Shutra: la Signora del Potere!
Setacciava le strade della città in cerca della sua nuova preda, come un lupo famelico, affamato. Sfiorava decine di uomini e di donne che, ignari della sua presenza, continuavano a bere i propri drinks e a conversare animatamente.
La sua essenza intangibile ed eterea provava dolore, una forma di dolore che era dato provare solo alle entità più remote. Provava dolore perché non riusciva a trovare la persona giusta. Il suo vagare era eterno e credeva che non sarebbe comparsa la persona giusta ma si sbagliava!
Eccola lì la sua preda! Si,era proprio una preda.
Sabry, ignara dell’entità millenaria che la scrutava nella notte, se ne stava seduta sui gradini di pietra freddi, con lo sguardo assente. Nell’acqua fissava il suo viso, il suo corpo. Non era male, ma allora perché tutti i ragazzi le davano buca o si prendevano gioco di lei?
Aveva sempre creduto che la bellezza fosse tutto e invece si rendeva conto che non le aveva permesso di ottenere niente, a parte qualche occasionale avventura. Ma Sabry era stanca di tutti quei ragazzi che stavano con lei pochi giorni, giusto il tempo di divertirsi. Ne era stanca eppure non riusciva a farsi amare da un uomo per più di una settimana. Forse la trovavano troppo stupida? Era la sua paura, da sempre. Il fatto di non essere mai andata a scuola non le permetteva di capire molti discorsi articolati che facevano i ragazzi e lei stessa non sapeva sostenere un discorso serio. Forse era per quello che in molti si erano stancati di lei, dopo aver avuto il suo corpo… forse era per quello che Giovanni si era stancato di lei prima ancora di avere il suo corpo.
“Povera Sabry”.
Sabry sussultò e cominciò a guardarsi intorno. Nessuno. Allora si mise in piedi e cercò qualcuno nascosto nell’ombra che le avesse parlato. Vide solo un cane, un bastardino che “annaffiava” una pianta.
“Vorresti avere più conoscenza vero?”.
Ancora quella voce! “Ma chi sei?”.
“Non parlare ad alta voce o ti prenderanno per pazza”.
La voce era fredda, eppure sembrava volesse infonderle tanto calore, quello stesso calore che cercava da anni.
“Io posso sentire i tuoi pensieri, quindi non c’è bisogno che parli e ti dico immediatamente che non stai impazzendo”.
Sabry deglutì a fatica – “Ma chi sei? Cosa sei?” – Non si era ancora abituata all’idea che qualcuno o qualcosa potesse ascoltare i suoi pensieri, però adesso parlava a voce bassa.
“Io sono il Potere!”.
“Che significa?” – Sabry aveva l’impressione che in realtà fosse impazzita e la prima cosa che le tornò in mente fu l’eroina che aveva sniffato quella volta a tredici anni.
“Bambina chi credi che abbia facilitato il compito a Napoleone Bonaparte o a Gengis Khan prima di lui, tanto per fare un esempio?”.
Sabry ricordava vagamente quei nomi, ma persino lei sapeva che erano grandi conquistatori, che molti anni prima avevano assoggettato parte del mondo – “Sei stato tu a permettergli di diventare grandi uomini?”.
“Sono stato io a permetter loro di dominare il mondo! Ed ora posso permettere anche a te di diventare come loro”.
“Dici sul serio?” – Sabry si portò una mano alla bocca e si guardò intorno. C’era solo il cane in quella strada oltre a lei. La bestiola si era voltata nella sua direzione, l’aveva osservata alcuni attimi e poi aveva ripreso a zampettare diretta chissà dove. Sabry sorrise. Forse stava diventando pazza, ma quello era un bel delirio.
“Io non mento mai ragazza. Posso farti impersonare il nuovo dominatore del mondo, ti farò diventare la sovrana di questa terra ma le cose avverranno gradualmente”.
“Spiegati meglio”.
“Cerca nell’immondizia, in mezzo a tutti quei cassonetti. Troverai dei vestiti molto interessanti”.
Sabry si lanciò avidamente tra i rifiuti. Puzzavano da morire e presto anche lei avrebbe avuto quel fetore. I suoi vecchi ragazzi avrebbero riso di lei se l’avessero vista: La bella Sabry che finalmente se ne stava nell’immondizia dopo che l’avevano usata. Ma quando i suoi occhi videro quegli abiti strani ma splendidi non credeva più che fosse solo il delirio di una pazza, quello.
“Indossali, non temere. Prima di tutto, la nuova sovrana della Terra deve pensare ad un look sgargiante”.
Sabry fece come le aveva detto la voce. Si spogliò dei suoi abiti e indossò quelle strane vesti. Tra i rifiuti c’era un grosso specchio, gettato lì perché troppo vecchio, che le rimandò la sua immagine, la sua nuova immagine! Sembrava una di quelle amazzoni che aveva visto spesso nei film.
“Benvenuta Shutra, regina del potere!”.
“Io sarei Shutra?” – Sabry non riusciva a trattenere l’emozione, le tremava la voce.
“Certo. Tu sei Shutra, avrai un immenso potere… ed un castello!”.
“Un castello? Dove?”.
“Quella vecchia costruzione abbandonata che i tuoi paesani chiamano Torre”.
Sabry fissò la cupa struttura. Sorgeva sulla scogliera. Sapeva solo che un tempo aveva ospitato un albergo bellissimo.
“Nessuno si accorgerà di niente… almeno fino a quando non sarà giunto finalmente il momento di partire alla conquista del mondo!”.
Sabry raggiunse la Torre e si ritrovò di fronte ad uno scenario incredibile! La vecchia piscina era pronta, piena d’acqua. L’interno della Torre era addobbato di sfarzosi arazzi persiani (ma per Sabry si trattava di semplici tappeti). Oro e argento erano ovunque.
“Questo… tutto questo è mio?”.
“Proprio così Shutra. Tra pochi giorni arriverà anche il tuo esercito”.
“Un esercito?” – Sabry, anzi Shutra era sempre più stupita. Lei, una semplice ragazza di campagna, che tutti definivano stupida, frivola e superficiale era finalmente diventata qualcuno e questa volta senza indossare gli abiti di qualcun'altra. Non più lo spettro della Principessa dei Vikings al comando di una banda di vecchi soldati rincitrulliti, ma Shutra: la principessa del potere!
Quando, di mattino presto, Sabry tornò alla Torre, due giorni dopo il suo incontro con l’intangibile voce che aveva detto di chiamarsi il Potere, si stupì nel trovare una folla di ragazzi ad aspettarla. Il suo piccolo esercito personale si inginocchiò e la salutò a voce alta, chiamandola Shutra.
“Hai visto che ho mantenuto la mia parola?”.
Sabry rimase senza fiato. Non si era ancora abituata alla voce che le danzava nella mente, ma quella volta non parlò, pensò – “Si, era tutto vero! Guarda quanti bei fusti”.
“E sono tutti ai tuoi piedi, Shutra… ma adesso è giusto che tu mi ripaghi per quello che ti ho dato. Anche Giulio Cesare, persino Attila e i primi papi della chiesa cattolica dovettero pagarmi un piccolo tributo per la loro fama”.
“Cosa chiedi?”.
“In fondo alla sala c’è una maschera appesa al muro”.
Shutra vide l’orrida maschera di pietra. Sembrava “La bocca della verità” che aveva visto da bambina in un parco giochi ma era davvero orrenda. Rappresentava un demone con le fauci spalancate. “La vedo”.
“Bene. Dovremo sigillare un patto di sangue. Infila la mano destra nella bocca della maschera ed il gioco sarà fatto”.
Sabry rabbrividì ma scacciò la sensazione di pericolo che le attanagliava la gola (o forse credeva semplicemente di avere mal di gola) e si avvicinò alla maschera. Infilò la mano nelle fauci e lanciò un grido. Quando tirò fuori la mano, il suo indice era segnato da un puntino dal quale scorreva del sangue. Sorrise. “E’ tutto qui?”.
“Proprio così. Adesso il nostro patto è sigillato. Non ti resta che ordinare ai tuoi sudditi… ai tuoi schiavi di reclutare altri uomini. Quando il tuo esercito avrà raggiunto le giuste proporzioni prenderemo d’assalto la città!”.
Sabry uscì dalle sue stanze e fissò i suoi uomini. Ordinò loro di reclutare nuovi soldati ma due se li tenne per sé, per i suoi giochi.
GS era appena tornato a casa. Quel mese era stato tremendo! Prima il tirocinio, poi i due esami più difficili dell’anno accademico. Era rimasto più di dieci giorni chiuso in casa, come un eremita. I suoi unici amici per ore ed ore erano stati quattro libri ma per fortuna era riuscito a superare entrambi gli esami e così aveva deciso di prendersi qualche giorno di riposo a casa.
Che bello sarebbe stato rivedere i vecchi amici, fare baldoria per le strade della sua amata città e conoscere qualche nuova ragazza. Era assorto nelle sue fantasie quando, dopo aver poggiato la borsa sul pavimento dell’ingresso, aveva notato che la Corona dell’ariete splendeva. Come attratto da una forza irresistibile, oltre che dalla sua curiosità, GS toccò la corona e la indossò. Un dolore lancinante! Gli sembrava che la corteccia cerebrale andasse a fuoco, aveva la sensazione che qualcuno gli stuzzicasse i recettori della spina dorsale con degli aghi bollenti. Vide una serie di immagini contorte fino a quando non riuscì a togliere via la corona. Si ritrovò così sudato e ansimante in camera sua. Ripensò a quelle immagini: La Torre ed un’ombra. Era chiaro che la Corona dell’ariete volesse metterlo in guardia… ma da che cosa?
L’unico modo per scoprirlo era recarsi alla Torre e controllare cosa stava accadendo. Fissò la Fire son depositata nell’angolo e ricordò del voto che aveva fatto prima di cominciare il corso di studi. Aveva giurato al Grande Maestro che sarebbe rimasto lontano dai guai. Aveva infranto quella promessa diverse volte e una in più non faceva differenza. Conscio che la Fire son poteva raggiungerlo ovunque si trovasse, decise di uscire portandosi dietro il Pugno di Boron e la corona. Prese l’auto e sfrecciò verso la strada perpendicolare alla Nazionale. In quell’ora non c’era molto traffico e GS raggiunse in fretta il parco che precludeva la vecchia costruzione. Quando uscì dall’auto GS ebbe come la sensazione che qualcuno lo stesse osservando. Il ragazzo cominciò a guardarsi intorno ma non scorse nessuno di sospetto, eppure la corona che gli cingeva il capo gli trasmetteva la chiara sensazione di essere spiato. Qualcosa che proveniva dalla Torre. “Adesso vedremo di cosa si tratta” – Con l’idea fissa di svelare il mistero, GS si incamminò verso la Torre.
Il Potere crepitò quando percepì la linfa vitale di GS. sapeva che il suo vecchio nemico era scomparso ed invece eccolo che compariva quando i suoi piani stavano per diventare realtà. GS era da solo e non poteva in nessun modo sopraffare le decine di schiavi che aveva reclutato per mezzo della sua nuova marionetta.
“Shutra smettila di gingillarti con quei due pezzenti”.
“Di nuovo tu!” – Questa volta Shutra appariva stufa. Il Potere capì che anch’ella stava per ribellarsi. Sempre così gli esseri umani! Ingrati, dimenticavano presto a chi dovevano la loro gloria. Il Potere avrebbe aspettato ancora un po’ e poi finalmente avrebbe attuato il suo piano!
“Ascoltami Shutra e non essere insolente con chi ti ha permesso di raggiungere tutto questo. Si sta avvicinando un mio vecchio nemico, un uomo che può fermarmi e di conseguenza… può farti perdere tutto questo!”.
“Nooo!” – Shutra appariva molto preoccupata, non voleva che il suo sogno svanisse – “Come possiamo fermarlo?”.
“Ordina ai tuoi due schiavi di aggredirlo quando raggiungerà la scala di pietra. Poi richiama i seguaci che hai sguinzagliato per la città”.
Shutra ordinò ai suoi due schiavi di attaccare l’intruso che si stava avvicinando. I due giocatori di calcio si tirarono su i pantaloni e scomparvero oltre l’uscio della gloriosa sala.
“Ben fatto. Adesso basterà che tu pensi gli ordini da impartire agli altri. Richiamali mentalmente e io farò in modo che essi ti ascoltino”.
GS raggiunse la scalinata di pietra che portava in cima alla Torre, su quello che era stato un tempo un bellissimo terrazzo con in mezzo una immensa piscina. Il ragazzo stava salendo i primi scalini, quando vide i due uomini in cima. “Chi siete voi?”. La corona gli suggeriva che erano pericolosi ed il loro sguardo perso gli faceva pensare che quei due uomini fossero sotto l’influsso di qualcuno o qualcosa. Il primo dei due, un ragazzone alto due metri e con le spalle di un giocatore di rugby, afferrò un grosso randello e cominciò a scendere verso di lui. “Sapevo che mi sarei ficcato nuovamente nei guai!” – GS era stufo di lottare, ma sembrava che doveva rifarlo ed inoltre senza l’aiuto della sua corazza e questo poteva voler dire che anche un semplice uomo come quello che scendeva verso di lui sarebbe bastato a mandarlo all’altro mondo. Rovistando nello zaino che portava sulle spalle, GS afferrò il maglio di Boron e lo indossò – “Devo fare molta attenzione” – Pensò il ragazzo – “Devo usarlo solo per difendermi… se colpissi quel ragazzo col maglio, potrei staccargli la testa dal collo!”.
Prima che GS potesse prepararsi, il nemico gli era arrivato vicino ed aveva sferrato un colpo col suo randello. Per fortuna il ragazzo era riuscito ad alzare verso l’alto il braccio destro ed a parare il colpo – “Se comincia così, credo che dovrò impegnarmi molto”. Con la destra GS sferrò un pugno allo stomaco dell’avversario ma questi gli si avvinghiò addosso. Fu solo grazie al suo istinto se il ragazzo evitò di rompersi il collo! Prima di cadere rovinosamente per le scale di pietra, GS si era girato a mezz’aria, facendo finire il suo corpulento aggressore contro la nuda pietra. Il nemico rimase paralizzato, lamentandosi per il dolore.
GS si era appena rimesso in piedi che un calcio poderoso lo colpì in pieno stomaco. Il ragazzo lanciò un urlo e si piegò in due dal dolore ma ebbe la forza di parare il secondo calcio con il braccio destro. Il secondo giocatore, che copriva il ruolo di terzino sinistro nella squadra cittadina, urlò per il dolore e GS lo mise ko con un colpo alla nuca. Stava riprendendo fiato e fissava i volti dei due uomini che aveva steso. Il pericolo era passato e allora perché avvertiva una sensazione così strana e insolita? GS fissò la scalinata di pietra e invece il colpo lo raggiunse alle spalle. I servi di Shutra erano tornati ed uno di essi aveva colpito il ragazzo alla testa con un vaso di creta. I numerosi uomini raccolsero il corpo inerte di GS e lo trascinarono lungo le scale di pietra.
“Ordina ai tuoi servi di deporre quel verme nell’angolo in fondo e di assicurare i suoi polsi a quei ceppi”.
“Ma quello è GS! Lo conosco”.
“Anche io lo conosco e da molto ormai”.
“Cosa c’entra lui in tutta questa storia?”.
Il Potere era ormai stufo delle domande di quel burattino. Era giunto il momento. Finalmente sarebbe sceso in prima persona sul campo da battaglia. “E’ giunto il momento che tu ti sacrifichi, ragazza!”.
“Cosa intendi dire?” - Per la prima volta sul volto di Shutra si dipinse il terrore. Qualcosa le diceva che il suo tempo era terminato e che sarebbe tornata ad essere Sabry… sola ed inutile. I suoi servi le afferrarono i polsi e la trascinarono verso l’orrenda maschera demoniaca. Mentre si avvicinava a quell’orrenda creazione Sabry vide la roccia cadere e sotto comparire qualcosa di simile alla carne viva! L’unica cosa che le restava da fare era urlare!
Riaprì gli occhi e si chiese perché tutto girasse così vorticosamente. Dovette chiudere e riaprire gli occhi diverse volte prima di ritornare in sé. La scena a cui assistette lo costrinse ad agire immediatamente!
Dalla parete di fronte a lui stava emergendo qualcosa di orribile! Un umanoide colossale, robusto e dall’aspetto mostruoso. Il suo ventre si aprì rivelando una sorta di cabina invasa da tubi e fili. Una ventina di uomini stava costringendo Sabry ad entrare nel ventre del mostro. Ma cosa centrava Sabry in tutta quella storia? Si accorse che l’avevano legato con indosso il maglio di Boron. Schiocchi, non sapevano di cosa era in grado quel semplice bracciale. Mentre si liberava dai deboli ceppi, GS vide quel miserabile spettro di luce che aveva imparato a conoscere col nome di “Il Potere”.
“Lasciatela andare!” – GS si lanciò contro la calca umana che stava consegnando la sua amica nelle grinfie del Potere. Riuscì ad abbattere il primo ragazzo con un calcio al basso ventre ma il pugno di un altro servo del Potere lo fece barcollare ed un altro colpo lo proiettò contro lo sfarzoso tavolino di legno. Mentre si massaggiava la mascella dolorante, GS assistette alla simbiosi fra quella enorme creatura, Sabry e il Potere!
“Finalmente dopo millenni ecco che anche io ho il mio corpo… e la mia linfa vitale!”.
“Dannata entità, lascia libera quella ragazza!” – GS strinse il maglio di Boron fino a sentirne scricchiolare il prezioso metallo color del fuoco.
“Dannato ragazzo, finalmente posso combatterti di persona, invece di usare questi maledetti burattini. Avvalendomi di geni dell’elettronica, dell’informatica e di ingegneria idraulica sono riuscito a farmi costruire questo colossale corpo. Molti anni fa ne feci costruire uno identico a quell’imbecille di Hitler ma egli non seppe difenderlo e prima che potesse fondersi con esso, per fornirmi la chiave d’attivazione biologica, si fece battere dagli alleati ed io fui costretto ad abbandonarlo. Fu per questo che il vigliacco si ammazzò con le sue mani. Voi esseri umani non siete niente senza di me, senza il Potere!”.
“Tu rappresenti solo la corruzione per il genere umano”.
“Ti sbagli schiocca cimice! Migliaia di anni fa, quando nacque il primo impero, gli uomini mi battezzarono Il Potere. Sono gli esseri umani stessi a richiamarmi, perché hanno bisogno di me… ed io di loro”.
“Io non so ancora bene cosa tu sia… ma ti posso assicurare una cosa: Oggi ti impartirò una di quelle lezioni che non potrai mai dimenticare!”.
Il colossale automa cominciò a muoversi verso GS. dal suo corpo provenivano nuvole di vapore e cigolii strani, ma GS riuscì a capire che il corpo meccanico stava acquistando sempre più velocità e quando giunse abbastanza vicino da sferrare il suo attacco, alzò verso l’alto il colossale braccio meccanico e, tra nuvole di vapore e scoppiettii, rivelò la grossa lama. L’automa vibrò un colpo poderoso, che GS riuscì a schivare solo grazie alla forza della disperazione. Il braccio di metallo si abbatté frantumando il tavolo e parte del pavimento di pietra. GS era nei pressi dell’entrata e non riusciva a togliere lo sguardo dalla bestiale creazione. Fu il sinistro “clik” che provenne dal braccio sinistro, lo stesso della lama, a metterlo in guardia. GS riuscì a stento a intravedere la mitragliatrice che spuntò al fianco della lama prima che una pioggia di proiettili gli esplodesse contro!
GS si lanciò di lato, oltre l’uscio, evitando per un pelo la raffica mortale che crivellò il pavimento di pietra dell’attico. Il ragazzo si diresse velocemente verso le scale, per fuggire lontano da quell’orrore ma poi pensò a Sabry, imprigionata nel corpo di quell’orrenda creatura. Si voltò, appena in tempo per vedere l’automa emergere dalle rovine. Il grosso arto meccanico gli venne nuovamente puntato contro ma questa volta GS sorrise. La Fire son si materializzò intorno al suo corpo e lo investì di pura energia. “Spara pure adesso!”. Il mitragliatore automatico installato nel braccio di quell’automa dal volto di strega sparò la sua pioggia mortale di colpi ma non servì a nulla! La Fire Son era troppo resistente per quei semplici proiettili. “Adesso giocheremo ad armi pari” – GS si lanciò all’attacco, colpendo col maglio di Boron il pettorale d’acciaio dell’automa, pensando che se fosse riuscito a farvi breccia sarebbe arrivato a Sabry. Se la sua amica si fosse ribellata al Potere forse… quei pensieri l’avevano distratto, dando la possibilità al Potere di colpire col gigantesco maglio destro. L’impatto fu tremendo e GS finì a rotolare tra le schegge di pietra del pavimento. Il suo corpo era intatto, ma aveva un senso di vertigine a causa del volo che aveva fatto. Si riebbe appena in tempo da scorgere la grossa ombra che lo ricopriva. Intuì immediatamente cosa sarebbe successo e rotolò su se stesso abbastanza velocemente da schivare la caduta dell’automa. L’intera Torre tremò sotto al peso dell’automa del Potere e parti della struttura si staccarono per finire di sotto. La grossa testa, che ricordava una povera vecchia impazzita, i cui capelli si erano raccolti in quattro corna ai lati della testa, si voltò verso di lui e prima che GS potesse agire, gli occhi di cristallo si aprirono e raggi di luce lo investirono, scaraventandolo contro i bordi della piscina. GS sentì tutto il suo corpo vibrare all’interno della Fire son e non riuscì a trattenere un gemito di dolore.
“I miei raggi di luce ad alta intensità sono riusciti a ferirti?”.
GS si rimise in piedi ed armò il suo pugno. A contatto con l’aria il Maglio di Boron poteva lanciare lingue di fuoco ad altissima temperatura. Lanciando il grido di guerra GS sferrò il suo attacco. Le fiamme avvolsero il gigantesco corpo… ma il suo attacco non aveva la massima intensità. GS aveva paura di ferire la donna rinchiusa all’interno del corpo mostruoso.
“Le tue fiamme non potrebbero distruggermi nemmeno se fossero lanciate alla massima potenza! Quando i nazisti concepirono questa struttura, lo fecero in modo che nemmeno i lanciafiamme degli alleati potessero scalfirla; nemmeno le loro bombe incendiare potrebbero distruggere il mio corpo”.
Senza preavviso, il colossale nemico scattò. GS non si sarebbe mai aspettato che quell’ammasso di tubi e bulloni potesse muoversi con la grazia di una tigre. Riuscì solo all’ultimo momento a farsi di lato, in modo che il maglio micidiale dell’automa frantumasse i bordi della piscina invece che la sua corazza. Purtroppo, però, la scossa tellurica causata dall’urto del corpo meccanico contro il fondo vuoto della piscina fece perdere l’equilibrio a GS. il ragazzo precipitò di sotto ma riuscì a volteggiare e finire in piedi. GS stava per riordinare le idee quando il colossale maglio d’acciaio lo investì in tutta la sua potenza, scaraventandolo contro un lato della piscina. Senza fermarsi un attimo, anticipato solo dai rumori sinistri provenienti dalle giunture del mostruoso corpo gigante, il pugno raggiunse una seconda volta GS, schiacciandolo nella parete della piscina.
“Questa volta la partita la vinco io!”.
Ma prima che il Potere, per mezzo del suo colossale automa, potesse devastare il cavaliere, dei proiettili di fuoco fecero saltare alcuni congegni alle spalle dell’automa. Quando l’automa si voltò, Il Potere vide attraverso i suoi occhi il robot volante dal corpo indistruttibile.
“Quello sarebbe un altro dei tuoi giocattoli?”.
Gli occhi dell’automa di spalancarono nuovamente ed il fascio di luce investì il robot guerriero Torgan ma il suo corpo indistruttibile non risentì minimamente del fatale raggio che avrebbe aperto in due un carro armato. Mentre Torgan attirava l’attenzione del mostruoso essere, Fergus toglieva il suo amico umano dai guai.
Torgan si lanciò all’attacco, ma il pugno d’acciaio dell’automa fu più rapido di quanto avesse pensato e lo investì, scaraventandolo in aria. Fu Fergus a portare avanti la battaglia, lanciandosi sul nemico e prendendolo a pugni, ma il nemico era troppo grosso. Con l’enorme mano umanoide afferrò il gladiatore marziano e cercò di stritolarlo tra le dita. I pistoni fremevano e nuvoloni di vapore coprivano la scena come una nebbia, poi il Potere riaprì il maglio, poiché al suo interno non vedeva nessuno. Fergus si era come volatilizzato. GS capì che il gladiatore si era reso invisibile mediante il suo elmo dell’invisibilità. L’automa era meccanico, sfruttava Sabry solo per i movimenti, ma non ne aveva il senso del tatto. Torgan tornò sulla scena della battaglia.
“Fergus ricompari e cerca un modo per liberare la ragazza dal corpo del mostro e dall’influenza del Potere” – Poi diretto a Torgan, GS lanciò un altro ordine – “Torgan adatta le tue dimensioni a quelle del nemico!”.
I due robot marziani eseguirono gli ordini del loro Gahijin. Fergus utilizzò lo sguardo X per localizzare Sabry nel corpo del nemico e Torgan utilizzò l’analizzatore per proporzionare le sue dimensioni a quelle del nemico. Il gladiatore schivò il maglio di acciaio, mentre il delicato prisma mentale trasmetteva i dati elaborati al perfetto Cuore di energia ed ecco che si ripeté il miracolo che aveva reso Torgan così singolare. Il gladiatore dall’elmo bicorno divenne grosso quanto il nemico e gli si lanciò contro. Il Potere cercò di abbatterlo per mezzo del grosso pugnale e la lama d’acciaio di frantumò sul corpo indistruttibile. Ma il misterioso automa aveva un'altra arma segreta!
Al posto della lama mostrò una chela d’acciaio e strinse il collo dell’avversario. Il busto ruotò a grande velocità, scaraventando il robot contro il muro. Torgan frantumò la parete della camera e finì nella sala del Potere. Il prodigioso automa cominciò a stringere la chela d’acciaio nell’intento di stritolare il robot ma a Torgan bastò poco per liberarsi. La sua potenza, unita alla durezza della sua corazza indistruttibile, gli permise di frantumare il pistone che donava forza alla chela. La presa si allentò ed il gladiatore di Marte sferrò un pugno che per poco non staccò la testa all’avversario.
“Torgan vacci piano! All’interno di quel colosso c’è un essere umano!” – Poi voltandosi verso Fergus, GS continuò a gridare – “Fergus a che punto sei?”. Il secondo gladiatore di Marte si volto verso il suo protetto e fece lampeggiare una volta la luce in risposta, dopodiché volò verso il petto del mostro e vi si avvinghiò. Mentre il colosso di metallo cercava di rimettersi in piedi, dopo i terribili danni subiti nello scontro letale, Fergus infilò la lama dell’ascia in una crepa nel pettorale e fece leva. Il metallo cedette e il petto dell’automa del potere si aprì come una scatola di sardine. Il nemico afferrò Fergus e cominciò a stringerlo nel possente maglio idraulico, ma Torgan intervenne e con la sua forza strappò la parte superficiale dell’arto metallico, portandosi dietro una serie di cavi di alimentazione. La presa si allentò.
“Fergus vedi di sbrigarti!”.
Il gladiatore individuò la centralina che connetteva i pensieri della donna alle piastre hardware che permettevano i movimenti del nemico e la fece saltare con dei raggi ottici a basso voltaggio. Come Fergus aveva previsto, i cavi che imprigionavano il corpo della donna si allentarono ed il casco che le cingeva il capo cadde, rotolando sul pavimento devastato dalla lotta. Il colosso d’acciaio diede ancora qualche minimo segnale di vita e poi cessò del tutto di muoversi. “Ce l’hai fatta Fergus!” – GS era sicuro che la battaglia fosse finita, anche perché Torgan era tornato alle sue dimensioni normali. Solo allora il ragazzo si guardò intorno, alla ricerca degli schiavi del Potere ma non vide più nessuno. Nella lotta il Potere doveva aver perso l’ascendente sui suoi servi, i quali avevano pensato bene di fuggire a gambe levate. Dopo che Fergus e Torgan atterrarono accanto a GS, il pavimento di pietra su cui era poggiato il rottame dell’automa cedette ed il colossale corpo d’acciaio precipitò diversi metri sotto i loro piedi, in un sotterraneo che molto probabilmente sarebbe rimasto celato agli occhi della gente per molti anni ancora. Tuttavia GS pensava di mandare l’Homo Robus, il più robusto dei suoi robot, per recuperare quel relitto e consegnarlo al Grande Maestro. Forse il sapiente MU sarebbe riuscito a scoprire qualcosa di interessante sul Potere. GS fissò il cielo. Il Potere… chissà se era stato distrutto assieme alla sua macchina o se era già in cerca di un altro umano da corrompere. Afferrò la povera Sabry. Era svenuta ma il suo respiro era regolare e non aveva sul corpo segni preoccupanti a parte qualche ecchimosi. Salutò i suoi protettori d’acciaio, si liberò della Fire son e mise nello zaino la corona ed il bracciale.
Quando uscì dall’ospedale nel quale aveva lasciato Sabry era quasi l’alba. Aveva perso un intera giornata a causa del Potere. Ma era contento di averne sventato ancora una volta i piani.
Quando entrò nella camera di degenza vide la sua Sabry ancora priva di sensi. Stava per svegliarla, per chiederle come si sentisse, quando un infermiere gli raccomandò di non farlo. “Chi l’ha portata qui?”. L’infermiere lesse sulla denuncia – “Un certo GS. dice che l’ha trovata così fuori casa sua. Qualcuno deve averla picchiata, ha sul corpo i segni di una eventuale colluttazione”. Birkin bruciò di rabbia in quel momento. GS, ancora lui! Loro due si conoscevano, ma il suo vecchio amico non sapeva su quali alleati potesse contare adesso!