La spada di un guerriero

26.04.2014 20:43

La spada di un guerriero

 

 

Affidandosi alla luce prodotta dalla sua vecchia spada, Gordus attraversava i corridoi della fortezza conosciuta col nome di Altare del Potere. I sensi all’erta, ogni fibra del suo essere era pronta a scattare. Gordus non era più un semplice studente dell’arte della Guarigione ma era tornato ad essere qualcosa di simile alle belve che si aggiravano nelle foreste buie del confine. L’Altare del Potere aveva spazzato via la sua pace, facendolo ripiombare nell’inferno dal quale aveva deciso di uscire ma adesso quelle fiamme si sarebbero rivolte contro i veri responsabili di tutta quella brutta storia. Molto probabilmente dopo quella notte sarebbe stato scacciato da quella provincia e avrebbe dovuto riprendere il percorso da qualche altra parte e un pò gli dispiaceva... non avrebbe più rivisto i dolci occhi della Super dea, né avrebbe più udito la sua voce soave... Gordus, il vecchio soldato, scacciò dalla mente quei pensieri. L’Altare del Potere aveva voluto la guerra e adesso ne avrebbe pagato le conseguenze.

I sensi all’erta colsero i movimenti nei cunicoli. Gordus strinse forte l’elsa della spada e si diresse all’attacco. Un gruppo di cinque uomini era uscito da un passaggio segreto e si stava dirigendo ai piani superiori. Gordus si avvicinò al primo nemico, silenzioso come un gatto, e gli sfregiò la schiena con la spada insanguinata. Il grido di dolore lanciato dall’uomo mise in allarme il resto della banda. I quattro figuri cominciarono a correre lungo il condotto principale e Gordus li inseguiva finché non si ritrovarono tutti in una sala circolare dalla quale si diramavano varie uscite. I quattro uomini si disposero a tenaglia e fissavano il loro oscuro avversario. Gordus non aveva mai visto uomini come quelli. Le loro corazze erano un ammasso disordinato di metallo. Le loro armi erano strane: Arpioni collegati ad un argano a spalla; bastoni chiodati, spade dalle lame grosse; ecc. Un uomo alto e magro stava impartendo ordini agli altri tre in una lingua tagliente e incomprensibile. Non erano nativi della penisola ma venivano da qualche parte dell’esterno. Gordus doveva stare in guardia, non poteva permettere a quei quattro cani di ammazzarlo ma non conosceva il loro modo di combattere. Doveva tenere gli occhi ben aperti e sferrare l’attacco al momento opportuno.

 

Alle porte dell’Altare del Potere, l’ultimo generale dei mercenari era rimasto da solo. Il Demone rosso, Ittosan e Santus lo stavano sfidando. All’improvviso l’uomo fece una finta e scappò, sellando alla svelta un cavallo e gettandosi al galoppo verso la foresta – “Addio, banda di pazzi! Non ho alcuna intenzione di farmi ammazzare per una misera ricompensa”. Ittosan tirò un sospiro di sollievo e rivolse il suo sguardo al guerriero nella corazza bianca. “Tutto bene amico?”. Santus non rispose ma avanzò verso l’Altare. Un rivolo di sangue scorreva attraverso il pettorale argentato. Una mano fredda come l’acciaio strinse la spalla di Ittosan. Il vendicatore si voltò e si ritrovò faccia a faccia con lo spettrale demone dal corpo di metallo – “Dobbiamo andare, Ittosan. GS potrebbe essere ucciso da un momento all’altro”. Ittosan annuì e infoderò la spada.

“Ehi, voi due!” – La voce da donna li costrinse a fermarsi. Ittosan ed il Demone rosso si voltarono e si ritrovarono faccia a faccia con i tre super dei. Lady Rose fece un passo avanti, il volto adirato, mentre Bardos e l’altra osservavano il cielo rosso infuocato dalla battaglia tra i robot.

“Chi sarebbe questa donna?” – Il demone osservava la strana donna che avanzava con aria minacciosa. Era vestita di nero. Si trattava forse di un mercenario? Per la spada demoniaca non avrebbe fatto alcuna differenza. Il colosso alzò verso l’alto la sua spada e menò il fendente prima che Ittosan riuscisse a fermarlo.

La donna fu più veloce di un fulmine, schivò il fendente e sguainò la spada dal fodero con una velocità inumana. Prima che il demonio potesse parare il colpo, un fendente aprì un profondo squarcio all’altezza del suo addome.

“Signora la prego si fermi!” – Ittosan si era messo di mezzo. Aveva riconosciuto la donna che lo aveva accolto all’interno del Palazzo del Potere la notte precedente. “Tu e questo bestione farete meglio a dirmi cosa diavolo sta accadendo qui... prima che perda la pazienza”. Ittosan avrebbe giurato che un lampo di luce azzurra avesse attraversato gli occhi della donna. “Dopo che ci avete rilasciato, i mercenari ci hanno teso un agguato. Io sono stato salvato da un guerriero errante, mentre GS è stato catturato e portato qui. Io, Gordus e questo colosso ci siamo subito mossi per salvare il nostro amico dal Monaco nero”.

“Questa volta l’hanno fatta grossa” – L’uomo che accompagnava le due donne si fece avanti – “Ma non credo che tu e questi tuoi amici possiate vincere le forze del monaco”.

“E invece come vede, tutti i mercenari sono stati sconfitti, fatta eccezione per qualche squadra che è rimasta all’interno dell’Altare”.

“E quei due giganteschi golem? Gli uccelli sputafuoco... cosa diavolo sono?” – La donna vestita con i paramenti dorati osservava intetressata la battaglia tra i due colossi d’acciaio.

“Quella è una lunga storia...”.

“Dov’è Gordus?” – Lady Rose si era parata di fronte al vendicatore. Nei suoi occhi uno sguardo preoccupato. Ittosan cominciò a pensare che forse si era sbagliato. Quella donna teneva davvero ai suoi allievi e non poteva aver organizzato l’agguato in combutta con gli spietati mercenari. Quelli dovevano averli sorvegliati e...

“Allora, vuole rispondermi?”.

“Gordus è all’interno dell’Altare”.

“Quel pazzo ha proprio deciso di farsi ammazzare” – Lady Rose si rivolse al sommo Bardos e a Berard – “Voi due restate qui e provvedete ai feriti. Io ho un mio allievo da recuperare” – Senza dire altro, la donna si lanciò all’interno dell’Altare.

“Non vorremo lasciare sola la donna” – Il Demone rosso attraversò il portale, seguito da Ittosan.

 

La lunga punta di luce era penetrata nel pettorale della corazza. “La mia lancia del Potere ti ammazzerà come un cane!”. Lady Campi stava cercando di vincere del tutto la resistenza della Fire Son e raggiungere così gli organi vitali del povero GS. Spinto dalla forza bruta dell’avversaria, GS finì contro una colonna alle sue spalle. La punta di energia stava cominciando a lacerare anche la sotto corazza ed il ragazzo provò un dolore forte. Dopo aver gridato, GS si riprese e afferrò l’asta con la mano destra. Nei suoi occhi si era accesa una strana luce. Lady Campi sfregiò il pettorale della corazza e scaraventò il nemico al suolo con un potentissimo calcio. GS finì disteso sul pavimento di pietra. La donna gli schiacciò la testa con un piede. “Se adesso mi chiedi perdono, ti prometto che non soffrirai molto. Ti donerò una morte rapida e indolore”. Spingendo col piede, ordinò a GS di implorarla, poi puntò verso il basso la punta infuocata della lancia e pregustava il momento in cui l’avrebbe conficcata nella spina dorsale del nemico. “Tra poco sarai morto, maledetto seccatore. E dopo toccherà a...”. un’ascia rotante le passò a pochi centimetri dalla testa e urtò contro lo spesso vetro di cristallo. La donna gridò spaventata e balzò indietro, rivolgendo lo sguardo e la lancia nella direzione dalla quale era giunto l’attacco improvviso.

Era stato Fergus a scagliare l’arma, con l’intenzione di intimorire la donna. Entrambe le lame di energia delle asce gemelle del Potere si erano conficcate nella sua schiena ma non avevano leso meccanismi vitali. Le due ancelle dell’Altare spingevano con forza le asce, per squarciare del tutto il corpo dell’odiato robot, ma Fergus sferrò una gomitata che colpì l’addome di una delle due donne, la più anziana. Questa lancò un grido di dolore e mollò la presa sul lungo bastone metallico, indietreggiando e annaspando per recuperare aria. L’ascia di luce si spense e il lungo bastone di metallo cadde sul pavimento di pietra. Fergus si voltò, nel momento stesso in cui l’altra donna si era allontanata, e sferrò un micidiale fendente con l’ascia bipenne. Il metallo dell’arma di Fergus si abatté con forza contro l’asta del potere della donna, la quale barcollò indietreggiando di alcuni passi. Con un secondo colpo Fergus cercò di disarmare la donna ma questa resistette e partì nuovamente all’attacco con la furia di una pantera.

 

Gordus stava già pregustando la battaglia quando notò che i quattro uomini si allontanavano intimoriti. Il guerriero realizzò che la rude banda non era certo spaventata dalla sua figura. Percepì dei passi alle sue spalle e si voltò. L’Elish era sull’uscio dell’ingresso e lo fissava. Alto, Robusto e dai pugni di ferro, l’Elish nella sua terza forma era un vero mostro. I muscoli incredibilmente sviluppati, il volto duro e inespressivo come quello di una statua di bronzo, le spalle larghe e possenti, il tutto sminuiva il povero Gordus ma il guerriero sapeva che l’Elish era giunto lì, perché in qualche modo aveva avvertito la sua presenza e voleva combattere nuovamente contro di lui. Ignorando la presenza dei quattro stranieri, Gordus si voltò verso il suo nemico, con la sinistra alzò la visiera dell’elmo ed i suoi occhi fissarono quelli del gigante. I quattro guerrieri scomparvero in una delle diramazioni della sala. “E così ci ritroviamo di nuovo uno di fronte all’altro” – Gordus fece un passo avanti, invitando l’antico essere a fare lo stesso. L’Elish cominciò ad avanzare. “Sai qual’è la cosa buffa amico? Ti ho odiato per tutti questi mesi, cercando di immaginare come sarebbe stato l’ultimo duello contro di te. Poi d’un tratto la mia super dea mi chiama, dicendomi che alla fine non avrei dovuto più affrontare la tua terza forma”. I due avversari si ritrovarono l’uno di fronte all’altro e Gordus cominciò a girare in tondo. “Avevo esultato quando avevo sentito quelle parole, credevo di aver chiuso una volta per tutte con te e questi balordi dell’Altare. E invece guarda qui, siamo l’uno di fronte all’altro. Sembra proprio che dovrò affrontarti lo stesso e sai una cosa... non mi dispiace affatto!”.

 

 Il vecchio soldato studiò quell’essere ancestrale, girandogli intorno, cercando di rilassare ogni muscolo del corpo e allo stesso tempo di tenersi pronto per ogni reazione. Il suo avversario si muoveva lentamente ma non lo perdeva di vista un attimo. Ogni tanto si lanciava in avanti, per afferrarlo, ma Gordus si faceva indietro o schivava sfruttando la sua agilità. Stava cercando di ricordare i passi della danza delle spade. La coppia di spade gli sussurrava le mosse dell’Elish, i suoi schemi, i suoi modi di combattere e lui ormai li aveva imparati tutti... ciò nonostante aveva una gran paura. Quella non era una semplice sfida dalla quale sarebbe uscito con qualche livido o, al massimo, con qualche osso rotto, quella era una lotta per la vita. L’unica possibilità che aveva per abbattere quel colosso era sfruttare al massimo la velocità e per farlo doveva allegerirsi. Con movimenti rapidi, Gordus staccò le sicure della corazza. Il pettorale della corazza cadde nella polvere, così come le ginocchiere e le spalline.

L’Elish caricò come un toro infuriato, lanciandosi all’attacco. Gordus rimase immobile pochi secondi, poi passò alla destra del mostro e gli fu alle spalle. L’Elish sferrò un pugno ma Gordus indietreggiò, schivandolo abilmente. Gordus era in difficoltà, non riusciva a capire come poteva abbattere quel colosso. Il suo corpo sembrava di metallo e a lui non andava di usare le spade. Voleva che quello fosse uno scontro come i precedenti: L’astuzia e la forza dell’uomo contro i poteri dell’Elish.

L’antica creatura continuò a sferrare pugni e Gordus a schivarli. Quando il mostro sferrò l’ennesimo sinistro, Gordus fece un passo verso destra, avanzò e sferrò un clacio al volo che colpì il collo dell’essere e poi, prima che un devastante colpo potesse abbatterlo, il ragazzo si lanciò in una capriola acrobatica in avanti. Il colosso sembrava non aver minimamente risentito del colpo, eppure Gordus era certo che uno dei pochi punti deboli del nemico fosse il collo. L’Elish si lanciò in avanti con tutto il suo peso, tuffandosi su Gordus ma questi eseguì una capriola acrobatica all’indietro, evitando di essere schiacciato, poi, mentre l’Elish si stava rialzando, l’eroico Gordus si lanciò contro il suo avversario e gli serrò il collo in una morsa tremenda, cercando di trascinarlo al suolo. Inizialmente l’Elish sembrava in difficolà ma poi si alzò, trascinandosi dietro anche Gordus!

 

La rossa corazza cominciò a brillare. Emanava una luce sinistra. Persino la crudelissima Lady Campi provò un brivido di terrore nell’essere avvolta da quella luce. Gli occhi di GS poi erano ridotti a due fessure dalle quali trasparivano odio, rancore, vendetta e solo Dio sa quali altri sentimenti negativi. La maschera dell’armatura si aprì, mostrando interamente il viso del cavaliere. La bocca schiumava ed il suo sguardo trasmetteva istinti omicidi. L’ancella indietreggiò di alcuni passi poi si disse che quello era solo l’ultimo canto del cigno, per cui strinse forte l’asta del Potere e si lanciò in un attacco frontale.

GS si mosse di lato e imprigionò l’asta sotto al braccio sinistro, poi alzò il destro e sferrò un colpo col taglio della mano proprio sull’asta metallica. Il bastone tremò e vibrò così forte che la donna dovette mollare la presa. GS gettò lontano il bastone e sferrò un ceffone alla seconda ancella dell’Altare. La donna finì contro la colonna di pietra, mentre da un lato della bocca le colava un rivolo di rosso sangue. Lady Campi fissò il suo avversario, scuotendo la testa. “Avete tirato troppo la corda” – GS farugliava frasi che all’apparenza potevano sembrare sconnesse e senza senso – “Ma adesso pagherete per tutto...” – Un destro tremendo colpì la donna in pieno volto, scaraventandola per terra – “...ogni lacrima versata dalla gente che ha visto infrangersi i propri sogni a causa vostra, ogni supplica, ogni preghiera fatta dalla gente che si è sentita sopraffatta dal vostro potere. Adesso alzati”. Lady Campi si trascinava a stento, quasi in uno stato di shock. GS l’afferrò e la sollevò. Sferrò due schiaffi e poi scaraventò la donna per terra. “Ti meriteresti la morte... di morire solo dopo atroci sofferenze. Ma per questa volta ti lascerò vivere, perché sarà la vita stessa a punire le tue malefatte” – La donna, ormai priva di ogni sicurezza, piangeva e fissava il rosso vendicatore con puro terrore – “Ricordati quanto sto per dirti: se un giorno incontrerò nuovamente gente che supplica e piange a causa tua... tornerò ed allora pregherai mille volte affinché ti uccida subito!”.

GS si voltò verso le altre due ancelle. “Fergus fermati! Lasciale a me”. Le due anziane alzarono verso l’alto le due asce del Potere e si lanciarono all’attacco. GS assunse la posizione a gambe larghe e piegate, tipica dei cavalieri giapponesi e perciò chiamata kibadaci (posizione del cavaliere di ferro). Nel momento giusto, il ragazzo sferrò un nidan geri il doppio calcio. Le donne si piegarono dal dolore. GS strappò dalle loro mani le aste e le gettò lontano. Afferrò una delle donne per il collo – “Andatevene. Andate via di qui, prima che vi ammazzi!”. La compagna dell’ancella tentò di giocare la sua ultima carta. Sguainò un pugnale nascosto e tentò di pugnalare GS. La lama di luce penetrò il pettorale della corazza e trapassò anche la sottocorazza. Un rivolo di sangue rosso bagnò l’armatura. GS digrignò i denti. Nei suoi occhi brillò una luce rossa. Il suo destro micidiale ruppe il setto nasale della donna e la mandò al tappeto. La ragazza non si mosse. GS strappò via il pugnale, gridando per il dolore e lo gettò in terra. Alzò lo sguardo e attese che i cacciatori di robot facessero la loro comparsa. “Fergus occupati di loro. Io ho un conto da regolare”. Fergus avanzò verso i quattro strani cacciatori. GS si avviò alla scala che conduceva nella Corona dell’Altare, l’ultima difesa del Monaco.

 

“Dunque è così che vuoi giocare” – Shon Garrett sentiva il sapore della sfida. Avrebbe dato chissà cosa per ritrovarsi accanto il suo amico Gus. Avrebbero formato il Gotarn e avrebbero fatto a pezzi quella specie di robot nemico. Tirando la leva in basso a destra, Shon azionò le lame dirompenti. Dalle cosce vennero spinte verso l’alto due spade di metallo. Il robot le impugnò. “Adesso vedremo quanto sei resistente!” – Il Go one si lanciò all’attacco. Il super golem lanciò un potente laser dal palmo della mano destra, ma il suo avversario lo fermò incrociando le spade davanti al corpo. Come una furia scatenata, il Go one sferrò fendenti all’impazzata. I primi due lacerarono profondamente gli avambracci del nemico, mentre gli altri aprirono profonde ferite nell’addome robusto.

Improvvisamente una pioggia di laser investì il Go one, costringendolo a indietreggiare. Due missili esplosero sul petto corazzato. Shon lasciò cadere le lame dirompenti e schiacciò il secondo pulsante sulla sinistra. Dalla coscia sinistra saltò fuori una lama lucente, la Spada cosmica, mentre l’avambraccio sinistro rivelò lo scudo nascosto: Un cerchio di metallo, nascosto nell’avambraccio crebbe, fino a diventare un poderoso scudo. Quella nuova difesa protesse il Go one da ogni attacco delle torri bellicose. “Maledette torri, siete ancora in piedi! Plus Tender cosa diavolo stai facendo? Vieni a darmi una mano”.

“Mi spiace Shon, ma devo abbattere queste zanzare fastidiose” – Il Plus Tender aveva abbattuto quasi del tutto la squadriglia di sparvieri ma ne erano rimasti un paio che gli davano filo da torcere. “Ho capito. Dovrò sbrigarmela da solo”. Ignorando gli attacchi delle torri, Shon fece avanzare il Go one, con lo scudo ben preposto a difesa, si avvicinò al nemico e sferrò un fendente con la spada cosmica. Il super golem afferrò la lama con entrambe le mani ma in quel momento il Go one lasciò la spada e sferrò una serie di pugni micidiali. Il super golem cercò di afferrarlo, ma il Go one indietreggiò e sparò i missili nascosti nel braccio destro. Gli scudi di luce riuscirono a proteggere il colosso ma vennero annientati dall’esplosione.

“Maledizione!” – Il pilota del super golem era infuriato. Caricò il nemico con il favore della sua mole ma il Go one l’afferrò e lo proiettò lontano, contro una parte delle spesse mura che era ancora in piedi. Il Go one aveva dei dosatori di potenza che erano in grado di aumentare la forza del robot fino a tre volte. Shon aveva lasciato lo scudo e si preparava a sparare i missili, quando la pioggia di fuoco delle torri si abbatté con violenza sul Go one. La furia dell’attacco fece sbattere Shon contro la console dei comandi. Il Go one cadde sul freddo terreno.

Il Plus Tender si mise fra il Go one ed i letali raggi delle torri. Alzando le braccia verso l’alto, il robot rivelò dei lanciamissili nascosti nel petto. Le cariche esplosive investirono le torri e quattro di esse esplosero, riducendosi in macerie.

“Grazie Tender” – Shon si rimise in piedi ed il Go one lo imitò – “E adesso a noi due!”.

 

Gordus stringeva con tutta la sua forza il collo taurino dell’Elish. L’essere ancestrale sollevò il ragazzo di peso e lo scaraventò in terra. Fu solo grazie al suo istinto e alla grande abilità che aveva acquisito in diversi anni di lotte se il guerriero riuscì a rotolare sul pavimento duro, senza rompersi le ossa.

Ancora una volta Gordus il guerriero si rimise in piedi e si ritrovò faccia a faccia con l’Elish. Il bestione avanzò sferrando un pugno frontale. Gordus si spostò velocemente di lato per evitare il colpo. L’Elish sferrò subito un pugno frustato nella direzione in cui si era mosso Gordus. Il guerriero si abbassò, evitando il pugno micidiale e saltò, sferrando a sua volta un pugno micidiale che colpì l’Elish in pieno viso. Il mostro sferrò un calcio potentissimo, Gordus chiuse le braccia e si difese. La forza dell’impatto lo scaraventò alcuni passi indietro, ma il guerriero non cadde. L’Elish lo caricò nuovamente, lanciandosi in avanti con tutta la sua mole ma Gordus attese il memento in cui il gigante si lanciò in avanti e saltò a gambe divaricate, superando il corpo massiccio. L’Elish tentò un nuovo colpo frustato all’indietro ma Gordus fece una capriola in avanti e poi si rialzò, si girò e si lanciò all’attacco!

La furia di Gordus avrebbe intimorito anche un super dio. La sua scarica di pugni investì il colosso. Ogni pugno era diretto nel punto in cui un uomo normale aveva crentri vitali. I pugni di Gordus si battevano sull’acciaio ma il guerriero era certo che il nemico  non sarebbe rimasto illeso dopo un simile attacco. Nonostante la sua mole massiccia e la sua antichità L’Elish restava pur sempre un essere di carne e sangue. Ad un certo punto, dopo quasi un minuto, Gordus cominciò a sentire la stanchezza e in quel momento il suo avversario lo afferrò con le braccia poderose e lo sollevò. Gordus agì prima del nemico e fu lui a sferrare la tremenda testata. Per la prima volta da quando era cominciato il duello, Gordus sentì le ossa del nemico cedere. L’Elish lo lasciò e Gordus si portò immediatamente a debita distanza. Il colosso agitava la testa, era rimasto intontito e dal naso colava un liquido verdastro. Quello doveva essere il fluido vitale dell’Elish.

L’antico guerriero lanciò un urlo tremendo. Tutta la stanza cominciò a tremare. Gordus era rimasto per un attimo paralizzato dal terrore, poi cominciò a percepire la cantilena del mostro. Ancora una volta Gordus rivide la vita dell’Elish e capì il suo odio verso la gente come lui. Questa volta Gordus vide il popolo dell’Elish rifugiarsi nelle grotte delle pianure esterne o delle dune del deserto. Molti elishes morirono di fame e di stenti, infettati dalle malattie portate dall’uomo, altri morirono per le ferite riportate nella grande guerra contro l’invasore. Gordus rivide le tappe fondamentali di quella sanguinosa campagna. Vide uomini armati di lance e spade e scuri di pietra attaccare le pacifiche tribù di elishes, le quali caddero senza potersi difendere. Vide la coraggiosa resistenza messa in piedi dalle tribù sopravvissute. Vide i sanguinosi combattimenti tra i figli della natura e coloro che avevano portato morte e distruzione. Vide le atrocità commesse da entrambe le fazioni e rimase disgustato dalla crudeltà della guerra. Gli uomini incendiavano e seviziavano senza pietà la natura circostante, sottraendo inconsapevolmente il potere ai nemici. Gli elishes cercavano di contenere quello scempio, combattendo da un lato e cercando di risanare le ferite della terra dall’altro. Gli elishes combattevano seguendo dei codici e dei valori, l’uomo attaccava con ferocia e senza pietà, come belve fameliche. Gordus si rese conto che, nonostante i loro immensi poteri, i fratelli e le sorelle dell’Elish non avrebbero mai potuto resistere all’attacco dell’uomo.

Il canto dell’Elish fece smuovere le solide rocce del soffitto. Una pioggia di massi cadenti rischiò di schiacciare Gordus ma l’istinto ed i sensi all’erta avvertirono il guerriero dell’imminente pericolo. Con un salto ferino Gordus riuscì ad evitare le rocce. “Mi dispiace per la tua stirpe... ma non posso lasciarti vincere. Il bastardo che ti comanda ti sfrutta quale oggetto per confermare il suo potere, annientando i sogni e le speranze della gente ed io non posso permettere che tu spenga anche i miei sogni”. L’Elish cercò di attaccare Gordus con i suoi poteri psichici ma il guerriero non ne risentì. “Puoi usare tutti i tuoi poteri contro di me... ma alla fine cadrai”. Nemmeno Gordus era consapevole degli enormi progressi che aveva fatto durante i lunghi mesi passati ad addestrarsi con le spade danzanti. La sua mente si era rinforzata, divenendo in grado di erigere uno scudo mentale che fermava la telecinesi dell’Elish. “Io non ce l’ho con te. Tu sei solo uno strumento... il vero responsabile è ai piani alti ed è a lui che voglio arrivare, perciò se mi cederai il passo potremmo finire qui la nostra contesa”. L’Elish lo fissò un attimo, poi afferrò un grosso masso e si lanciò contro Gordus. Con una capriola acrobatica il guerriero evitò la carica del nemico e raccolse la sua spada. L’Elish lo caricò ancora, lui si abbassò e sferrò il micidiale fendente...

  In quella spada c’era tutta la storia di Gordus. Quell’arma lo aveva accompagnato durante le sue avventure presso la terra degli dei. Quella spada aveva abbattuto esseri dagli eccezionali poteri come Steno, l’essere caduto dalla stelle o ancora Tailan il primitivo e per ultima la dea che aveva scatenato la guerra.

... la lama trapassò il ventre dell’Elish. Il mostruoso essere lanciò un ultimo grido di dolore poi cadde in terra. L’icore verde si sparse sul pavimento polveroso. Gordus si inginocchiò, ansimando. La ferita al braccio si era riaperta e sanguinava. Rivoli di sangue gli colavano anche dal naso e dalla gamba destra. Una scheggia ri roccia gli si era conficcata nella gamba ma per fortuna la ferita non era molto profonda. Il guaritore si concentrò, cercando di comandare gli elementi del suo sangue ma era troppo stanco per farcela. Prese delle altre bende dalla cintura e rinnovò la fasciatura al braccio, poi strappò via il frammento di roccia dalla coscia anche se sapeva che questo poteva significare un’emorragia. Lavò la ferità a la medicò con una garza assorbente e un bendaggio stretto. Si alzò con la spada in pugno, bevve a lunghi sorsi una busta di acqua sterile e alla fine ne sputò la maggior parte (il sapore era odioso). I suoi occhi caddero sulle spade gemelle. Le avrebbe lasciate lì, dato che non gli servivano più.

“Gordus! Oh mio dio...”. il guerriero si voltò ed incontrò gli occhi della sua direttrice. “Signora, l’Elish ha avuto quello che si meritava”. Il guerriero indicò il corpo disteso al suolo. Gli occhi della donna lanciavano scintille. “Lei è un folle, Gordus! Guardi come si è ridotto. Lasci che...”.

“Non si avvicini!” – Gordus assunse un tono minaccioso che lasciò stupefatta la donna. “Questa storia non è ancora finita. C’è qualcuno che deve pagare per tutto questo... anche per aver infangato la sua memoria”. Gordus si riferiva all’Elish. Non era quell’essere la causa di tanto dolore ma chi lo manovrava come un burattino. “Gordus le ordino di fermarsi e di farsi curare. Tra poco ci saranno i soldati imperiali qui e se la trovano...”. “Con gli imperiali parlerò io, signora. Gli spiegherò che il monaco nero ha rapito un mio amico e che se sarà necessario chiederò l’intervento delle autorità esterne”. La donna rimase indignata. Se lì fossero giunte le autorità esterne, tutta la scuola per guaritori ne avrebbe risentito. Gordus salutò la donna e si avviò verso il destino. Nemmeno lui sapeva come riusciva ad individuare la strada giusta in mezzo a quel dedalo di cunicoli.