La Rabbia del Gigante
Quando il treno arrivò alla stazione, GS era già alla porta e scese di fretta. Erano mesi che non vedeva casa e aveva voglia di riabbracciare i suoi genitori, suo fratello e di potersi riposare nel suo letto, dopo aver mangiato del buon cibo preparato dai suoi.
La stazione era deserta, come tutti i giorni a quell’ora. Dal treno erano scese altre persone, una decina in tutto, e si apprestavano a scendere le scale che portavano alla strada. Prima di seguire il loro esempio, GS si fermò per un attimo, per ammirare i palazzi che si vedevano al di là della ringhiera rossa. Alle spalle delle costruzioni c’era il monte che, come un antico sovrano, sorvegliava quello ed altri paesi: uno dei vulcani più pericolosi al mondo – così lo descrivevano alcuni autorevoli scienziati.
Il cavaliere, scrigno sulle spalle, si avviò verso casa. Con sé aveva portato solo un piccolo trolley da viaggio, con poca roba. A casa aveva tutto quello di cui aveva bisogno.
Scese le scale di pietra che si trovavavano sotto il ponte della ferrovia. Seguendo la strada si arrivava presto ad un vicoletto sulla destra. In realtà si poteva procedere anche dritto, arrivando alla strada principale, per poi voltare verso sinistra e andare a casa, ma GS decise di seguire la stradina laterale, come faceva ormai la maggior parte delle volte che tornava a casa.
La via che scelse di percorrere proseguiva per pochi metri, poi arrivava ai bassifondi nord, lì dove sorgeva il vecchio rudere che per la prima volta gli aveva aperto le porte per il Mondo sull’asteroide. Passò per la strada che scorreva in mezzo, proprio tra il vecchio rudere ed i palazzi dei bassifondi. Lanciando un rapido sguardo alla costruzione ormai abbandonata, il ragazzo ricordò quante volte vi si era recato. Quando stava varcando quella delicata soglia di transizione, che lo avrebbe portato al mondo adulto, GS passava molto tempo in quel luogo. Erano passati ormai venti anni da quei giorni in cui si riuniva in quel posto assieme ai suoi amici. A quel tempo le erbacce non erano così alte. Il quartiere non era così popolato, poiché i palazzi erano ancora in fase di costruzione: spogli scheletri di pietra e cemento la cui vita era limitata dal perimetro che segnava il cantiere. A quei tempi quello era il piccolo dominio di un gruppo di cani randagi. GS non amava molto i cani, anche se adorava gli animali. Fu Pascal a coinvolgerlo in quell’avventura e da allora anche il cavaliere si prese cura dei cuccioli, assieme a decine di altri ragazzini.
Era il tempo in cui aveva sostenuto la prima parte dell’addestramento col Grande Maestro. Erano i giorni in cui, tornato dal suo addestramento, pronto a combattere contro la setta che voleva prendere il dominio della città, aveva scoperto che la YHW era stata fermata. I suoi amici – Giumpe, Pascal e gli altri – avevano ripreso a frequentare le strade senza il timore di imbattersi nelle ronde della setta e finire in qualche guaio. In quei giorni conobbe decine di altri ragazzini con cui strinse amicizia. Si trattava per lo più di amici di Pascal. Tutti i ragazzini si dedicavano ai cani, portando loro da mangiare e passando del tempo insieme. I cani, da parte loro, si erano affezionati così tanto ai ragazzi che avevano preso a seguirli per la città.
Il rudere non era solo la casa dei cani randagi ma anche un luogo ricco di spunti per le avventure di un piccolo gruppo di ragazzini curiosi. GS ed i suoi amici passavano così del tempo a giocare a “nascondino”, oppure semplicemente a parlare del più e del meno, sognando un futuro ricco di avventure, seduti sulla cupola di quello che ai loro giovani occhi appariva come un antico maniero.
Prima di svoltare a sinistra ed imboccare un'altra piccola stradina, che lo avrebbe poi condotto a poco da casa sua, GS si voltò un’ultima volta verso il rudere. Fissò la porta di pietra con cui avevano tentato di murarne l’ingresso. Nemmeno quella era riuscita a tenerne lontani quelli che avevano deciso di sfruttare quella costruzione per i propri interessi (non solo i ragazzini che ci andavano a giocare ma anche quelli che lo usavano come rifugio in cui nascondersi per trovare riparo o per abbandonarsi senza ritegno alle pericolose sostanze che si iniettavano). Molte finestre erano ancora aperte e al primo piano c’era ancora quella balconata con la ringhiera in metallo ormai consumata e arrugginita. Quando era un ragazzino, assieme ai suoi compagni di ventura, GS aveva esplorato ogni meandro di quella costruzione. Avevano sfondato mura, si erano arrampicati e si erano persino insediati nei sotterranei sfruttando una vecchia scala di legno e delle corde. GS sorrise, salutò il vecchio rudere con un cenno del capo, e si intrufolò nella stradina.
Al suo ingresso in casa sua madre lo accolse con un forte abbraccio. GS sorrise, scherzò con sua madre, poi lasciò il bagaglio e posò lo scrigno nella sua camera, che si trovava proprio di fronte la porta d’ingresso. Fatto ciò, si diresse immediatamente nella cucina, dove trovò suo padre. L’uomo stava guardando il telegiornale regionale. Indossava il cappello azzurro al quale era così affezionato. Si voltò verso il figlio e gli rivolse un sorriso sincero. Fu così contagioso che anche GS sorrise immediatamente. Quando sorrideva, suo padre somigliava ad un bambino.
GS si fece la doccia e si distese un po’ sul letto ad ascoltare della musica. Non aveva un genere preferito, spesso ascoltava quello che passavano nelle stazioni radio. La musica era un mezzo per rilassarsi e per lasciare libera la mente. Pensando quel particolare, il cavaliere dovette ammettere con se stesso che prediligeva un po’ l’heavy metal e forse anche il rock ma smise di pensare e lasciò libera la mente di vagare.
Si ritrovò in un giardino. Fiori profumati ed erba lo rilassavano. Era un luogo in cui si rifugiava in passato, quando aveva voglia di rilassarsi. Anche in quelle occasioni c’era sempre qualche canzone in sottofondo. La musica lo aiutava tantissimo in quella pratica, iniziata quando era poco più che un bambino.
Riscoprì il lago, le sue acque limpide, senza increspature. Si abbassò ed immerse la mano destra nell’acqua. Successivamente si mise in ginocchio e raccolse quell’acqua con le mani a coppa, per poi portarsene un sorso alla bocca. Si asciugò le labbra e si rialzò. Sarebbe andato in cerca di qualche amico animale ma proprio in quel momento iniziò a tremare tutto!
GS si guardò intorno e scoprì che alcuni animali erano usciti dal bosco lì vicino e lo fissavano. Nessuno di essi sembrava spaventato per quello che stava succedendo. Il ragazzo non riusciva ad alzarsi ed anzi si mise a quattro zampe, sperando che la terra smettesse di scuotersi. Per sua fortuna il terremoto finì.
Con le gambe ancora tremanti, il ragazzo si mise in piedi e scorse una volpe che lo fissava intensamente. Incapacitato a fare altro, GS restò lì, a fissare l’animale. Poco dopo fu proprio questo ad avanzare verso di lui.
Era una piccola volpe dal manto rossastro. I suoi occhi erano puntati sul cavaliere e sembrava molto sicura di sé. Le volpi erano animali notturni, ma era noto agli abitanti dei paesi lì intorno, che erano anche molto facili da avvistare.
Quando lo raggiunse, la volpe si mise seduta, senza smettere per un solo istante di fissarlo.
“Cosa succede?” – GS rivolse quella domanda, istintivamente.
“Vi state comportando male”.
GS rimase senza parole. Era la volpe a parlargli? O quella voce nella sua mente stava semplicemente a significare che stava impazzendo?
“Tu e tutti gli altri uomini che vivono alle mie pendici”.
“Chi sei?”.
“Io sono il gigante”.
Allora GS si guardò intorno ma non scorse nessun gigante.
“Io non ti vedo”.
“Ci siamo visti molte volte” – Disse la voce.
“Cosa vuoi da me?”.
“Da te nulla. Voglio che voi uomini vi rendiate conto di ciò che state facendo. Ogni giorno mi insudiciate con le vostre scorie, prodotti nocivi creati dalle vostre industrie. Nessuno più mi rispetta e questo è un affronto che potreste pagare caro”.
GS scosse il capo: non riusciva a capire.
“Cosa c’è, uomo?”.
“Non riesco a capire chi tu sia e a cosa ti stia riferendo”.
“Siete gli esseri più progrediti di questo mondo, eppure la vostra stoltezza va di pari passo al vostro intelletto”.
La volpe si voltò verso gli altri animali: ghiri, topi e lepri. C’erano anche donnole, faine e cani. GS seguì lo sguardo della volpe e fissò tutti quegli animali.
“Persino loro, che non posseggono un intelletto od una mente come la vostro, sanno riconoscere la mia potenza e mi rispettano” – Riprese a dire la voce – “Che voi uomini vi sentiate così superiori da non temermi più?”.
“Vuoi decidere a dirmi chi diavolo sei? Mostrati chiaramente, in modo che possa vederti!”.
Ma l’essere lo ignorò e continuò a parlare – “Credevo che aveste imparato qualcosa dalla mia collera, quella che in passato ha distrutto i vostri simili”.
“In che modo la tua collera avrebbe distrutto gli uomini?”.
“Non hai studiato la storia?”.
GS non rispose.
“Gli animali non raccolgono le cronache del passato su carta, eppure capiscono il pericolo con l’istinto. Voi uomini siete troppo diversi da loro ormai, seppur rimanete simili in molti aspetti. Gli animali rispettano la mia potenza mentre voi la scimmiottate. Ogni giorno mi studiate con le vostre macchine ed i vostri strumenti così tecnologicamente avanzati e credete di poter comprendere tutto di me… ma in realtà non capite nulla!”.
Uno stormo di uccelli volò alto nel cielo e tutti gli animali scapparono verso il bosco. GS seguì le loro mosse e si accorse che solo i cani restarono al loro posto, mentre tutti gli altri animali erano già scomparsi. Le parole della strana entità invisibile ripresero, riassorbendo l’attenzione del cavaliere.
“E’ da tempo che osservo le vostre mosse, i vostri comportamenti. Da quando mi sono svegliato l’ultima volta”.
“Dimmi chi sei?”.
“La tua domanda non è attinente. Dovresti conoscermi molto bene”.
GS si guardò intorno ma scosse il capo. Fissò la volpe negli occhi ma ormai gli era chiaro che non poteva essere lei a parlargli, almeno non direttamente. L’animale doveva essere solo il tramite attraverso il quale parlava qualcuno o qualcosa che si trovava distante.
“Dimmi almeno dove sei!”.
“Sono molto vicino a te, ragazzo”.
Ancora una volta gli occhi del cavaliere andarono in tutte le direzioni, alla ricerca di qualcuno o qualcosa che non riusciva ad identificare. Fissò la volpe, la quale si voltò verso gli alberi. Il suo sguardo sembrava andare ben oltre la fitta vegetazione. Fu allora che GS vide l’enorme montagna che sovrastava tutto…
“…Beato te! Oggi è stata proprio una brutta giornata”.
GS riaprì gli occhi, ancora leggermente stordito. Vide la sua camera e incontrò lo sguardo di suo fratello maggiore.
“Giuseppe, cosa succede?”.
“Succede che sono rientrato dal lavoro e ti ho trovato qui a dormire beato”.
“Sono smontato da notte” – Disse GS, strofinandosi gli occhi. Aveva abbassato gli scuri ma il fratello aveva acceso la luce – “Una notte terribile”.
“Adesso mi faccio la doccia, poi mangiamo qualcosa insieme” – Gli disse il fratello.
GS annuì, si alzò dal letto e alzò gli scuri. Venne spenta la luce della camera e Giuseppe andò verso il bagno. GS tornò a stendersi a letto, strofinandosi nuovamente gli occhi. La musica della radio continuava ed era una dolce compagnia. Il ragazzo non poté fare a meno di ripensare allo strano sogno che aveva appena fatto. Il ricordo gli trasmise una brutta sensazione. Il ragazzo scosse il capo e si disse che non c’era motivo di preoccuparsi: si era trattato solo di un incubo. Un bagliore improvviso lo colse di sorpresa ed i battiti del suo cuore accelerarono! Fissando il punto da cui era giunto il bagliore, GS vide la Corona dell’Ariete. Era stata la gemma incastonata al centro a lampeggiare, colpita certamente da un raggio di sole. Non ricordava di averla posata sul comodino ma poi vide lo zaino aperto accanto al letto. Sicuramente l’aveva tirata fuori e l’aveva messa lì.
Improvvisamente sentì il richiamo di sua madre – “GS, tuo fratello è uscito dalla doccia, vieni che si mangia” – Il cavaliere si mise in piedi e si diresse in cucina, superando l’ingresso e passando per il salotto. Quando passò accanto alla stanza di suo padre fu raggiunto dal suo russare e sorrise: suo padre non aveva perso l’abitudine del sonnellino pomeridiano.
I buoni odori di casa lo accolsero. La madre aveva cucinato il brodo di carne, quindi sicuramente per secondo avrebbe trovato carne e patate fritte. Vide suo fratello Giuseppe aprire la porta del frigo e tirare fuori le bevande: del buon vino e dell’acqua frizzante – “Questo vino me lo ha dato un carissimo amico. Lo produce dal suo vigneto, proprio quello che si trova sul vulcano che sovrasta la nostra città”.
Giuseppe poggiò le bottiglie sul tavolo, mentre sua madre vi portava la pentola col brodo fumante. La donna si voltò verso il più giovane dei suoi figli e, con un largo sorriso, gli disse – “Ho usato la pasta che preferisci tu!”.
GS si sedette a tavola e afferrò il mestolo, col quale si versò la prima porzione nel piatto, poi cedette il tutto al fratello maggiore, mentre afferrava il formaggio per grattugiarne un po’. Assaggiò la pietanza e riscoprì i sapori di casa. Iniziò a mangiare avidamente, passando subito ad una seconda porzione, non prima di aver mandato giù un bicchiere dell’ottimo vino. Non era un intenditore, quindi se suo fratello gli diceva che quel vino era buono, ci credeva sulla parola ma si trattava di un vino troppo corposo. GS preferiva il vino frizzante e poco gli importava se era buono o no.
“Non è di tuo gradimento, fratello?”.
“E’ ottimo” – Disse GS – “Ma io preferisco il vino frizzante, lo sai”.
“Questo è vino!” – Esclamò il fratello.
GS annuì e riprese a mangiare.
Anche Giuseppe mangiò una seconda scodella di brodo, dopodiché si alzò per prendere la padella con lo spezzatino e le patate fritte. Versò una porzione di secondo nel piatto del fratello, poi pensò per sé. Entrambi ripresero a mangiare. La madre, indaffarata con le faccende domestiche, di tanto in tanto si fermava a guardare i suoi figli, provando una gioia immensa nel rivedere i due fratelli nuovamente insieme. Eppure, allo stesso tempo, nonostante fosse contenta, la donna provava un profondo dolore per il suo terzo figlio: il primogenito. Erano ormai un paio di anni che aveva litigato con gli altri due fratelli e da allora tra loro non correva buon sangue. In cuor suo l’anziana madre sperava che un giorno i tre fratelli sarebbero tornati uniti. La donna aveva fiducia ed era paziente: avrebbe atteso il momento opportuno per agire e far riconciliare i fratelli.
“Come vanno le cose sul lavoro?” – Si informò Giuseppe.
GS fece spallucce – “Come al solito”.
Giuseppe mandò giù un altro sorso di vino e annuì – “Adesso sei a casa. Goditi il meritato riposo”.
“E’ quello che intendo fare” – Disse GS – “Anche se questa volta non sono stanco come le altre”.
“Questo vuol dire che le cose stanno migliorando, no?”.
GS annuì – “Mi dispiace solo che per mettere le cose a posto sono stato costretto a litigare con i miei… colleghi”.
“Va bene così, GS” – Disse il ragazzo – “Su tutti i luoghi di lavoro ci sono scontri tra i dipendenti. La gente non è come pensiamo che sia e a volte bisogna scontrarsi per ottenere qualcosa. Questo sarà ovunque”.
GS fissò il fratello ma non disse nulla. Avrebbe voluto dirgli che è così anche per i gruppi di cavalieri ma ovviamente non poteva dire una cosa del genere a suo fratello maggiore.
“Per me l’importante è che adesso si siano messi tutti tranquilli”.
“Questo è quello che conta” – Disse Giuseppe.
Dopo aver finito di mangiare, GS tornò nella sua camera, per riprendere il meritato riposo ma non riusciva a prendere sonno. Ogni volta che chiudeva gli occhi, la volpe tornava a tormentarlo. Rivedeva l’animale e sentiva quella voce antica che gli parlava dei misfatti degli uomini e del fatto che si fossero dimenticati chi fosse.
“Ma di chi si trattava?”.
Il cavaliere era certo che non si fosse trattato di un semplice sogno. Fissò la corona posta sul comodino e l’afferrò, si inginocchiò al centro della stanza e se la mise sul capo.
Concentrandosi sul respiro, iniziò a svuotare la mente. La tensione lentamente lo abbandonò e la sua mente divenne serena e vuota. Stava ricorrendo al mokuso, nella speranza che gli permettesse di entrare nuovamente in contato con… con chiunque gli avesse lanciato quel messaggio.
Non succedeva nulla ma GS non era intenzionato a mollare. Era certo che, se ci fosse stato un modo per rientrare in contatto con la misteriosa entità, quello era l’unico che glielo avrebbe permesso. Poi gli venne in mente che forse avrebbe dovuto creare un setting adatto. La sua mente si mise all’opera. Il cavaliere tornò ad immaginare il prato e con esso lo specchio d’acqua ed il bosco poco distante. Non dovette attendere molto, che la volpe si fece notare nuovamente.
“Vuoi dirmi chi sei?”.
L’animale lo fissava ma nessuna voce si udì.
GS fece qualche passo avanti e l’animale si mosse verso il bosco, fermandosi un attimo per voltarsi nella sua direzione e riprendere il cammino.
“Vuole che la segua!”.
Dando retta al suo istinto, GS si mise sulle orme della volpe. Attraversò il bosco ed i suoi alberi. Era il vento che creava quello strano brusio? Il cavaliere credeva di sentire qualcosa ed avrebbe giurato che derivasse dagli alberi ma era impossibile. Doveva trattarsi certamente del vento. La volpe era sparita ma il cavaliere riuscì a trovare le orme lasciate nella soffice terra, così le seguì.
GS arrivò presto nel punto in cui, al di là degli alberi, lo attendeva la volpe. L’animale se ne stava comodamente seduto e non appena lo vide emergere tra gli alberi, spostò la testa di lato e continuò a fissarlo. Il cavaliere notò che alle spalle dell’animale c’era un grosso monte la cui sommità era avvolta da nubi grigie.
“Sei tornato, ragazzo”.
La voce arrivò direttamente alla sua mente. Questa volta GS ebbe la certezza che la volpe fosse solo un emissario ma non era l’animale a parlare.
“Chi sei?”.
“Sono proprio qui, davanti a te”.
Il cavaliere fissò l’animale che continuava a guardarlo con la testa inclinata. Possibile che la strana entità che gli parlava fosse la volpe? I suoi sensi all’erta gli dicevano che non era così.
“Sei uno dei pochi che sia riuscito ad udire nuovamente la mia voce. Non accadeva da tanto, tanto tempo”.
“Vuoi dire che hai già parlato con altri esseri umani?”.
“Certamente” – Rispose l’entità – “Ma l’ultima volta è successo tantissimo tempo fa. È da molto che nessuno ode più la mia voce. Per farmi sentire dovrò gridare, ma se lo faccio distruggerò tutto ciò che mi è intorno”.
GS inorridì, quando una stranissima sensazione lo assalì – “Cosa intendi dire?”.
“Il mio urlo è devastante. Se grido posso distruggere tutto ciò che mi circonda. Perché nessuno ascolta più le mie parole? Eppure ogni giorno invio messaggi, lo faccio col vento. Un tempo voi esseri umani eravate in grado di ascoltarmi ma sembra che ne abbiate perso nuovamente la capacità”.
“Hai detto nuovamente?”.
“Proprio così”.
“Quando è successo l’ultima volta? Quand’è che gli uomini non ti hanno più ascoltato?”.
“E’ successo… qualche tempo fa” – Rispose l’entità.