Sfortuna

27.07.2014 09:12

GS era sul balcone di casa e stava guardando la strada, lanciando di tanto in tanto sguardi al cielo. La Corona dell’Ariete era muta, non segnalava la presenza di Fergus. Dov’era finito il Signore di Marte? Il cavaliere aveva comunicato col suo alleato, lanciandogli un messaggio in cui diceva che aveva delle novità ma erano passati già trenta minuti e di Fergus nemmeno l’ombra.

Il ragazzo stava fissando una donna intenta a parcheggiare (trovare un posto nel suo quartiere era un’impresa titanica!), quando la corona gli lanciò un debole segnale. I suoi occhi si girarono in ogni direzione ma Fergus non c’era. Poi il Signore di Marte rese nota la sua presenza – “Sono qui. Sono invisibile”.

GS sussultò ed il suo cuore quasi perse un battito, quando udì la voce meccanica di Fergus. Si voltò verso sinistra: non vedeva  nulla eppure il Signore di Marte era a pochi centimetri da lui. Il ragazzo si guardò intorno e sussurrò all’invisibile presenza di entrare in casa, dove – per fortuna – non c’era nessuno.

 

Fergus tornò ad essere visibile.

“Ho scoperto che qualcuno sta commettendo dei furti lungo il litorale di una città vicina” – GS raccontò a Fergus tutti i dettagli che era riuscito a scoprire, tralasciando la versione di Toby.

Dopo aver ascoltato le sue parole,  Fergus rimase immobile e solo dopo alcuni minuti parlò – “Metalli e carburanti” – Disse – “Non riesco a trovare alcuna correlazione tra questi due elementi”.

GS era pensieroso – “Nemmeno io riesco a capire il motivo della loro scelta. A quanto mi è stato detto, i ladri cercavano di celare la propria presenza e scappavano via non appena venivano individuati”.

I due alleati giunsero alla conclusione che i furti potevano anche non centrare nulla con i mostri spaziali ma era meglio investigare ugualmente. GS chiese anche a Fergus cosa avesse risolto con i simboli ritrovati da Argon.

“Non sono riuscito a capirci granché e nemmeno i miei calcolatori sono stati in grado di darmi aiuto” – Il Signore di Marte fece una pausa – “Ho bisogno di tutti i simboli possibili per riuscire a ricostruire qualcosa. L’unica cosa certa è che si tratta di un linguaggio molto complesso per una semplice tribù di mostri”.

“Non vorrei che dietro di loro ci fosse una Strega o un Signore dei mostri” – La mente di GS corse rapida attraverso i meandri dei ricordi, fino a giungere al tempo in cui l’Orda invase il sistema solare.

La gigantesca Orda di Mostri, formata dall’unione di diverse tribù, era stata annunciata dallo strano pirata dello spazio che si faceva chiamare Signore dei Robot, il quale, circa un anno prima l’arrivo dell’Orda, aveva cercato di radunare molti robot per affrontarla. Ma il Signore dei Robot voleva attuare i suoi propositi attraverso un esercito di Soldati (corpi robotici ai quali erano stati collegati dei cervelli umani), in grado di ammazzare anche esseri umani. Per attuare il suo piano e formare un esercito in grado di annientare l’Orda, il Signore dei Robot aveva anche creato scompiglio in una colonia spaziale sulla quale vivevano uomini appartenenti ad un progetto militare segreto. Non tutti gli esseri umani presenti sulla colonia erano disposti ad essere uniti con corpi meccanici al fine di annientare i mostri in battaglia.

L’Orda era giunta carica di odio e rabbia. I mostri erano calati sull’asteroide – baluardo difensivo della razza umana – come una  nube tossica su una città incontaminata. A capo delle forze di difesa, costituite da Maghi guerrieri – in possesso delle loro straordinarie armi lucenti –, Spadaccini e soldati imperiali; tutti uniti ai maghi di Magya, c’era il Grande Maestro che, proprio in quell’occasione, aveva deciso di rientrare in azione, data la gravità dell’evento, dopo anni di inattività.

Ed era stato un bene per tutti che il Grande MU avesse preso quella decisione, perché senza di lui l’asteroide sarebbe caduto e con esso la Terra. E mentre il Grande Maestro si occupava della difesa dell’asteroide, prestando particolare attenzione al portale di accesso al pianeta azzurro, lui si era imbarcato in una delicata missione, con lo scopo ultimo di indagare su una base segreta. All’epoca, il Grande Maestro lo impiegava soprattutto come Gahijin.

L’Orda venne respinta a seguito di una cruciale battaglia ma non fu distrutta completamente. Alcuni dei suoi stregoni (esseri umani divenuti mostri) e le sue Regine (donne unitesi ai mostri dello spazio per formare un unico corpo) erano riusciti a mettersi in salvo.

“Sei pensieroso”.

GS fissò Fergus, riemergendo dall’abisso dei ricordi, luogo nel quale spesso si perdeva – “Si, stavo pensando all’Orda”.

“Anche io ho collegato i ritrovamenti all’Orda” – Disse Fergus – “L’Orda era comandata da Stregoni e Regine. Questi sono gli unici esseri nel mondo dei mostri a ricorrere ad un linguaggio anche abbastanza articolato”.

“Gli Stregoni, spesso sono esseri umani tramutati completamente in mostri o mostri dotati di particolari capacità intellettive” – Ricordò GS, parlando ad alta voce.

“Proprio così” – Confermò il Signore di Marte – “E spesso sono i primi, quelli a possedere un linguaggio e una scrittura articolati. I secondi sono in possesso, solo, di poteri fuori dal comune”.

“Ma sono anni che nessun mostro si unisce agli esseri umani…” – GS ebbe un attimo di esitazione, ricordandosi improvvisamente del suo ultimo incontro con Wyrm, durante il periodo che aveva passato ad insegnare nella Scuola Reja.

“I mostri non giungono più nel nostro universo da molti anni, ormai” – Gli ricordò il suo alleato – “Solo di recente hanno ripreso a insidiare il nostro sistema solare”.

GS ricordò la presenza dei Ragni neri e quella di Wyrm – “I mostri avvistati da Argon non sono certo i primi che giungono sulla Terra dopo così tanto tempo”.

“Solo negli ultimi due anni i mostri sono tornati” – Disse Fergus – “Ci sono stati i Ragni neri, poi Wyrm e, infine, queste creature acquatiche. Sia nel primo caso che nel secondo ho ritrovato dei simboli ma nulla di tanto complesso”.

GS si morse il labbro inferiore, pensando chi potesse esserci dietro questi nuovi mostri spaziali.

Come se gli avesse letto nella mente, Fergus lo rassicurò – “Scoprirò chiunque ci sia dietro i mostri”.

 

GS si recò nella zona litorale della città vicina. Viaggiò in treno e in dieci minuti raggiunse il suo obiettivo. Fergus lo seguiva dall’alto, facendo bene attenzione a non rivelare la sua presenza.

Il cielo era coperto, il vento soffiava freddo. Era un clima davvero insolito per quel periodo dell’anno. A GS non dispiaceva – aveva sempre odiato il caldo e le ultime estati erano state davvero afose – ma il ragazzo si chiedeva come mai ci fosse un clima così anomalo. Qualcuno gli aveva detto che era a causa di un’eruzione avvenuta di recente, che spesso – a seguito di un’eruzione – il clima veniva stravolto. Alzò gli occhi al cielo e vide le nubi che oscuravano il sole. Si era vestito con calzoncini e maglietta e avvertiva il freddo sulla pelle. Prima di uscire, aveva lanciato un’ultima occhiata al cielo che non era certamente limpido, ma la sua mente si era rifiutata di prendere altri vestiti. Per lui era estate, anche se il clima era da inverno.

Percorse i vicoli che portavano alla zona litorale, incrociò lo sguardo di uomini e donne che tenevano le bancarelle col cibo, come pannocchie ed altri prodotti tipici di quella stagione. Le persone fissavano il cielo, come se volessero alzare una preghiera all’iddio, affinché facesse finire quel tempo. Le stradine erano piccole e strette, spesso con automobili parcheggiate su uno dei due lati. I palazzi erano anch’essi vecchi ma resistevano ancora ed i portoni erano arrugginiti e scoloriti. All’esterno di alcuni palazzi c’erano delle signore anziane sedute e lo fissavano, forse chiedendosi chi era quel ragazzo che non avevano mai visto prima. Fuori ad una sala giochi c’erano dei ragazzi, anche sui venticinque anni, che se ne stavano appoggiati al muro o seduti in sella ai loro ciclomotori. Parlavano del più e del meno, sorridevano ma nei loro occhi si leggeva la rassegnazione di chi sa bene di non avere un futuro. I vicoli erano anche pieni di belle ragazze, che se ne stavano immobili, fissando la strada, cercando di leggere nell’animo dei passanti. Chissà cosa aspettavano. Belle ragazze, ancora giovani, ma che si erano già arrese.

La strada principale, continuazione di quella che tagliava anche la sua città, era più viva. C’erano automobili che sfrecciavano in entrambi i sensi, ragazzi che si esibivano sui loro motorini. C’erano negozi pieni di clienti, bambini che giocavano allegramente sui marciapiedi. GS sorrise, osservando i monelli che si rincorrevano poi ci fu un forte tuono. Il ragazzo fissò l’altro lato della strada, una fugace occhiata in entrambi i sensi di marcia, poi attraversò.

Percorse la strada fino a giungere ad una svolta, evitò di guardare le persone sedute sulle panchine – uomini e donne dallo sguardo duro e dall’animo indurito da una vita che con loro non era stata molto gentile – e si diresse, senza esitazione, verso il litorale.

Giunto nei pressi della spiaggia, GS si guardò intorno: era stato troppo ottimista nello sperare che avrebbe trovato subito indizi. Il litorale della città vicina era molto lungo ed i mostri – ammesso che la vicenda riguardasse quegli esseri spregevoli e  non una comune banda di malviventi – potevano essere arrivati in qualunque punto. Un secondo tuono ruppe il silenzio, caricando l’aria di elettricità. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, sperando che non gli si scaricasse addosso un acquazzone. Quando tornò a guardare la strada che portava sul lungo litorale, GS vide alcune persone dirigersi verso di lui. Si trattava di bagnanti che, visto come si stava mettendo il tempo (e forse anche data l’ora tarda del pomeriggio), avevano deciso di rincasare.

Il ragazzo si avvicinò alla prima famiglia: una donna in carne e due ragazzini entrambi piccoli. La signora stringeva sotto un braccio un ombrellone ed una grossa busta nella mano destra. GS si presentò con molta educazione, dicendo alla signora di essere un collaboratore che lavorava per un giornale locale – “Signora, sono qui per sapere qualcosa riguardo i furti commessi negli ultimi giorni”.

La donna annuì. Uno dei due bambini lo fissò incuriosito.

“Ho sentito storie strane in merito…”.

La donna non gli fece finire il discorso – “Lavora per uno di quei giornali che si occupano di misteri e affini?”.

GS prese la palla la balzo – “Proprio così, signora”.

 “Mi piacciono tanto i misteri! Qual è il nome? Per quale testata lavora?” – GS si sentì in difficoltà, con la mente che lavorava freneticamente alla ricerca di un nome ma fu la donna stessa a salvarlo – “Sono certa che non può rivelarmelo, vero?”.

“In effetti, l’editore preferisce che il nome del giornale resti segreto, fino al momento della pubblicazione” – Sfoderò il sorriso più bello che aveva – “Spero che per lei non sia un problema”.

La donna gli diede una pacca sulla spalla – “Assolutamente no, ragazzo. Spostiamoci da qui” – La donna lanciò un’occhiata in direzione degli altri che stavano risalendo e afferrò “il giornalista” per il braccio – “Andiamo più su, non facciamoci sentire dagli altri” – La donna gli rivolse un’occhiata eloquente – “Mi prenderebbero per matta. Non tutti credono a questo genere di cose”.

“Io ci credo” – Le disse il cavaliere, fissandola intensamente negli occhi, prima in uno e poi nell’altro.

“Ne sono convinta, visto il lavoro che fa”.

La donna iniziò a parlare di strane ombre, esseri dall’aspetto smilzo e affusolato – “Qualcuno dice che abbiano tre occhi!”. Secondo la donna, che riferì di aver parlato con diversi appassionati del genere, persino gente che aveva avuto un incontro ravvicinato, gli esseri avvistati erano degli alieni, la cui astronave doveva essere finita sul fondo del mare. Gli alieni cercavano carburante e metallo – “Molto probabilmente stanno cercando di riparare il loro disco e di recuperare carburante per il lungo viaggio interstellare.

“Secondo me  non è che usano i nostri stessi prodotti ma li trasformano in propellenti spaziali. Anche i metalli, li convertono in qualcosa di diverso, un metallo compatibile con quello del loro disco”.

GS, ormai abituato a sentire discorsi come quelli, filtrò la maggior parte delle notizie, dando importanza solo a ciò che riteneva coerente con la storia (sarebbe meglio dire che riteneva attendibile solo quello che combaciava con la sua versione della storia!).

“Signora, dove hanno il disco?” – Quella era la parte che lo aveva colpito maggiormente.

“In fondo al mare” – Rispose la donna, sicura di sé. Uno dei due bambini le tirò la gonna, segno che se ne voleva andare via. la madre gli fece cenno di portare pazienza – “Sono in molti a dire che scompaiono tra i flutti delle acque, scomparendo nel fondo. In molti hanno cercato di investigare ma non sono riusciti a trovare nulla. Chissà a quale profondità si sono rintanati. Ci vorrebbe un sottomarino!”.

GS annuì – “Sa ogni quanto colpiscono?”.

“Subito dopo le notti di luna piena” – Rispose subito la signora,  che poi fissò il ragazzo e disse – “Ma non ha scritto nulla, sicuro che se lo ricorda?”.

GS fece cenno di sì col capo – “Ormai ho una memoria allenata,  non si deve preoccupare di nulla. È meglio non scrivere nulla, così da non lasciare tracce… se mai perdessi il blocchetto degli appunti”.

“Ha proprio ragione!” – La donna gli diede un’altra pacca sulla spalla – “Si vede che sei un bravo ragazzo” – Gli si fece più vicina – “Ma dimmi, è vero che qui intorno sono tornati i licantropi?”.

 

GS si avviò rapidamente verso la stazione, era appena tornato sulla strada principale che cominciò a piovere. Il cavaliere lanciò un’imprecazione a denti stretti e decise di proseguire. Si mise a piovere forte e prima che riuscisse a raggiungere la stazione, il ragazzo si inzuppò completamente. Si recò alla biglietteria ma scoprì che la donna addetta al piccolo ufficio non c’era. Maledicendo la sorte che si stava accanendo contro di lui, GS cercò il distributore automatico, inserendo un euro e digitando la destinazione ma il distributore si inceppò e ancora una volta – per l’ennesima! – il cavaliere imprecò contro la cattiva sorte che si stava accanendo su di lui. Il ragazzo si sedette su una sedia – “Viaggerò senza biglietto!” – Pensò, tanto era una sola fermata.

Il treno tardò, saltando due corse e arrivando dopo più di un’ora. C’era una sola cosa positiva dopo tutto quello che gli era accaduto: aveva smesso di piovere… ma si era alzato un vento gelido!

Il cavaliere salì sul treno e si mise comodo, sperando di arrivare presto a casa, ché aveva bisogno di una doccia calda e di bere qualcosa di ristoratore. La corsa non era nemmeno iniziata che il controllore gli si avvicinò – “Biglietto, prego”.

GS aprì gli occhi e fissò il volto del ragazzo che attendeva il biglietto. Non c’era mai stato un controllore su quei treni, giusto quel giorno ne doveva comparire uno! Il ragazzo, stanco persino di sorridere, scosse il capo.

 

Il treno arrivò in stazione in breve tempo. Prima di fermarsi alla fermata che gli occorreva, ne aveva fatte altre due. GS aveva dimenticato il percorso del treno. Il controllore, un ragazzo giovane, trasferito da poco dal nord, aveva compreso le sue ragioni – anche se non aveva creduto alla sua versione dei fatti – e gli aveva permesso di fare il biglietto sul treno, rimproverandolo perché alla sua età non si doveva viaggiare senza biglietto – “Sono cose che si fanno solo da ragazzini e tu non lo sei più!” – Gli aveva detto. GS aveva cercato di contenere la rabbia, si era limitato ad annuire, sperando che la sua fermata giungesse presto. E quando scese dal treno, ringraziò il signore: finalmente era nella stazione di casa sua! Raggiunse la strada che doveva percorrere per giungere a casa sua, era una via larga e scoperta. Di solito, in un quarto d’ora GS raggiungeva casa sua. Ovviamente dovette percorrere tutta la strada sotto la pioggia, dal momento che ricominciò a piovere molto forte!

 

Il cavaliere rientrò in casa, chiedendosi cosa stesse pensando di lui Fergus, perché il Signore di Marte aveva sicuramente seguito tutte le sue mosse da qualche parte lassù, tra le nubi cariche di acqua e di elettricità. Non appena entrò in casa, gettò i vestiti impregnati di acqua nel cestone per i vestiti sporchi, avvolse un asciugamano intorno alla vita e andò immediatamente sotto la doccia. Non imprecò quando l’acqua uscì fredda invece che calda, perché quello era un difetto che la sua doccia faceva spesso o, forse, perché ormai si era abituato alla folata di aria negativa che gli soffiava contro.

Si lavò, strofinando bene, sperando che il sapone potesse lavare via anche la malasorte che gli si era appiccicata addosso come un velo nero, si risciacquò sotto l’acqua che si era fatta finalmente calda, poi si avvolse nell’asciugamano e sospirò. Qualcuno cercò di aprire la porta del bagno, immaginando che fosse uno degli anziani genitori GS si mosse ed aprì ma nel farlo cadde e imprecò per l’ennesima volta in quella giornata.

Lasciò che suo padre entrasse in bagno. L’uomo lo fissò senza dire una parola – tanto i suoi occhi esprimevano tutto il disappunto che l’uomo si portava dentro. GS evitò quello sguardo e tornò in camera sua, si vestì con una tuta e si stese a letto, fissando il soffitto. Mentre si chiedeva cosa dovesse ancora accadere, il cavaliere si addormentò.

 

Si svegliò poco dopo. Gli sembrò di riemergere da un mondo lontano, strappato dalla pace che era riuscito finalmente a trovare, afferrato da una mano gelida, malvagia, munita di artigli. Vide sua madre che lottava contro il balcone della camera e suo fratello che entrava con uno straccio. Quando chiese cosa stesse succedendo, sia la madre che il fratello gli risposero che si era addormentato col balcone aperto e la stanza si era allagata, poiché la pioggia era entrata con la stessa cattiveria di un fiume in piena.

GS lanciò uno sguardo al pavimento bagnato, e ricadde nuovamente nel letto, chiedendosi il perché stessero accadendo quelle cose proprio a lui. E mentre la sua mente scavava in quella follia, alla ricerca di una spiegazione plausibile, GS si accorse di avere freddo. Proprio in quel momento, mentre stava battendo i denti, il cavaliere si rese conto di essersi addormentato senza la maglia, a torso scoperto. Sua madre lo rimproverò, dandogli del matto e lanciandogli una maglietta. Anche suo fratello ribadì il concetto che non doveva stare molto bene in quei giorni. Lui non disse nulla, consapevole che suo fratello maggiore avesse fin troppo ragione, si infilò la maglietta, mise le pantofole e si diresse verso la cucina. Era ora di cena. Incrociò sua cognata, con i due bimbi piccoli: Mary Lou e Julio. Salutò con affettò i bambini, baciando e scompigliando i capelli alla femminuccia e prendendo in braccio Julio, che non vedeva da un paio di mesi. Il bimbo, che aveva poco più di sei mesi, lo fissò e iniziò a piangere. GS fu costretto a lasciarlo alla madre, salutò tutti e si diresse a tavola, dove suo padre aveva già apparecchiato.

 


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