Il peso delle proprie azioni

16.08.2014 22:06

I pugni stretti, come se volesse trattenere la rabbia e invece voleva mandarla via. Voleva mandare via la rabbia ma era consapevole che non ci sarebbe riuscito, perché in momenti come quello la rabbia diventava simile alla fiamma di un incendio, un fuoco che divampava nella sua anima, un animale infuriato difficile da domare.

 

I miliziani continuavano a parlare. Non l’avevano visto. GS se ne stava immobile e in silenzio in quell’angolo, a pochi passi dalla finestra del bar.

Gli uomini d’armi del Tempio della Mente sparavano sentenze, esprimevano giudizi e facevano scommesse. Il Cavaliere del Nuovo Ordine quasi se li immaginò, mentre bevevano le loro birre fredde e ridevano. I loro discorsi erano incentrati sui Cavalieri del Tempio della Mente, elogiavano l’intervento repentino dei membri dell’elite e disprezzavano l’operato di un altro membro dell’ordine.

“La prima ad accorgersi che qualcosa non andava è stata Robelle” – Diceva un soldato – “Di lei si è sempre detto che possiede un intuito superiore a quello di qualsiasi altro uomo o donna in questo posto”.

Un’altra voce, rude e alterata dall’alcol, intervenne – “Vorrei vedere! Robelle si addestra in questo tempio da moltissimi anni”.

“C’è chi dice che sia la più anziana tra i Cavalieri di questo posto” – Disse il primo soldato.

Poi una terza voce introdusse un terzo personaggio, come un attore cui viene detto di prendere parte allo spettacolo – “Ma è stata la sua amica ad agire” – Rumore di masticazione – “Non Robelle”.

Risate. I due uomini stavano ridendo.

“Robelle ha già dato in questo posto”.

“Infatti!” – Esclamò uno dei due soldati che avevano iniziato la conversazione – “Adesso i lavori di bassa manovalanza toccano ai novizi!”.

Il terzo interprete di quello squallido spettacolo prese nuovamente parola – “Novizio? Stai dando della novizia a…”.

Il primo soldato di cui aveva sentito la voce interruppe il suo amico – “E’ una novizia, ok? Si sa bene che il gruppo di Robelle comprende due novizie…”.

“Ma è un membro dell’elite!”- Si lamentò la terza voce – “E’ da considerarsi un Cavaliere esperto”.

“Esperto rispetto gli altri Cavalieri della Torre ma non rispetto a Robelle!”.

 

Assurdo!

Quella conversazione stava assumendo dei toni surreali, tanto che GS si chiese se non stesse sognando. Alzò lo sguardo al sole. Gli era sembrato che il sole fosse alto nel cielo. Cos’erano quelle nubi? Da dove erano spuntate? L’estate non doveva essere così… un vento freddo iniziò a soffiare.

GS si diceva che quella scena non era reale, poi ricordò che tutta quell’estate era strana, fredda, quasi invernale. Allora capì che non stava sognando, né si stava immaginando nulla. Era tutto vero. Talvolta, la follia dell’uomo può superare anche la più fervida immaginazione.

Col cuore che batteva all’impazzata, le narici dilatate, le tempie che pulsavano e la rabbia che ululava come un lupo famelico, un animale feroce che lottava per uscire allo scoperto e annientare in un sol colpo i pusillanimi, GS se ne stava lì ad ascoltare.

 

“… Lei ad intervenire”.

Mandarono tutti giù un sorso di birra, poi uno dei tre – GS non avrebbe saputo dire chi fosse, ormai  non gli importava – riprese a parlare – “Già, ha posizionato rapidamente un agocanula, iniziando velocemente a infondere liquidi”.

“Quella poverina aveva la pressione bassa”.

Il terzo soldato – un povero imbecille – aggiunse la sua – “Ho sentito che se la pressione si abbassa troppo, si rischia lo shock!”.

E subito gli altri due gli diedero manforte – “Proprio così! Ma il membro dell’elite lo ha prontamente evitato”.

“Mentre quell’imbecille se ne stava con le mani in mano!” – Aggiunse un altro soldato.

“Secondo me se la stava facendo addosso dalla paura!”.

Di nuovo risate.

E in lui scattò come un campanello. La tentazione di entrare nel bar e dare una lezione alle sentinelle era sempre più forte. E la mano scese istintivamente fino a toccare il Maglio di Boron, legato alla cintura. GS scosse il capo: non gli serviva il Maglio per dare una lezione a quelle lingue lunghe.

Inconsapevoli che qualcuno li stesse ascoltando, nutrendo un forte spirito di rivalsa, i soldati continuarono a parlare.

 “E’ stato davvero fortunato a trovarsi in turno con l’elite”.

“Proprio così. Immagina cosa sarebbe successo se non ci fossero state le tre donne dell’elite…”.

Si udì il classico rumore di chi stava ingollando litri di birra.

“I membri dell’elite sono eccezionali!”.

“Proprio così! Non solo posseggono delle capacità fuori dal comune, qualità che li rendono sovrumani, ma sono anche degli ottimi sanitari!”.

 

Il discorso proseguì a lungo in quella direzione. I soldati elogiavano le qualità dell’elite del Tempio della Mente – qualità? Ma quali? – GS non riusciva proprio a capirlo.

Quando, finalmente, il lungo discorso finì, i tre soldati uscirono dalla locanda. Stavano ancora ridendo. Quando voltarono l’angolo e si trovarono faccia a faccia con GS, i loro volti impallidirono. Era chiaro che il Cavaliere del Nuovo Ordine – il cui unico compito all’interno del Tempio era quello di prestare assistenza nel nosocomio ai pazienti con disturbi psichiatrici – avesse udito i loro discorsi. Nonostante avessero bevuto molto, i tre uomini si accorsero di avere la gola secca.

Le loro risa si erano spente, come un temporale estivo la cui pioggia si interrompe così all’improvviso. I tre uomini rimasero immobili, gli occhi fissi su GS.

Fu allora che il Cavaliere del Nuovo Ordine alzò lo sguardo. I suoi occhi non riuscivano a nascondere la furia che si portava dentro e che, solo a stento, riusciva a tenere ferma con catene i cui anelli si stavano ormai per spezzare.

Uno dei tre stava per dire qualcosa ma GS non aveva intenzione di sentire una parola di più. Se avesse dato al soldato il tempo di parlare, molto probabilmente lo avrebbe attaccato.

“Andate via” – Cercò di fingere calma ma la sua voce tradiva la tempesta che gli si agitava dentro.

I soldati esitarono ancora un attimo.

“Ho detto: andate via!”.

Gli uomini d’armi non indugiarono oltre. Uno di loro fece scivolare la mano fino al manganello ma un’occhiata del suo superiore bastò a farlo desistere. Il più anziano dei soldati non disse nulla ma nei suoi occhi si leggeva la storia del ragazzo che avevano di fronte. Quel Cavaliere del Nuovo Ordine aveva avuto il coraggio, assieme a due soli valorosi, di opporsi al regime dittatoriale del Tempio della Mente. Non era un tipo da sottovalutare, anche quando non indossava la corazza. Il soldato allontanò la mano dal manganello, deglutì, e andò via assieme agli altri.

 

Quando i tre soldati si furono allontanati abbastanza, il respiro di GS si fece più regolare. Ma i discorsi all’interno della locanda non erano finiti. Questa volta il cavaliere conosceva le due voci. Una era quella del locandiere, mentre l’altra era quella di una donna a lui molto cara.

“Io non capisco perché tutta questa cattiveria” – Stava dicendo la donna.

“Potevano anche evitare di spargere la voce”.

“Che senso ha venire qui e gridare come ossesse?”.

“Forse si sentono realizzate, così”.

GS scosse il capo. Avrebbe voluto dire al barista che non era così, che lui sapeva la verità ma preferì restare nell’ombra e ascoltare.

“Già è stato terribile il modo in cui si sono comportate quando è avvenuto l’incidente, ma andare a dirlo anche in giro è stata una grossa infamia”.

“Non è la prima volta che quelle donne vengono qui a gridare i loro giudizi contro gli altri”.

Le parole dell’oste furono come una chiave che aprì un recesso della sua memoria. GS rivisse la terribile esperienza di appena un anno prima, quando delle guardie impazzite lo sequestrarono con l’intento di ucciderlo, giustiziarlo, solo perché aveva detto delle cose – scherzando! – su uno dei membri dell’elite. No, non era la prima volta che quelle donne – quelle stesse donne! – sparavano sentenze su qualcuno. La belva riprese a tirare la catene e per un attimo GS ebbe l’impulso di lasciarle vincere quella battaglia silenziosa. Quelle donne avevano bisogno di una lezione, che fosse una e definitiva. Ma un attimo dopo GS udì qualcosa che lo distrasse da quei cupi pensieri!

Non credette alle sue orecchie quando la santa donna disse che il Maestro Fhin si era opposto ai discorsi degli altri membri dell’elite. Se quelle parole non fossero uscite dalla bocca di quella donna, il cavaliere non ci avrebbe creduto o avrebbe pensato di aver malinteso il discorso. Quindi, secondo quello che stavano dicendo nella locanda, c’era stato quasi uno scontro tra i membri dell’elite. Un sorriso increspò le labbra del cavaliere ma era privo di gioia, nascondeva solo l’amaro che il ragazzo provava in quel momento. Gente che per anni aveva vissuto solo di pettegolezzi e giudizi sugli altri, adesso si scontrava l’una contro l’altra. Era assurdo!

Il cavaliere decise di aver sentito abbastanza. Ormai la questione era ben chiara: qualcuno si era sentito male al nosocomio mentre Costantine, che lavorava spesso con lui, svolgeva il servizio assieme ai membri dell’elite. GS, il cuore colmo di rabbia e di curiosità, decise di andare al nosocomio, benché fosse il suo giorno libero, e leggere la cartella del paziente.

 

GS pensò che forse le guardie si erano passate la voce, poiché tutti i miliziani che incrociò durante il tragitto lo evitavano. In realtà i suoi occhi dicevano quello che la bocca taceva.

Quando il cavaliere giunse nel nosocomio, il reparto pieno, i pazienti agitati, i suoi colleghi impegnati a sedare una lite; si diresse immediatamente verso la camera in cui tenevano le cartelle cliniche dei degenti.

Entrò nell’angusta stanza, le tapparelle abbassate, il puzzo di fumo che impregnava l’aria. Fissò il mobile in cui erano tenute le documentazioni sanitarie dei pazienti e si bloccò. Chi era il paziente o la paziente che si era sentita male? In quel momento GS si rese conto che in tutti i discorsi che aveva udito, il nome dell’assistito non era mai stato fatto. Sospirò e si voltò verso la porta. Se voleva sapere chi fosse il paziente che si era sentito male, doveva chiedere a qualche suo collega. Ma a chi?

GS uscì nuovamente nel corridoio: grida, urla, sanitari raccolti intorno ad un gruppo di pazienti ed un suo collega che tendeva un bicchierino monouso verso un uomo che si teneva appoggiato al muro. I medici cercavano di parlare col paziente, invitandolo ad accettare la terapia.

I sanitari che erano in servizio in quel momento non potevano essergli d’aiuto, poiché si trattava di gente che non parlava. Il cavaliere stava quasi per imprecare contro la cattiva sorte, quando spuntò Elisa.

La donna, caschetto biondo, occhi chiari e divisa sempre aperta, lo salutò con un sorriso e lo invitò a seguirla in cucina. GS sorrise e andò dietro di lei.

Elisa gli offrì il caffè – “E’ stato appena fatto” – Gli disse.

GS ringraziò, afferrò una bustina di zucchero, fingendo interesse per la scura bevanda. Poi iniziò il discorso, gettando l’amo – “Ma dov’è finito Costantine? Sono giorni che non lo vedo!”.

E il pesce abboccò!

“Ma non sai cosa è successo?” – Gli disse la donna.

Lui scosse il capo, facendo finta di niente.

Elisa era una cara ragazza – un po’ troppo attaccata al cibo! – in fondo ma aveva il vizio di fare gossip. Non che quella pratica fosse cosa inusuale all’interno del Tempio della Mente.

Era bastato pronunciare il nome del povero condannato, che Elisa gli raccontò tutta la storia. GS finse interesse, anche se l’aveva già sentita, e fu anche paziente. Lasciò che Elisa terminasse il suo racconto, poi le chiese il nome del paziente. Quando udì il nome della ragazza, GS rimase a bocca aperta!

 

Tornò nella stanza in cui tenevano le cartelle cliniche. Questa volta sapeva quale doveva prendere. Nel corridoio era tornata la calma: i suoi colleghi erano andati via, i pazienti giravano senza meta.

Il cavaliere si chiuse la porta della stanza alle spalle e rovistò nell’archivio della lettera corrispondente all’iniziale del cognome della ragazza. Non gli fu difficile trovarla.

 

Conosceva quella ragazza e risultava ancora ricoverata all’interno del nosocomio. Sfogliando il diario clinico, il ragazzo trovò il giorno in cui si era verificato l’evento tanto discusso nella locanda. Il medico di turno aveva scritto che la paziente aveva manifestato una crisi a seguito della somministrazione della terapia. Di seguito erano stati riportati gli interventi eseguiti, ma bastarono le prime righe affinché una lampadina si accendesse nella sua mente.

L’evento era stato ricondotto alla somministrazione della terapia ma nel diario clinico mancavano le informazioni relative al tipo di terapia, alla via di somministrazione e, soprattutto, dopo quanto tempo la paziente aveva manifestato i segni e i sintomi di una crisi. In diario erano stati riportati anche i parametri vitali della paziente e se proprio si voleva parlare di ipotensione, quella della paziente era solo lieve ma, per quanto ricordava lui, quei valori erano gli stessi che la paziente aveva anche quando stava bene. Il ragazzo scosse il capo e rimise a posto la cartella. In quel momento qualcuno entrò nella stanza.

 

Walterion si accese la sigaretta e lo fissò – “Fai notte?”.

GS scosse il capo – “Dovevo solo riportare un dato in una cartella clinica. Ho dimenticato di farlo” – Mentì GS.

“Potevi farlo tranquillamente quando rientravi in servizio” – Walterion soffiò via il fumo. Era un uomo alto nei cui occhi era possibile leggere una lunga storia, fatta di lavoro duro e chissà quali imprese. GS aveva sempre pensato che nel profondo del suo collega ci fosse qualcosa di oscuro, un nucleo nero sul quale non era appropriato indagare.

“Volevo riportare i dati prima che la cartella venisse portata via” – Disse il Cavaliere del Nuovo Ordine, che poi ricordò che non era facile mentire al Cavaliere del Tempio che aveva di fronte.

“Sai come sono qui: se trovano qualcosa di omesso, ne fanno un affare di stato nazionale!” – Sperò che l’aggiunta servisse a convincere Walterion che fosse lì per motivi di lavoro – “Ora che ci penso, l’altro giorno mi sono dimenticato di dire una cosa ad una paziente”.

GS chiese a Walterion se la ragazza fosse ancora ricoverata e lui annuì.

“Allora vado a parlarle, poi devo proprio scappare”.

GS si chiuse la porta alle spalle, lasciando Walterion che stava finendo di fumare la sua sigaretta. Gli occhi dell’uomo lo seguirono fino a che la porta non si chiuse. GS lo sapeva ma volle evitare di incrociarli.

 

Nell’uscire in corridoio, GS intravide una chioma bionda, poi udì la porta dell’infermeria che sbatteva. Non aveva dubbi: doveva trattarsi di Anghela. Era l’unica a muoversi con tanta rapidità. Il cavaliere fece spallucce e si avviò verso la camera della paziente, quando un degente gli piombò addosso!

Si trattava di un paziente piuttosto noto, non aggressivo ma affetto da una forte psicosi. Era convinto che il padre ce l’avesse con lui e fosse l’artefice di tutti i suoi ricoveri. A volte, nelle fasi di forte scompenso, il paziente delirava e diceva che il padre era in camera con lui. Quella volta, invece, gli chiese dei soldi per un caffè. GS si infuriò, poiché il ragazzo era praticamente ricco e aveva con sé un mucchio di soldi, ma poi ricordò che si trattava di un paziente psichiatrico e – presi cinquanta centesimi dal portafogli – glieli porse.

Il paziente li fissò e gli chiese di dargli ancora qualcosa – “Ne prendo anche un altro dopo, dai, per favore!”.

Quelle parole furono la classica goccia che fa traboccare il vaso. GS perse le staffe ed inveì contro il paziente, mandandolo al diavolo. Il ragazzo si allontanò, tendendo le braccia in avanti come se volesse proteggersi; come se le parole di GS potessero fargli in qualche modo male.

GS sbuffò e si diresse verso la camera di degenza della paziente con cui voleva parlare. In quel momento Anghela aprì la porta dell’infermeria, chiedendo a gran voce cosa fosse quel baccano. Quando vide lui, gli rivolse un’occhiata stranita – “Ma tu mica sei in turno, oggi?”.

GS scosse il capo – “Sono qui per…” – Rimase un attimo indeciso su cosa dire, poi aggiunse frettolosamente – “Per salutare una paziente”.

Si affacciò anche l’altra ragazza che svolgeva il suo servizio nella squadra di Anghela e Waltrion ma non disse nulla. Anghela fece uno strano cenno con la testa – come a dire che lui aveva perso del tutto il senno – e si chiuse la porta alle spalle.

GS, imprecando sottovoce contro gli impiccioni, si diresse verso la stanza della paziente, sperando che nessun altro impedimento si mettesse sulla sua strada. Stava per entrane in camera, quando vide che ne usciva uno dei medici della struttura. Il dottore, uno dei più anziani in servizio presso il nosocomio del Tempio della Mente, lo salutò calorosamente – “GS, come mai da queste parti?”. Assieme al medico c’era una studentessa che lo accompagnava ormai da anni nella sua attività d specialista.

GS ricambiò il sorriso – “Dottore, devo parlare con la paziente in questa camera”.

Il medico capì immediatamente perché GS avesse quel bisogno. Il suo sguardo si fece serio, contrariamente alla sua indole, che vedeva il medico uno dei più giocherelloni del nosocomio. Lo specialista non disse nulla ma diede una pacca sulla spalla del cavaliere – “E’ tutto a posto” – Gli disse, poi – prima di andare via – gli si avvicinò e gli sussurrò qualcosa all’orecchio.

“So bene che il mio collega può sembrare sgodevole… ma è uno che il suo lavoro lo sa fare” – Dette quelle parole, GS entrò dalla paziente.

 

La ragazza, sulla quarantina ma che appariva più giovane rispetto la sua età anagrafica, era distesa a letto, intenta a leggere un libro. Quando vide il cavaliere, lo salutò con un radioso sorriso – “Ehi, che ci fa qui?”.