Quanto durerà la tregua?
GS chiamò la nipote, per sapere se era giunta a casa senza problemi. Naida gli rispose dicendo che si trovava alla stazione del capoluogo del sud – “Tra un po’ passerà il treno che mi porterà a casa” – Disse – “Non preoccuparti, zio”.
“Bene” – Rispose GS – “E’ andato tutto bene. Sono contento. Ci sentiamo verso la fine del mese, quando deciderai di tornare su”.
“Va bene, zio”.
“Mi raccomando, fammi uno squillo quando arrivi a casa. Non farmi stare in pensiero”.
“Non preoccuparti, zio. Non sono più una bambina”.
“Non sei nemmeno così adulta, poi” – Le rispose lo zio.
“Arriverò a casa e ti farò lo squillo, stai tranquillo” – Naida mise giù il telefono.
GS ringraziò l’amico Tormel – “Grazie Tormel, per l’aiuto che mi hai dato in questi giorni”.
Tormel abbozzò un sorriso – “Mi ha fatto piacere rivederti”.
“Anche a me” – Gli disse GS.
I due amici si scambiarono un abbraccio.
“Io non so dove tu sia finito ma mi è parso di capire che non hai voglia di parlarne”.
“Diciamo che sto svolgendo un lavoro piuttosto insolito” – Fu la risposta del cavaliere.
Tormel annuì – “Ricordo che sei sempre stato un tipo strano e misterioso e rispetto questo tuo lato ma sappi che, qualora tu avessi nuovamente bisogno del mio aiuto, io ci sarò”.
GS ricambiò nuovamente la stretta di mano col vecchio amico – “lo so, Tormel” – Il cavaliere recuperò le sue cose – “Adesso però devo andare”.
GS uscì senza voltarsi indietro.
Si recò all’auto elettrica, che aveva parcheggiato ben lontano dalla centrale elettrica. Nei giorni scorsi, dopo aver scoperto che nella centrale si erano infiltrati i misteriosi membri dell’Imperium, GS aveva svolto delle indagini per conto proprio, solo per scoprire che non c’era anima viva negli ambienti della centrale. Su di essa c’era un alone di mistero: nessuno sapeva se era chiusa o che altro.
Non appena giunse accanto alla macchina, il cavaliere si lanciò uno sguardo intorno, depositò lo scrigno dell’armatura sul sedile del passeggero e prese posto alla guida. Dopo aver lanciato uno sguardo intorno, mise in moto e si avviò.
GS superò la rotonda, passò accanto alla centrale abbandonata, lanciando uno sguardo per vedere se c’era traccia dei membri dell’Imperium sopravvissuti alla guerra contro l’Impero. Quella sera non c’era molto traffico ed il cavaliere, che di solito odiava guidare, provò piacere nel procedere con l’automobile lungo la strada. Diede un’occhiata al bar sulla sinistra, quello di proprietà di due ragazze del sud, e poi procedette dritto verso il Tempio della Mente.
Il guidatore lanciò uno sguardo al piccolo stereo. Non lo aveva mai provato. Lo accese e si lasciò cullare dalle canzoni italiane che passavano da una nota stazione. Ascoltando la musica si rilassò maggiormente e seguì la strada.
Mentre guidava tranquillamente, GS lanciò uno sguardo distratto alla zona in cui si trovava. Con suo grande stupore si accorse di essere giunto in tutt’altra parte della città. Si rese conto di trovarsi nei pressi della stradina dove aveva incontrato il clan la prima volta. Ripensando a quel giorno, ricordò quanto fossero buffi i membri del clan: tutti ragazzini armati malamente, guidati da un folle che si celava nell’ombra e si sedeva su di un trono in uno scantinato. Senza accorgersene, il cavaliere svoltò proprio in quella strada. Si accorse che la via era quasi deserta ed era una cosa insolita per l’ora della giornata. Spinto dalla curiosità, parcheggiò la piccola automobile e si caricò lo scrigno sulle spalle.
Senza esitare GS si spinse nella zona delle baraccopoli, curioso su cosa sarebbe successo. Sarebbero comparsi gli strani membri del Clan? La corona era legata alla cintura dei pantaloni. Sotto i vestiti c’era la solida sotto corazza e lo zaino lo aveva lasciato in macchina. Al suo interno c’era solo la sua vecchia cintura di karatè.
Quando si fu addentrato abbastanza all’interno del territorio del clan, GS iniziò a vedere le prime teste fare capolino attraverso le finestre della baraccopoli. I visi curiosi spuntavano persino dai rottami delle auto. Il cavaliere abbozzò un sorriso: trovava molto buffi quei ragazzi. Si fermò in mezzo alla strada e si guardò intorno. Tutti i volti scomparvero dietro i propri nascondigli.
“Finalmente sei arrivato!”.
GS si voltò alla sua destra. Fuori la porta di una baracca c’era lo strano individuo che il cavaliere aveva incontrato quella prima volta che aveva fatto la conoscenza del clan. La cosa curiosa era che, in quel momento, delle nubi avevano coperto il sole morente ed il misterioso Signore del Clan era stato oscurato.
“Mi aspettavi?”.
L’uomo annuì – “Certo che sì” – Seguì una breve pausa – “Non è un caso se sei giunto qui, oggi”.
GS rimase in silenzio. Si accorse che cominciava a piovere ma cadevano solo poche gocce. Il misterioso uomo si abbassò sulle gambe, come se volesse avvicinarsi al suo ospite – “Avevo bisogno di parlarti, ragazzo”.
“Beh, sono qui. Dimmi pure” – GS mise le mani in tasca. Non percepiva alcun pericolo ed era una sensazione che provava senza bisogno di indossare la preziosa corona.
Il Signore del Clan rimase un attimo in silenzio. Forse lo fissava. GS non avrebbe saputo dirlo, poiché il personaggio era in ombra. Un tuono squarciò il silenzio ma nessuno dei due si mosse di un millimetro. “Hai sangue freddo ragazzo. Mi piaci”.
“Tu a me nemmeno un po’”.
“E come mai?”.
“Innanzitutto perché non ti mostri chiaramente” – GS alzò lo sguardo al cielo, puntandolo direttamente verso il cielo nuvoloso – “Scommetto che anche queste nubi sono in qualche modo opera tua”.
“Forse hai ragione, ragazzo” – Il Signore del Clan fece una breve pausa, prima di riprendere – “Ma forse no. Ho degli immensi poteri” – L’uomo allargò le braccia al cielo – “Gli angeli dei cieli sono miei alleati e la collera del Signore si scatenerà se solo io lo riterrò opportuno!”.
GS sbuffò. Quei discorsi da megalomane non lo impressionavano. Cercò di fare mente locale ma non ricordò se anche la prima volta che si erano visti, il Signore del Clan era stato così spaccone – “Sei un tipo molto modesto, amico!”.
“La modestia… sono modesto, credimi. In realtà, se solo chiedessi l’aiuto degli angeli, potrei distruggere interi popoli!”.
In quel momento il cavaliere si convinse che quell’uomo fosse solo un pazzo, che sfruttava qualche strano trucco da circo per impressionarlo – “Non so nemmeno perché sono venuto ma so cosa farò adesso” – GS si girò e tornò verso la macchina.
“Fermo, ragazzo!”.
GS fermò i suoi passi ma non si voltò – “Questa stupidaggine deve andare avanti ancora per molto?” – Con sua immensa sorpresa, GS si rese conto che lo strano interlocutore non era più al suo posto.
“Non è una stupidaggine, razzo di stupido!”.
GS si voltò in avanti e vide che l’uomo era ad una decina di passi da lui, sempre immerso nell’oscurità. Nemmeno il lampo riuscì ad illuminare la nera sagoma, che rimase nascosta nell’ombra.
“Ti ascolto ma, per favore, non iniziamo ad offendere”.
L’uomo rimase un attimo in silenzio, poi riprese a parlare – “Non volevo offenderti, mi dispiace. È che non accetto che tu definisca una stupidaggine, una cosa molto importante”.
GS rimase colpito dalla cortesia dell’uomo misterioso – “Mi scuso io, per aver considerato stupida una cosa a cui tieni molto, anche se non ho ancora capito di cosa si tratta”.
“E’ presto detto” – L’uomo sembrò aver ritrovato la calma – “Ma prima di farti la mia proposta, ho bisogno di sapere una cosa. Devo porti una domanda”.
GS fece spallucce – “Chiedi pure”.
“Hai poi pensato alla mia offerta?”.
Seguì un breve silenzio, illuminato dalla luce di un lampo. GS aggrottò le sopracciglia – “A cosa ti riferisci? Non riesco proprio a ricordare”.
“Alla mia offerta di unirti a noi… a lei!”.
In quel momento il cavaliere ricordò vagamente il discorso dello strambo Signore del Clan. La prima volta che si erano incontrati, l’uomo gli aveva proposto di unirsi a lui e di seguire una enigmatica fanciulla. Il ragazzo si passò una mano tra i rossi capelli, rendendosi conto che la storia del clan gli era sembrata quasi un sogno. Era stata così buffa che non ci aveva più pensato… fino a quel giorno.
“Ammetto di non aver minimamente considerato la tua proposta” – Disse il cavaliere – “Soprattutto perché tu parli per enigmi, uomo” – Vedendo che il Signore del Clan se ne stava in silenzio, GS proseguì – “Io non ho ancora capito chi sia la signora di cui mi hai parlato quella volta”.
“Devo ammettere che non sei sveglio come pensavo”.
“Questa volta dovrei essere io a sentirmi offeso, uomo”.
“Non voleva essere un’offesa. La mia era una constatazione”.
“Una constatazione piuttosto offensiva”.
In quel momento ci fu un tuono così forte che fece sobbalzare GS. Al tuono seguì un lampo accecante e quando gli occhi di GS si riabituarono alla semioscurità, si accorse che il suo interlocutore non era più davanti a lui.
“Sono qui, ragazzo”.
GS riuscì a trovare il Signore del Clan. Se ne stava comodamente appoggiato con la schiena contro il muro di una delle baracche – “Ti sposti piuttosto velocemente, uomo”.
“Avresti dovuto vedermi un tempo” – Disse l’altro.
“Vuoi dirmi chi è questa donna a cui ti riferivi?”.
Anche attraverso la penombra di quel pomeriggio crepuscolare GS notò il cenno di diniego che fece l’uomo – “lo scoprirai da solo. In realtà conosci già la risposta a questa domanda, solo che non vuoi ammettere che sia lei”.
GS non disse nulla ma non riusciva proprio a fare mente locale e a capire di chi stesse parlando l’altro.
“Pensa alle parole che ti dissi, ragazzo. Adesso avrai modo di farlo. Per quanto mi riguarda, per adesso sei un alleato del Clan. I suoi membri si impegneranno ad aiutarti, qualora dovessi finire nei guai. Io stesso veglierò su di te e ti aiuterò qualora dovessi avere bisogno di una mano”.
“Ti ringrazio, sei molto gentile!” – GS non riusciva proprio a dare un senso a quella conversazione. Gli sembrava tutto così buffo, come la prima volta che si era imbattuto nel clan.
“Ma sappi una cosa, ragazzo” – La voce del Signore del Clan divenne ad un tratto seria e dura – “Ultimamente ti ho osservato molto ed ho scoperto che potresti diventare un nostro avversario”.
“E perché mai? Per quale motivo dovrei battermi contro il tuo clan?”.
“Perché ho visto che la tratti con ostilità”.
Udendo quelle parole, nella mente di GS si affacciò una strana immagine ma scosse il capo, scacciandola via – “Eppure non può che riferirsi a lei! È solo con lei che sono ostile!” – Poi, un attimo dopo, GS scacciò quei pensieri dalla sua testa. Gli sembrava impossibile che una persona sola come lei potesse possedere un Clan tutto suo. Oltretutto gli avevano raccontato molte cose su di lei ma nessuno mai gli aveva parlato di un clan.
“Dal tuo sguardo intuisco che hai già capito di chi parlo”.
GS scosse il capo – “Stavo pensando a tutt’altra cosa. Mi dispiace ma non ho ancora capito”.
“Beh, questo mese ti aiuterà a capire e a fare una scelta” – Disse il Signore del Clan, senza scomporsi – “Se ti unissi a noi, ne saremmo felici. Se non lo farai bada bene di comportarti col massimo rispetto con lei, poiché se agirai in modo cattivo, il Clan non ti perdonerà”.
“Passi alle minacce, adesso?”.
“Era solo un avvertimento”.
La tensione salì alle stelle. Ma GS decise che non era il luogo, né il momento adatto per battersi – “Io lo ricevo l’avvertimento ma ho anche io una cosa da dirti”.
“Parla pure”.
“Se la persona a cui ti riferisci mi verrà contro, io mi difenderò e più insisterà nei suoi comportamenti… malsani, più dura sarà la mia risposta” – GS non riuscì a capire perché avesse detto quelle parole. Forse era una sorta di precauzione. Non gli andava a genio che qualcuno gli desse fastidio, senza che lui potesse difendersi adeguatamente. Negli ultimi tempi gli dava fastidio in particolar modo se era una donna ad attuare un simile comportamento.
“Lei si porta dentro un grande dolore. L’hanno sempre trattata male. Ricordalo questo, quando deciderai di colpire. Se mette in atto comportamenti ostili è solo per difendersi”.
GS scosse il capo – “Io non l’attaccherò. Non avrà alcun bisogno di difendersi da me, quindi non deve attaccare altrimenti sarò io a dovermi difendere”.
GS si voltò e scoprì una dozzina di figure tra lui e la sua auto. Erano per lo più ragazzini vestiti di stracci – “E questo cosa vorrebbe dire?”.
“Loro sono alcuni dei membri del clan. Vogliono solo salutarti”.
Un ragazzo, forse un po’ più grande degli altri, fece un passo avanti. Indossava un pantalone bianco con righe nere nei lati, un paio di scarpette da ginnastica nere ed una canotta dello stesso colore.
“Non senti freddo così vestito?”.
Il ragazzo non rispose. Il suo sguardo rimase serio e puntato su di lui. improvvisamente si esibì in una combinazione di calci al volo con acrobazia finale.
“Interessante. Volevi prendere a calci una mosca?”.
“Voleva solo mostrarti l’abilità del Clan nell’arte del corpo a corpo. È uno dei nostri migliori lottatori e si è conquistato la possibilità di aiutarti qualora dovessi trovarti in qualche grosso guaio. Ma è anche pronto a combattere contro di te, qualora dovessi farle del male”.
GS si diresse verso l’auto, superando il gruppo di ragazzi. Lanciò uno sguardo al marzialista, poi si voltò verso l’auto e si sedette al posto di guida – “Non so chi tu sia ma una cosa mi è chiara: sei un pazzo” – Senza aggiungere altro, GS andò via, stanco di quella conversazione senza senso.
Mentre si avviava al Tempio, GS notò che il cielo si stava schiarendo. La luce della luna iniziava a fare capolino attraverso le nubi e non pioveva più. Il ragazzo schiacciò sull’acceleratore, percorrendo la corsia preferenziale, riservata anche a quel tipo di veicolo. Le parole del Signore del Clan gli ronzavano in mente e stava cominciando seriamente a chiedersi di chi diavolo parlasse. Cosa doveva accadere in quel mese? Con chi doveva avere a che fare? Il misterioso uomo avvolto dalle tenebre gli aveva assicurato che avrebbe capito immediatamente di chi gli aveva parlato. Aveva avuto la presunzione di imporgli una tregua, perché era di quello che si trattava, in fondo. Che diavolo voleva il Clan da lui? sembrava che ci tenesse alla sua alleanza e tutto questo perché lo strambo signore che lo guidava era convinto che poteva dare una mano ad una donna di cui nemmeno sapeva l’esistenza.
Quella sera GS non aveva voglia di restarsene nel suo alloggio. Uscì e si recò alla taverna del tempio. Il cielo era tornato ad essere nuvoloso. GS ripensò allo strano incontro: chi era il Signore del Clan? E cosa voleva realmente da lui? GS si avviò alla taverna e intanto pensava alla voce del suo misterioso interlocutore ma non riusciva a ricordare a chi appartenesse. Per quanto si sforzasse, non ci riusciva proprio.
Quella sera alla taverna c’erano poche persone. GS si sedette ad un tavolo piuttosto isolato e ordinò una birra – “Analcolica, per favore” – La cameriera annotò l’ordinazione e andò via. GS posò il giubbetto sulla sedia accanto alla sua e cercò di rilassarsi ma per quanto si sforzasse, non riusciva proprio a dimenticare l’incontro di poco prima. La cameriera non ci mise molto a tornare al suo tavolo. Vi posò la birra analcolica e qualche stuzzichino salato. GS ringraziò e posò i soldi sul tavolo. Attese che la donna andasse via, poi bevve un sorso di birra dalla bottiglia, poi diede un’occhiata in giro. Si accorse che sulla porta della locanda c’era Costantine che lo fissava. Gli fece un cenno e gli indicò di sedersi al tavolo.
Costantine posò la borsa in terra e si sedette di fronte a lui.
“Cosa prendi?” – Gli chiese GS, facendo cenno alla cameriera di tornare al tavolo.
“E così, hai deciso di abbandonare la squadra” – Costantine aveva uno sguardo duro.
GS non disse una parola.
“Potevi almeno parlarne con noi, prima di accettare. Non credi?”.
GS sbuffò e bevve un altro sorso di birra – “Ma davvero non riesci a capire perché ho accettato la proposta di Hanna?”.
Costantine, lo sguardo duro come l’acciaio, scosse il capo.
“Non capisci che per me questa è una prova importante?”.
“Ma quale prova!” – Costantine iniziò a gridare – “Ma ti sei reso conto di quello che hai fatto?”.
“Adesso calmati, per favore”.
Costantine si alzò in piedi – “Dici che dovrei calmarmi? Io invece non ci riesco proprio!” – GS rimase al suo posto, fissando l’amico – “Noi siamo una squadra, lo capisci? Anzi, per colpa tua, eravamo una squadra! Hai deciso di abbandonarci e per di più, lo hai fatto senza dirci nulla! Potevi almeno avvisarci”.
La cameriera non sapeva cosa dire. Non aveva il coraggio di interrompere i due amici. In quel momento era entrato anche Eryon nella taverna. Lui e Costantine avevano deciso di prendersi qualcosa assieme quella sera.
“Costantine, non ci ho proprio pensato a dirvi qualcosa. Si tratta solo di un mese…”.
“Questo sottolinea il rispetto che provi per noi, per la tua squadra!”.
“Ti sto dicendo che si tratta solo di un mese ed è una prova alla quale non posso sottrarmi, amico mio”.
Lo sguardo di Costantine divenne simile a quello di una fiera, prima dell’attacco. Afferrò GS per il bavero e lo sollevò dalla sedia – “Non chiamarmi amico! Se fossimo amici, avresti pensato bene di avvisarmi, prima di prendere decisioni per conto tuo” – Costantine diede un pugno all’amico, scaraventandolo al suolo. GS rimase senza parole e si portò la mano destra sul volto. Si rimise in piedi e nei suoi occhi brillava una luce diversa.
“Ehi, smettetela adesso!” – La cameriera si era messa a urlare.
“Per i vostri conti in sospeso, vedetevi in strada” – Disse il padrone della taverna – “Questo non è un ring!”.
“Adesso calmatevi” – Eryon si mise immediatamente di mezzo. I suoi profondi occhi scuri fissarono prima Costantine, poi GS – “State dando spettacolo”.
Costantine si voltò intorno e vide che tutti li stavano guardando. La cameriera li fissava con uno sguardo impaurito – “Non me l’aspettavo da te, GS. Credevo che ci arrivassi a pensare ad una cosa così semplice”.
GS non disse nulla. Costantine rimase a fissarlo ancora un attimo. Forse sperava che l’amico, in qualche modo, trovasse una giustificazione, anche una scusa, per non averli avvertiti che sarebbe uscito di squadra. Dopo poco si voltò e uscì dalla locanda, dopo aver recuperato la borsa e senza dire una parola.
“Come stai?” – Eryon fissò il suo ex allievo, che si teneva il pacchetto di ghiaccio sul viso.
“Come vuoi che stia?” – Gli rispose il cavaliere.
“Se ti riferisci al dolore che provi adesso… passerà. Nessuno è mai morto per aver ricevuto un pugno sul viso. Costantine non ti ha colpito perché voleva farti del male ma perché ne hai fatto tu a lui”.
“Perché nessuno riesce a capire le mie ragioni?”.
Eryon fissò il ragazzo senza annuire – “Io le capisco ma mi sembrano irrisorie. Non hai nulla da provare a nessuno…”.
“Ho da provare qualcosa a me stesso!” – GS urlò, prima che Eryon potesse terminare il suo concetto – “Come fai a non capirlo? Ho deciso di entrare a far parte della squadra di Tara, per provare a me stesso che posso incrociarla senza che il cuore mi batta a mille e le gambe inizino a tremarmi. Tu mi hai visto… sai in che condizioni sono stato” – GS gettò via il pacchetto col ghiaccio – “Da quando mi sono ripreso non sono più riuscito a lavorare con lei”.
“Forse perché Hanna non vi ha mai messi in turno insieme?”.
“Perché non ce n’è stata occasione. Adesso che me n’è stata data una, non voglio gettarla via. Voglio provare a me stesso che si è trattato solo di un momento e che lei non è un punto debole!”.
Eryon, che fino a quel momento lo aveva ascoltato senza dire nulla, abbozzò il suo enigmatico sorrisetto – “O vuoi andarci a lavorare per stare con lei?”.
GS lo fissò inorridito – “Ma come puoi dire una cosa del genere? Non è per stare con lei che entro nella sua squadra. Lo faccio perché devo affrontare una volta per tutte questa storia. Tara è stato un grosso problema per me ma se non la affronto, ho paura che lo resterà per sempre!”.
“E non hai paura che ti possa innamorare nuovamente di lei?”.
Quelle parole di Eryon lo lasciarono un attimo interdetto, poi il cavaliere scosse il capo – “Può anche darsi che finisca così. Non è questo il punto”.
“E quale sarebbe il punto?” – Eryon non gli dava tregua.
“Riuscire a gestire questa cosa. Ci sono sempre riuscito nella mia vita ma nei mesi scorsi ho perso il controllo e mi sono lasciato sommergere da un mare di emozioni, che ha rischiato di affogarmi” – GS restò un attimo in silenzio, mentre il ricordo dei mesi passati riaffiorava lentamente – “Ho faticato molto per riprendermi. Ero andato in confusione. Da quando mi sono ripreso, ho cercato di evitare Tara ma non posso sempre scappare. Non lo capisci?”.
“Secondo me dovresti innanzitutto capire cosa ti è successo. Non è che per caso ti sei innamorato di Tara?”.
GS si inumidì le labbra, prima di parlare – “Sarà stato anche amore ma mi è capitato altre volte di innamorarmi e non l’ho mai vissuto così, l’innamoramento” – GS bevve un sorso d’acqua – “Quando Hanna mi ha proposto questo mese nella squadra di Tara, ho visto finalmente presentarsi qell’occasione che attendevo da tempo. La prima cosa che ho pensato è stata di accettare. Se perdevo questa occasione non ne avrei avute altre” – Il cavaliere lasciò il bicchiere sul tavolo e lo fissò – “Quando la mattina mi sarei guardato allo specchio, non mi sarei mai perdonato un gesto che per me equivale ad un’azione di codardia”.
Eryon annuì poco convinto – “Bene. Ti capisco anche se non condivido. Avresti dovuto comunque parlarne con noi. Sarebbe stato un modo per rispettarci”.
GS allargò le braccia e scosse il capo – “Si tratta di un mese. Un solo maledettissimo mese!”.
“Devo andare, adesso” – Eryon si voltò e andò via.
“Ti senti bene, ragazzo?” – Il padrone della taverna si era avvicinato per prendere il bicchiere.
GS annuì, prese il suo giubbotto e andò via.
“Sei uscito finalmente”.
GS fissò Costantine. Allargò leggermente le gambe e unì le mani, assumendo una posizione d’attesa – “Sei qui per darmene ancora?”.
I due amici si fissarono per un lungo, interminabile minuto, poi Costantine scosse il capo – “Non sono qui per suonartele”.
“Meno male” – Disse GS – “Perché questa volta non me ne starei con le mani in mano”.
Costantine si avvicinò al suo amico. I due si scambiarono un abbraccio forte – “Mi dispiace per averti colpito”.
“Beh, potevi pensarci prima. Mi avresti risparmiato un bel po’ di dolore”.
“E’ solo che non mi è andata giù”.
GS inarcò il sopracciglio destro.
“Ma dico io, hai visto le persone con cui hai deciso di fare squadra? Cosa hanno più di noi? Io, te ed Eryon eravamo forti, amico. Con l’ingresso in squadra di Mary, saremmo diventati una quartina pericolosa”.
“Siamo ancora una squadra” – Disse GS.
“Ma se te ne vai! Entri nella squadra di Tara!”.
“Solo per un mese”.
Costantine si rese conto che un mese sarebbe passato in fretta – “Allora ti aspetteremo ma vedi di tornare tra un mese!”.
“Non ho nessuna intenzione di entrare fisso nella squadra di Tara. Ho bisogno di questo mese. È la prova che stavo attendendo da tempo. Per me è importante”.
Costantine sorrise – “Beh, se dovessi capire di non farcela, chiedi pure il mio aiuto. Io ci sarò”.
GS porse la mano al suo migliore amico. Costantine ricambiò la stretta forte e vigorosa – “Ti ringrazio per l’aiuto ma non ne avrò bisogno”.
“Lo spero proprio” – Gli disse l’altro – “Già che mi hai perso la testa per una come quella una volta, basta e avanza! Ma siccome so che tu ricadi spesso negli stessi errori, allora mi preoccupo”.
GS sorrise e poi, non riuscendo a trattenersi, iniziò a ridere di gusto – “Vedrai che non cadrò nello stesso errore”.
“Nel senso che hai aperto gli occhi e ti sei reso conto di com’è fatta?” – GS inarcò nuovamente il sopracciglio destro, segno che non aveva ben compreso le parole dell’amico – “Ma dai! Non dirmi che non hai visto quella pelle squamosa!”.
GS non disse nulla. Diede una pacca sulla spalla dell’amico – “Vediamo se troviamo un chiosco aperto. Ti offro da bere”.
“Questa si che è una buona idea!” – Esclamò Costantine – “Comunque, tornando al discorso di prima, non è possibile che uno giovane come te vada dietro a quella lì! Oltre a essere attempata – e non ho voluto dire vecchia, perché voglio essere rispettoso – è anche improponibile!”.
“Improponibile?”.
“Ma sì! Ha il corpo che cade a pezzi! Non sa usare un peso e perde solo tempo! Inoltre è spilorcia, ipocrita, permalosa…”.
“Ho capito, ho capito!”.
“Guarda che potrei continuare all’infinito” – Costantine fissò il suo amico – “Devo continuare?”.
“Non c’è bisogno”.
“Guarda che se mi finisci nuovamente come qualche mese fa, te la spacco del tutto la faccia. Hai capito?”.
“Ho capito, non c’è bisogno che mi minacci”.
“E poi è un rudere, dai! Ma nemmeno se fosse l’unica donna sulla faccia della Terra! Piuttosto divento un gatto! Ma per cortesia, non vedi quei capelli? Te lo devo dire io come sono…”.
GS iniziò a ridere e non la smetteva più. Costantine continuava il suo soliloquio, chiedendogli cosa ci fosse da ridere, sottolineando che stava dicendo solo la verità e GS continuava a ridere senza più fermarsi. Ma mentre rideva, il cavaliere pensava al Signore del Clan e si chiese fino a quando sarebbe durata la tregua.