Micol Capitolo 24

27.05.2015 12:18

Partita a Tennis

 

 

GS non si era sbagliato, erano proprio Giorgio e Malnate. Che il ragazzone fosse solito cenare in quel locale, era cosa ormai nota ma il Cavaliere non si sarebbe mai aspettato di vederci, un giorno, anche Giorgio!

I due lo salutarono, avvicinandosi tranquilli. Dopo i soliti convenevoli, gli chiesero se gradiva compagnia, perché anche loro erano lì con l'intento di consumare la cena. GS annuì subito, facendo cenno ai due di sedersi, che anzi sarebbe stato un piacere cenare in loro compagnia. Malnate, che era pratico del posto, chiamò immediatamente il garzone ed iniziò a ordinare sia per sé che per il suo amico.

Giorgio e Malnate non avrebbero cenato sempre lì, come invece faceva GS, ma sarebbero andati anche dal “Voltini” fuori porta reno e da cui si potevano vedere i prati dell'aeroporto. A volte si sarebbero diretti anche fuori dalla città, attraversando il Ponte di ferro sul grande fiume, col fiume da un lato e la campagna della regione confinante dall'altro, per raggiungere Dogana Vecchia, conosciuta per l'anguilla fritta.

 

I tre ragazzi mangiarono tranquillamente e parlando poco. GS, senza farsene accorgere, studiava spesso i suoi due commensali, contento di trovarsi con loro in un luogo diverso dal Giardino. Fu così che si accorse che Malnate doveva aver capito quale male affliggesse Giorgio, glielo lesse in qualche modo negli occhi chiari dietro le spesse lenti e dal modo in cui guardava l'amico, ma ebbe la delicatezza di non aprire mai il discorso. Chissà se il motivo di quel riserbo era legato alla presenza di GS o no. Il Cavaliere ebbe però l'impressione che Malnate fosse molto più esperto di Giorgio in fatto di donne.

Finito che ebbero di cenare, i tre ragazzi andarono in giro fino quasi a mezzanotte e fu Malnate a decidere che era giunto il momento di ritirarsi, perché l'indomani mattina presto avrebbe dovuto prendere servizio presso  la fabbrica. Così, i tre ragazzi si salutarono e, mentre Malnate e Giorgio si avviarono nella stessa direzione, GS si diresse verso casa. Come avrebbe scoperto nei giorni futuri, sarebbe stato sempre Malnate ad accompagnare Giorgio a casa, per poi far ritorno alla sua, mai il contrario.

 

GS diventò un membro quasi fisso del terzetto, fatta eccezione per le volte in cui i due non lo incontravano. Curioso dallo scoprire come si evolveva la storia, incapace di compiere un salto per paura di perdere qualche parte importante della trama, GS riuscì a combattere la noia di quei giorni sempre uguali. Proprio come Giorgio, anch'egli non andò più al Giardino, limitandosi qualche volta a passare sotto alle Mura degli Angeli nella vana speranza di vedere Micol e di poterci, finalmente, interagire. Un giorno, invece di Micol, GS incontrò la Dirce di ritorno da una commissione che le aveva chiesto di fare il padre.

La ragazza ebbe un sussulto quando lo vide, le sue guance si colorarono di rosso e abbassò gli occhi. GS non si lasciò sfuggire l'occasione e le andò incontro, salutandola allegramente. Dirce, timidamente, gli chiese cosa ci facesse lì e se per caso era andato a trovare i due giovani Finzi-Contini. Ma il Cavaliere scosse il capo – “In verità ho sognato di incontrarti proprio qui e sono venuto per vedere se il mio sogno si avverava!” – Scoppiò nuovamente a ridere.

Dirce sorrise e gli disse che doveva entrare subito, che suo padre la stava aspettando ma, prima di avviarsi verso il portone, gli chiese come mai non si facesse più vivo.

“Sai, la mia vita è una continua avventura e ultimamente sono impegnato in una difficile missione” – Disse quelle parole con serietà, tanto che la ragazza lo fissò col dubbio dipinto sul bel volto e, quando GS si avvicinò a lei, ebbe quasi un sussulto e lanciò uno sguardo alle mura – “Ora che sono qui, però, ho capito di aver fatto la cosa giusta”.

GS afferrò le mani della ragazza, la quale si rilassò, avvicinò il suo volto a quello di lei e la baciò teneramente – “Proprio come ricordavo: hai lo stesso sapore del miele”.

Dirce arrossì e disse che doveva andare, che suo padre non avrebbe approvato, ma sul suo volto c'era stampato un gran sorriso e nei suoi occhi il desiderio di voler osare. Fece per divincolarsi dalla stretta del giovane ma questi strinse un po' i polsi – “Non mentire, dici che vuoi andare via ma nei tuoi occhi leggo chiaro il desiderio di restare con me”.

Dirce non aveva intenzione di cedere – “Non è vero signore!”.

“Perché non scappiamo via? Potremmo finalmente vivere liberi dalle restrizioni e tu non dovrai dar conto a nessun altro se non a te stessa... e a me, ovviamente!”.

“Dirce, fila dentro che papà ti sta aspettando!”.

GS si voltò ed incrociò lo sguardo di un ragazzo dagli occhi decisi. Era uno dei due fratelli di Dirce. La ragazza abbassò lo sguardo, si liberò dalla sua stretta e corse all'interno delle mura. Il figlio di Perotti lo fissò allora ancor più intensamente, come se lo stesse studiando.

“Se non sbaglio tu sei uno degli amici di Alberto, giusto?”.

GS fece un cenno affermativo col capo.

“Devi entrare?”.

GS scosse il capo – “No, passavo di qui per caso” – Si voltò per andarsene.

“Ehi, tu!”.

GS si voltò. Non aveva proprio voglia di fare a pugni con quel ragazzo.

“Ti consiglio di lasciare in pace mia sorella. Hai capito?”.

GS scrollò le spalle – “Non stavo facendo niente di male” – E se ne andò senza aggiungere altro. Proprio come aveva sperato, il fratello di Dirce non lo seguì. Si rilassò e proseguì la sua passeggiata, maledicendo la cattiva sorte che in quel momento si era proprio voltata a guardarlo!

 

Una di quelle sere che si unì a Giorgio e a Malnate, GS capitò al luna park sito tra il Gazometro e Piazza Travaglio. Il luna park era composto da una mezza dozzina di tiro a segno, piazzati intorno alla tenda di un circo equestre. Guardandosi intorno incuriosito, perché era la prima volta che capitava da quelle parti, il Cavaliere si rese conto che il luna park era frequentato da una moltitudine di persone: prostitute, giovinastri e militari.

Malnate li portò a giocare al tiro a segno e si rivelò un gran tiratore. La calma e la precisione con cui usava il fucile, fecero pensare a GS che il ragazzo doveva aver fatto pratica e ancora una volta si insinuò nella sua mente l'idea che Malnate potesse essere una sorta di agente segreto al servizio del comunismo. In quella come in altre occasioni andarono a giocare da una toscana, la quale lesinò a Malnate dei complimenti osceni ai quali il ragazzone tenne testa molto abilmente. Essere presente a quella scena, diede la certezza a GS che Malnate era un tipo che ci sapeva fare con le donne. Nella sua città del nord doveva aver fatto molte esperienze. Anche Giorgio rimase molto colpito dalla prontezza con cui Malnate rispose alle provocazioni della bella toscana e pensò che il suo nuovo amico mostrasse in quell’occasione la stessa tranquillità di chi da giovane ha passato molto tempo nei postriboli.

Una sera di agosto, una di quelle particolarmente afose, i tre ragazzi andarono a vedere un film tedesco, con Cristina Soderbaum. In quell’occasione Giorgio prese a fare commenti contro i tedeschi, Malnate continuava a dirgli di tenere la bocca chiusa e GS percepì la tensione che aumentava, capendo che di lì a poco si sarebbe scatenato qualcosa.  Proprio in quel momento un uomo si alzò in piedi e, messe le mani al collo di Giorgio, gridò una frase in dialetto – “Fora, boia d’un ebrei!”. GS stava per intervenire, quando Malnate – con una rapidità che nessuno degli altri due gli avrebbe mai attribuito – cacciò via l’assalitore e tirò via Giorgio, facendo anche a GS cenno di andarsene. Il Cavaliere, visto come si stavano mettendo le cose, condivise in pieno la decisione dell’omone.

 

Durante i loro incontri Giorgio e Malnate non discutevano più di politica e men che meno aveva voglia di farlo GS, in quelle occasioni in cui si trovava in giro con loro. Sia Giorgio che Malnate erano convinti che gli accordi firmati tra Francia, Inghilterra e URSS avrebbero portato la pace in Polonia e la rottura del Patto d’acciaio, con la conseguente caduta del Duce.

Scartata la politica, sembrò essere Giorgio il coadiutore dei nuovi discorsi, scegliendo una materia in cui era molto forte: la letteratura. GS non dava mai molta importanza alle cose di cui si discuteva, contento solo di poter passare del tempo in compagnia e chiedendosi, ormai sempre più spesso, quando sarebbe arrivata la fine di quella storia. I due ragazzi invogliavano GS a parlare ma questi scuoteva sempre la testa, ammettendo di non essere molto ferrato nella materia. Giorgio e Malnate non discutevano solo di letteratura ma anche d’arte, benché il ragazzone ammise più di una volta di capirci ben poco.

Riguardo ai gusti letterali Malnate e Giorgio erano spesso in disaccordo e GS rideva spesso dei loro battibecchi. Le sue risate erano così contagiose che  anche gli altri due finivano per farsi una bella risata. Il Cavaliere passava così le sue giornate, consapevole che fosse passato molto tempo dall’ultima volta che Giorgio era andato al Giardino, speranzoso che ormai – passato così tanto tempo – il ragazzo aveva metabolizzato la sua sbandata per Micol. Ma fu una sera in cui parlavano Giorgio e Malnate di letteratura, che il Cavaliere si accorse di quanto la biondina bruciasse ancora nel petto e fosse più che mai presente nella mente del giovane Giorgio. In quell’occasione, infatti, il Cavaliere riuscì nuovamente a percepire i pensieri di Giorgio, accorgendosi che questi invidiava Malnate, credendolo fortunato perché poteva passare i suoi pomeriggi in compagnia di Micol e di Alberto, al campo da tennis nella tenuta dei Finzi-Contini.

Così quella volta, mentre Giorgio e Malnate continuavano a parlare del Carducci a proposito delle poesie  scritte prima della sua conversione politica, il Cavaliere sbuffò. Il suo gesto non passò inosservato e fu Malnate a chiedergli cosa avesse. Accortosi che gli occhi dei due amici erano tutti e quattro puntati su di lui, GS disse che andava tutto bene – “Comincio solo a sentire un po’ la nostalgia di casa. In questo periodo dell’anno la mia città è particolarmente bella e calda!”.

“Ah, ti capisco!” – Disse subito Malnate – “Anche io non vedo l’ora di poter tornare nella mia casa, lì al nord”.

Giorgio chiese allora a GS di dove fosse, scoprendo solo in quel momento che il ragazzo dai capelli color del fuoco non aveva mai parlato di casa sua.

Contento di poter parlare di qualcosa anche lui, felice per non sentire più il peso di quegli sguardi interrogativi, GS cominciò a parlare della sua città – “E’ la città dove il cielo e il mare si incontrano. Ecco che proprio nel mezzo di queste due distese azzurre, come nelle rassicuranti mani a coppa di due titani, sorge la mia città. È la città della pizza, degli spaghetti; la città baciata dal sole i cui caldi raggi donano pace e allegria ai cittadini. È quella città in cui la fa da guardiano quell’enorme monte, nel cui ventre scorre magma fuso e la cui rabbia è rimasta sopita per moltissimo tempo ma quando fu scatenata, fece piombare tutte le provincie nell’oscurità perché non soffiò fuori solo fuoco e lapilli ma anche una immensa nube scura di cenere che oscurò persino la luce del sole. È quella città dal clima temperato dove l’inverno non è mai troppo rigido e l’estate mai cocente oltremodo. La mia è quella città le cui bellissime isole hanno ispirato poeti e musici, soprattutto quella dai famosissimi faraglioni, quelle straordinarie rocce che dal mare si stagliano verso l’alto e sulle quali in antichità accendevano dei fuochi per segnalare la rotta ai marinai. Di esse hanno parlato anche celebri poeti nelle loro opere, ad esempio se ne parla nell’Eneide di Virgilio”.

I due ragazzi rimasero a bocca aperta, entrambi avevano capito perfettamente di quale città stava parlando il loro amico e nessuno dei due l’aveva mai visitata, benché entrambi l’avessero sentita spesso nominare.

 

Una sera,  di ritorno lungo la Giovecca, Giorgio disse ai due amici che aveva qualcosa da fargli vedere e tirò fuori un foglio di carta. Guardando i due ragazzi con uno sguardo che GS non gli aveva mai visto, un misto di allegria ed orgoglio, disse loro che si trattava di un suo componimento e lo porse prima a Malnate affinché lo leggesse.

Malnate rimase stupito da quel componimento che Giorgio disse di aver messo giù mentre era a lavoro sulla tesi. Il ragazzone la trovò una poesia stupenda e anche GS, dopo che la lesse, disse che era una bella poesia, malgrado non si intendesse di componimenti.

“E’ una poesia stupenda!” – Esclamò Malnate, mentre GS stava ancora leggendo – “Piena di dolore vero!”.

In effetti la poesia che aveva composto Giorgio era veramente carica di un dolore che si poteva avvertire in ogni rima. Il Cavaliere fissò il ragazzo ma non volle chiedergli nulla. Chissà, però, se Giorgio non l’avesse composta a casa Finzi-Contini, durante tutti i giorni passati lì nei mesi trascorsi per mettere giù la tesi. La lontananza di Micol aveva dovuto ispirare non poco il ragazzo.

Malnate disse, sempre restando in tema di poeti, di amare il Porta, un poeta della sua città natale. Giorgio ribatté contrapponendo al Porta un poeta di nome Belli. Ma Malnate storse il naso, dicendo che non era d’accordo con lui. In quell’occasione Malnate disse di amare la sua città natale, quella città alla quale perdonava tutto e di cui accettava ogni cosa.

Emerse anche tutta la malinconia del ragazzo che viveva lontano da casa e dagli affetti della famiglia. Malnate disse di amare quella città ma non era casa sua, casa sua si trovava più a nord ed egli contava di tornarci presto, perché aveva già inoltrato domanda di trasferimento. Sì, la città in cui si trovava era bella ed interessante anche dal punto di vista politico ma casa sua era tutt’altra cosa.

Nel parlare della sua città natale, Malnate la descrisse come una città chiara, così razionale e non capiva come Giorgio potesse paragonarla alla città in cui era stata Micol per la tesi – “Quella specie di cesso opprimente!”.

 

Nei giorni a venire Giorgio continuò a rispettare il divieto impostogli da Micol e sia lui che GS andavano al Giardino il martedì e il venerdì. Per fortuna, pensò il Cavaliere, Giorgio ci andava qualche volta anche di domenica, così da non rispettare proprio alla lettera lo stolido volere della bella Micol.

La prima cosa che saltò immediatamente agli occhi di GS fu l’equilibrio cui sembravano essere giunti i due ragazzi ed entrambi facevano molta attenzione a non romperlo, senza confidenze eccessive né freddezze. Ma GS sapeva che era tutta una falsa. Il cuore di Giorgio bruciava quando egli si trovava accanto a Micol, perché lei era ancora presente nei suoi pensieri ed anzi era una delle parti centrali dell’ingranaggio che muoveva la sua mente.

Ma mentre Giorgio continuava a tormentarsi per lei, come viveva la cosa Micol? GS spesso la fissava a lungo, cercando di scoprire in un suo gesto, nella sua espressione o, magari, in una sua occhiata, quello che pensava. Ma era un’impresa vana perché la ragazza era praticamente schermata! Mentre con Giorgio il Cavaliere riusciva ad entrare in sintonia fino a leggerne persino i pensieri, con Micol non riusciva neppure a capire cosa provasse.

Ogni volta che la guardava, GS rischiava di innamorarsene! Bella, dal fisico magnifico ed il viso angelico; stupenda mentre giocava sul campo senza risparmiarsi. Gli scatti mettevano in risalto le gambe muscolose, il gonnellino che fluttuava a ritmo dei suoi movimenti. L’espressione seria, con quelle rughe tipiche sulla fronte, lo sguardo deciso di chi non conosceva la sconfitta e non voleva perdere; i capelli che ondeggiavano, le sue risate quando faceva punto…

Malnate non aveva alcuna speranza, perché non riusciva a tenere il ritmo della bella bionda e veniva sconfitto regolarmente. Alla fine di ogni set Micol andava ad asciugarsi a bordo campo e beveva lunghi sorsi d’acqua da una bottiglia. Persino così sudata faceva un buon odore. E mentre Giorgio si teneva distante, scambiando due chiacchiere con Alberto, GS non poteva fare a meno di avvicinarsi a lei, con una scusa qualsiasi. Micol alzava lo sguardo e gli rivolgeva un gran sorriso e a volte gli parlava. Purtroppo c’erano troppe persone con loro, altrimenti si sarebbe lanciato, consapevole di non avere speranza perché credeva fermamente nelle parole di Franco, però desiderosi di provarci lo stesso.

Una volta Micol gli chiese perché non provasse a giocare – “Vedrai che è semplice e ti appassionerà!”.

GS una volta dovette per forza accettare il suo invito, perché se non poteva confrontarsi con lei sul piano della seduzione poteva almeno farlo sul campo da tennis. Ma lì Micol era la regina incontrastata e a nulla servirono le reminiscenze del giovane Cavaliere, il quale aveva servito per due anni i Cinque Anelli, facendo il barista sul loro circolo  tennis. Ne aveva viste di partite, aveva studiato i movimenti.

Ma anche ammesso che avesse saputo giocare a tennis, non gli sarebbe bastato, perché non era in forma e di certo non poteva stare al passo con Micol. Perse miseramente e Micol gli disse, sorridendo, che con un altro paio di partite poteva migliorare e fu allora che GS tentò un “affondo”.

“Non sono bravo a giocare a tennis. Diciamo pure che mi dedico ad altri sport… come la caccia ad esempio!” – Le disse quelle parole fissandola nei profondi occhi azzurri, con lo sguardo che diceva molto più delle parole. Micol iniziò a ridere ma poi lo fissò dubbiosa, GS si fece una risata e andò al tavolino per bere qualcosa. Le voltò le spalle con irriverenza, con noncuranza e con la coda dell’occhio vide lo sguardo di lei irato; allora fece un sorriso beffardo.

Ma oltre quel piccolo scambio di battute non ebbe mai delle reali occasioni, perché Micol non era mai da sola, sempre circondata dagli amici, sempre in compagnia del fratello e, a volte, attorniata anche dai parenti. Quando si rendeva conto della straordinaria bellezza della giovane, GS si chiedeva come mai non avesse preso la decisione di andare nella città in cui si era recata lei per finire la tesi, almeno lì se la sarebbe potuta giocare. Ma ormai era troppo tardi, quel tempo era passato e, almeno per quella volta, non avrebbe potuto far altro che accettare il destino e godersi la sua compagnia fino alla fine. Beh, comunque era andata bene, era completamente soddisfatto di quell’immersione nel mondo di Micol e si ripromise di tornarci… la seconda volta non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione di interagire fortemente con lei!

In quelle occasioni in cui era riuscito a parlarle, a giocare con lei, ogni volta che riusciva ad ammirarla GS si rendeva conto che era troppo semplice innamorarsi di una ragazza così, soprattutto per lui che era un cultore della bellezza.

Micol non era solo bella, aveva molte cose che attraevano oltre al fisico sportivo e le forme straordinarie. C’erano le espressioni che faceva, che facevano irrimediabilmente innamorare, soprattutto le sue smorfie, ed il suo modo singolare di parlare… la sua voce era capace di rapirti il cuore e solo l’ironia ed il cinismo riuscirono a salvare GS dalla sua rete!

 

 

 

 


Crea un sito web gratis Webnode