altro riuscisse a vederlo!
Non poteva vederlo, di questo era certo, eppure l’uomo d’armi riusciva a percepire la sua presenza. Dove lo aveva già visto? Il ragazzo si stava chiedendo dove avesse già incontrato quell’uomo. Di averlo visto in precedenza ne era certo, poiché, non appena lo aveva intravisto, era stato percorso da quella sensazione che provava, sempre, quando incontrava qualcuno di conosciuto. La sua mente, però, non riusciva a mettere a fuoco gli elementi nascosti nella sua memoria, come se si trattasse di oggetti, seppur preziosi, finiti nel fondo di un lago dalle acque profonde ed oscure. Decise di giocare ancora un po’ con lui, per vedere fino a che punto erano acuti i suoi sensi.
Aveva percepito una presenza, era stato dapprima raggiunto da un profumo diverso, poi dal fruscio insolito delle foglie ed infine dalla sensazione di essere osservato.
Era anche convinto che la presenza, di chiunque si trattasse, fosse nascosta su uno degli alberi sotto i quali camminava e, forse, era anche riuscito a capire su quale dei due fosse nascosto. La vegetazione era così fitta che, nonostante la luce della luna, non riusciva a vedere nulla, se non un manto nero di foglie; come se la sentinella (perché egli era convinto si trattasse di una sentinella, piazzata lì dai padroni della scuola) si fosse fusa con l’oscurità.
I suoi sensi erano all’erta, il braccio pronto a scattare e liberare la spada dal fodero, le gambe predisposte per gli spostamenti rapidi e gli occhi sempre vigili. Non doveva trattarsi di un nemico, altrimenti lo avrebbe certamente attaccato, ma la vita gli aveva insegnato a non abbassare mai la guardia e a ricordarglielo ci pensava sempre la cicatrice che portava sulla guancia.
“Hai deciso di stare lassù per tutto il resto della serata, o scendi e facciamo amicizia?”.
Lo spadaccino pensava che, per restare immobile sui rami di un albero, doveva trattarsi di qualcuno leggero e dotato di un fisico agile. Sapendo che si stava recando in una scuola femminile, pensò subito si trattasse di una ragazza e quel particolare gli impediva di attaccare per primo. Era una delle Leggi della spada: mai attaccare per primo una donna. L’uomo storse il naso: alcuni degli avversari più forti e insidiosi contro cui si fosse mai confrontata la sua abilità di spadaccino erano proprio donne!
Sguainò la spada – “Se non vuoi venire giù, ci penserò io a portarti da me!”.
Lo spadaccino aveva sguainato la sua arma. Una grossa arma eppure l’aveva snudata con una rapidità incredibile. Solo lo scintillio della lama, colpita per caso dalla luce della luna, che era riuscita a penetrare la fitta tela di foglie, aveva testimoniato la presenza dell’arma, altrimenti, forse, non sarebbe riuscito nemmeno a vederla!
Lo spadaccino se ne stava di sotto, le gambe leggermente piegate e la spada stretta a due mani. I suoi occhi erano puntati sull’albero ed il primo fendente aprì un grosso squarcio nel tronco robusto. Lo spadaccino aveva deciso di abbattere l’albero! Quei capelli, quella postura e, soprattutto, quell’arma erano inconfondibili! Si trattava di Sfregius, lo spadaccino dell’Asteroide!
“Ehi amico, aspetta un attimo!”.
Sfregius rimase immobile e vide l’agile figura atterrare proprio davanti a lui. Era un uomo ed indossava una divisa nera come la notte ed una maschera, anch’essa scura, celava i lineamenti del suo volto – “Finalmente ti vedo, satanasso! Dimmi chi sei!”.
“Non ti ricordi di me?”.
Sfregius studiò il suo avversario e scosse il capo – “Dovrei?”.
“Hai la memoria corta, spadaccino”.
L’espressione sul volto dell’uomo d’armi si fece seria – “Non sfidare troppo la sorte, uomo dell’ombra. Posso assicurarti che, se mi mancherai nuovamente di rispetto, ti ritroverai sbudellato prima di poter celare la tua sgradita presenza nelle tenebre che ci circondano”.
Il ragazzo non mostrò timore – “Sfregius, sono El Coguaro”.
A sentir pronunciare quel nome, lo spadaccino ricordò di aver già incontrato quel ragazzo ma era avvenuto molti anni prima – “Che mi venga un colpo!” – Depose la spada nel fodero – “Tu sei lo stesso ragazzo che aiutò me e GS contro i servi della Regina dei Mostri!”.
Il ragazzo in nero annuì – “Vedo che ti è tornata la memoria”.
“E’ da una vita che non ti vedo!”.
I due si strinsero energicamente le mani, come si faceva tra uomini veri.
“Sei la sentinella della scuola?”.
El Coguaro scosse il capo e fece un cenno nella direzione della scuola – “Stavo solo studiando la mia nuova casa, quando ti ho scorto”.
“Vuoi dire che anche tu sei stato inviato in quella scuola?”.
Il misterioso ragazzo annuì – “Scommetto che a proporci questa vacanza sia stata la stessa persona, Sfregius”.
“Quel misterioso Grande MU” – Disse Sfregius – “Sembra che il tempo per lui non passi mai, quasi lo invidio!”.
Una folata di vento li raggiunse entrambi. El Coguaro si voltò verso la scuola – “Sembra che il nostro amico rischi di mettersi nuovamente nei guai, eh?”.
“Amico?” – L’espressione di Sfregius divenne simile a quella di un demonio dell’inferno – “Lascia che gli metta le mani addosso…”.
“Cosa è successo? Ricordo che eravate ottimi alleati”.
Sfregius annuì – “Era così infatti… prima che quel satanasso si dimenticasse di me, Sfregius lo spadaccino!”.
El Coguaro aveva capito cosa infastidisse lo spadaccino e cercò di rimediare – “Da quello che so, il nostro amico è stato molto impegnato negli ultimi anni”.
Sfregius fece un cenno con la mano destra e fermò le parole dell’altro – “So anche io, me lo ha raccontato il Grande Maestro, che quel satanasso sta seguendo un addestramento speciale in un tempio della malora, che si è ripreso dal coma per miracolo, che le cose in questo nuovo tempio stanno peggiorando e si è ritrovato a combattere una guerra intestina contro gli stessi membri di – che la Luce mi bruci! – questo misterioso tempio! Ma ti sembrano dei motivi validi per dimenticarsi di un amico?”.
“Beh, lo chiederemo a lui, dato che lo incontreremo presto!”.
“Ah, questo è certo come è vero che mi chiamo Sfregius!”.
El Coguaro sorrise, sotto la maschera – “Dal momento che dobbiamo andare nella stessa direzione, avviamoci insieme”.
“Va bene” – Disse lo spadaccino – “Sarà piacevole fare due passi in compagnia”.
“Non manca molto” – Disse El Coguaro, avviandosi lungo il sentiero.
“Amici, ho ascoltato per puro caso i vostri discorsi”.
I due eroi si voltarono e scoprirono la silenziosa figura. Sembrava la sagoma di un fantasma comparso improvvisamente nella notte, come se fosse stato portato dalla folata di vento.
“E tu chi diavolo saresti?” – Sfregius era certo di non averlo mai visto ed era stupito del fatto che non aveva scorto la sua presenza.
“Mi chiamo…” – Il ragazzo li fissò entrambi – “Mi chiamo Jade e si da il caso che anche io debba raggiungere la scuola Reja”.
I due ragazzi fissarono il nuovo arrivato. Indossava una camicia, un paio di jeans, degli stivali e con sé portava solo uno zaino ed una divisa legata con una cintura. El Coguaro riconobbe un karate ji.
“Pratichi karate?”.
Jade fece spallucce – “Diciamo che per tenermi in allenamento pratico un po’ la lotta ma preferisco altri sistemi per risolvere le dispute” – Strinse il pugno destro – “Qualcosa di più risolutivo”.
Sfregius sbuffò – “E a quale arma affidi la tua vita, Jade?”.
Jade lo guardò con i suoi occhi di ghiaccio e sorrise – “Un’arma vecchia ma sempre efficace”.
“E perché non ce la mostri?”.
Jade scosse il capo – “Non c’è alcun bisogno di farlo”.
“Beh, dal momento che anche tu vai alla scuola Reja, tanto vale che ti unisca a noi”.
“Mi sembra un’ottima idea”.
I tre ragazzi si avviarono lungo il sentiero.
“Jade, giusto?”.
Il ragazzo annuì.
“Come mai vai alla scuola Reja?”.
“Cerco solo un posto in cui passare un paio di giorni e so che alla scuola offrono ospitalità”.
“Noi invece siamo attesi dalla direttrice” – Disse Sfregius. El Coguaro lo fulminò con un’occhiata ma la maschera che indossava nascondeva il suo sguardo – “Io devo testare la bravura nell’arte della spada”.
“Interessante” – Rispose Jade – “E tu?”.
“Bah, io devo insegnare qualcosa di più semplice” – Rispose El Coguaro.
“Ho sentito dire che la scuola Reja addestri guerrieri”.
“Così sembra” – Disse Sfregius, Anticipando il suo vecchio amico, che voleva rispondere in modo più elusivo. In fondo non sapevano chi fosse Jade – “Ma la scuola è occupata da allieve. Donne, capisci?”.
Jade annuì ed il suo sorriso si allargò – “Meglio, no?”.
L’espressione di Sfregius mutò nuovamente, manifestando il suo disappunto – “Stai scherzando? Addestrare delle donzelle a combattere? Sarebbe meglio insegnar loro a cucire le calze”.
“Ahahahahahahahha!” – Jade scoppiò a ridere.
“Cos’hai da ridere?”.
L’altro diede una pacca sulla spalla dello spadaccino – “La pensiamo allo stesso modo, spadaccino!”.
Sfregius rise a sua volta – “Vero? Delle donne che scendono sul campo da battaglia! Ah, solo in questo mondo si vedono queste cose!”.
Jade lo fissò incuriosito ma decise di non indagare il significato delle sue parole – “E tu cosa ne pensi?”.
El Coguardo scese dalle nuvole – “Su cosa, scusa?”.
“Ma come su cosa?” – Sfregius parve indignato – “Stavamo parlando delle donne guerriere!”.
“Ah, di quello!” – Esclamò El Coguaro stupito – “Beh, penso che in quanto a testardaggine e permalosità non le batta nessuno… quindi, con l’arma giusta nelle mani, potrebbero diventare molto pericolose”.
Jade rise di nuovo.
Ma Sfregius non aveva inteso il lato ironico del commento – “Armi? Le uniche armi che possono stare bene nelle mani di una donna sono l’ago e il filo!” – Diede uno spintone al nuovo amico – “Non la pensi anche tu così, Jade?”.
Il misterioso viaggiatore annuì – “Certo, anche se devo ammettere che in quanto a determinazione nessuno può battere una donna infuriata!”.
Sfregius gli rivolse un’occhiata torva, poi evidentemente capì il senso delle sue parole e sorrise – “Adesso ho capito: stai scherzando!”.
“Certo che si” – Rispose Jade, che poi fissò El Coguaro, il quale fece spallucce.
“Eccoci giunti alle porte della Scuola Reja” – Disse El Coguaro. Di fronte ai tre avventurieri sorgeva la scuola ed il suo perimetro era delimitato da spesse mura e da un cancello d’argento.
El Coguaro suonò al campanello e la risposta non si fece attendere – “Chi è?”.
“Siamo lo spadaccino e l’esperto di tecniche di evitamento” – Disse il ragazzo in nero.
“Vi stavamo aspettando” – Disse la donna dall’altro lato – “Vi faccio entrare”.
Il cancello si aprì. I primi ad attraversarlo furono El Coguaro e Jade, mentre Sfregius esitava.
“Che hai?” – Gli chiese il ragazzo mascherato.
“Vi rendete conto?” – Domandò Sfregius, come se la cosa fosse ovvia – “Una scuola di giovani donne lasciata completamente priva di sentinelle. Basterebbero un paio di abili predoni, per assalirla!”.
“Forse non sono così indifese come pensi, amico!” – El Coguaro gli fece cenno di seguirlo.
I tre avventurieri camminarono attraverso la stradina circondata da aiuole e raggiunsero il portone principale della scuola. Quando la pesante porta si spalancò, una giovane donna li accolse.
Aveva i capelli mori raccolti dietro, un fisico minuto e due occhi di fuoco. Li squadrò da capo a piedi ed assunse un’aria contrariata – “Aspettavamo due uomini. Io ne vedo tre”.
Jade fece un passo avanti, lasciando che la luce del portico lo illuminasse – “Il mio nome è Jade. Sono un viaggiatore ed ho bisogno di un posto in cui fermarmi qualche giorno” – Fece un cenno del capo in direzione dei due nuovi amici – “Ci siamo incontrati lungo il sentiero che conduce a questa scuola, abbiamo scoperto che andavamo tutti nella stessa direzione, e abbiamo deciso di proseguire insieme”.
“Lo spiegherai a Monica, la nostra direttrice” – Disse la ragazza in tono sprezzante. E, senza dire una parola, li precedette.
I tre ragazzi si fissarono e decisero di entrare.