La vendetta di Janna
Era appena uscito dall’ospedale in cui seguiva il corso. Anche quella giornata si era conclusa senza troppi problemi. Stava ripensando alle spiegazioni dei docenti, quando fu costretto a voltarsi indietro. Fissava la strada vuota, scrutando, nei volti che intravedeva, qualche lineamento conosciuto. Attribuì quella strana sensazione che aveva turbato i suoi pensieri alla stanchezza e si voltò nuovamente avanti.
Le giornate erano lunghe e piene di sole. Era quasi estate ormai. GS guardò l’orologio: Quasi le diciannove. Guardò il bar alla sua sinistra e scoprì che lo allettava prendere qualcosa da bere prima di rientrare. Entrò nel bar, fece la fila e ordinò finalmente una birra fredda. Riuscì a trovare un posto alla fila di tavoli fuori e si sedette, lasciando cadere la borsa ai suoi piedi. Si mise il più comodo possibile e stava per portarsi la bottiglia alle labbra, quando ecco che i suoi sensi avvertirono nuovamente qualcosa di strano! Ancora una volta il ragazzo cominciò a guardarsi attorno, cercando la causa di quella sensazione. Passarono pochi, interminabili secondi. GS scosse la testa, chiedendosi cosa gli stesse succedendo. Quella era la sensazione che provava quando era spiato, osservato, da qualcuno di molto pericoloso. Ma lì chi poteva avercela con lui? Fissò la bottiglia e bevve un sorso della fresca bevanda, per poi posarla sul tavolino. L’unica cosa che aveva apprezzato da quando si era trasferito era proprio la pace legata al fatto di non aver più nemici alle calcagna, né battaglie da combattere. Rimase un po’ seduto a sorseggiare la birra e lentamente dimenticò quella assurda sensazione di essere spiato. Gettò la bottiglia vuota in un apposito contenitore e recuperò la sua borsa.
L’autobus non si fece attendere molto, per sua fortuna. GS lo vide spuntare all’incrocio dopo appena due minuti che era lì seduto ad aspettare. Salì, staccò il biglietto e si sedette poco distante dall’uscita. Restò calmo e rilassato fino a che non raggiunse la fermata di casa sua. Non appena mise piede a terra, riavvertì quella sgradevole presenza che lo fissava e cominciò a voltarsi dappertutto. Il cavaliere non poteva mai immaginare che sull’autobus qualcuno lo avesse seguito per scoprire dove abitava.
Il mattino seguente GS non ripensò all’accaduto del giorno prima e si recò di buon’ora all’università. Salutò gli amici che incontrava ogni mattina, mise la borsa al solito posto e tornò fuori. Anche alle porte dell’aula c’erano degli amici e lui perse tempo a chiedere loro cos’avessero fatto la scorsa notte. Rimasero qualche minuto a parlare di discoteche e di ragazze in minigonna, poi il professore di fisiologia comparve e dovettero prendere subito posto per seguire il corso.
La seconda lezione non fu migliore della prima: Immunologia! C’era addirittura una supplente che cominciò a parlare di neoplasie e carcinomi e andò dritta fino alle tredici in punto. GS era stremato, ma per fortuna quella giornata era finita.
Stava procedendo a passo spedito lungo il viale che lo avrebbe immenso sulla grande strada, quando ancora una volta si sentì osservato e quando si voltò, vide uno strano uomo, avvolto in un manto nero, che lo fissava. L’uomo doveva essersi accorto che lo aveva scoperto, perché si diede alla fuga, ma GS si mosse rapido come il vento e gli fu subito dietro!
Voltò l’angolo e si ritrovò nel parcheggio attinente alla camera mortuaria del complesso ospedaliero ma lì non trovò nessuno! Stava quasi rinunciando all’impresa, quando intravide alcune impronte sul terreno bagnato e non appena si mosse in quella direzione la terra si aprì e ne emerse una creatura agghiacciante! GS lanciò un grido di stupore e indietreggiò di qualche passo.
Non aveva mai visto un essere simile e si chiese cosa fosse e da quale inferno provenisse. Era alto oltre i due metri, robusto. La sua pelle sembrava di pietra ed il suo volto quello di un vecchio i cui occhi vuoti hanno visto molte cose. La bocca spalancata, le mani protese in avanti, la creatura si muoveva a piccoli passi in avanti ed era chiaro che puntava su di lui. GS provò a fuggire ma con suo enorme stupore si accorse di non poter muovere le gambe e quando abbassò lo sguardo rimase raggelato nel constatare che il fango aveva imprigionato le sue caviglie.
Quando rialzò lo sguardo e vide la creatura più vicina sentì che il fiato gli moriva in gola. Non riusciva a gridare né a far niente. Era semplicemente immobilizzato dall’orrore. Mentre le dita di fredda pietra stavano per stringersi intorno al suo collo, GS chiuse gli occhi e quando li riaprì scoprì che la creatura da incubo era scomparsa! Si guardò intorno e vide due amanti che stavano camminando a pochi passi da lui e lo fissavano. GS scoprì che le sue gambe erano libere di muoversi e non tardò ad emergere da quel liquame e a correre verso casa. La sua mente continuava a gridargli di stare all’erta e le sue gambe sembravano possedere un’energia che era rimasta lì sopita, per sprigionarsi solo in quell’occasione. Salì sull’autobus e raggiunse casa sua. Quando scese dall’automezzo credeva di essere ormai al sicuro, ma quando intraprese la stradina che lo conduceva a casa assistette ad un altro fenomeno strano che gli fece credere di esser diventato ormai pazzo! Dall’albero si staccò quella stessa creatura che aveva attentato alla sua vita poco prima ma questa volta aveva un aspetto diverso! La sua pelle era verde a tratti cosparsa di muschio e liane ma lo sguardo vitreo e privo sia di iride che di pupilla era lo stesso dell’orrendo mostro di pietra che aveva attentato alla sua vita. Eppure, nonostante volesse a tutti i costi collocarlo nella famiglia dei mostri, la sua mente continuava a ripetergli che si trattava di qualcosa di diverso. Alle spalle della creatura GS intravide casa sua. Doveva a tutti i costi raggiungere la sua stanza, ove avrebbe preso la corona dell’ariete e il maglio di Boron. Solo quelle mistiche armi potevano garantirgli la sopravvivenza in una simile situazione… ma mentre pensava, la creatura si mosse con troppa rapidità! Gli si lanciò addosso e stava quasi per afferrarlo, quando per miracolo riuscì a schivare la presa, abbassandosi lateralmente e successivamente cominciò a correre veloce verso la sua abitazione. Quando arrivò al cancello quasi vi sbatté con forza. Le sue dita tremavano ma riuscì ugualmente ad aprirlo e a lanciarsi verso il portone. Infilò le chiavi nella serratura e si voltò indietro, per scoprire con sollievo che la creatura non lo aveva seguito fin lì. La calma tornò ad impadronirsi di lui. Le dita non tremavano più e GS riuscì a raggiungere la sua stanza.
All’interno della sua camera GS si concesse qualche breve attimo di pace. Si stese sul letto e fissò il soffitto bianco. Qualcuno voleva ucciderlo ed egli si chiedeva chi fosse. Lo aveva solo intravisto l’altro giorno nel viale del centro ospedaliero, poi era comparsa quella creatura. Non riusciva a immaginare chi potesse attentare alla sua vita ma non c’era altra cosa da fare! Indossò la corona e il maglio e si affacciò alla finestra di casa sua, concentrandosi. Richiamò a sé Fergus, l’eroico gladiatore spaziale che lo aveva protetto decine di volte. Sperò che il robot marziano comparisse al più presto e sperò anche che riuscisse a nascondersi. Non gli piaceva l’idea che lì avvistassero un robot.
Scese nuovamente in strada, incurante che qualcuno potesse vederlo conciato a quel modo e tornò tra gli alberi, dove poco prima era comparsa quella creatura ma non la trovò, né la sua corona gli comunicò qualcosa di strano che potesse testimoniare la sua presenza e così il ragazzo decise di tornarsene a casa.
Stava per togliersi il potente maglio di ferro, quando avvertì un fruscio alle sue spalle e con la coda degli occhi vide la creatura comparire come per magia nel buio. Non pensò a quello che stava per fare e sferrò un potente destro che centrò l’essere in pieno viso. Nell’ingresso della sua abitazione risuonò lo schiocco del colpo e un leggero brontolio da parte dell’essere, poi GS indietreggiò di qualche passo. La creatura lo fissava attraverso lo sguardo inespressivo che lasciava trasparire una sorta di saggezza e dolore. Sembrava che quell’essere fosse emerso dall’oscurità, dalla quale emergeva soltanto il mezzo busto muscoloso e troppo sviluppato per essere quello di un uomo. La pelle era squamosa e di un colorito verdognolo. GS si chiese cosa sarebbe successo ma poi la creatura scomparve, immergendosi lentamente nell’oscurità. Il ragazzo trattenne il respiro e qualcosa gli disse che quell’essere era ancora lì, in agguato! La debole luce che filtrava dalle finestre della cucina non era sufficiente ad illuminare tutto l’ingresso, così il cavaliere pigiò l’interruttore della luce elettrica e notò quasi subito l’irregolarità sulla parete. Quell’escrescenza biancastra nella parete del muro, testimoniava che la creatura si era nascosta in qualche modo sotto alla parete. La protuberanza si mosse fino a scorrere lungo la parete e GS la seguì dapprima con lo sguardo, poi con un movimento rapido del corpo, per vederla riemergere. La creatura questa volta si presentò nuovamente in tutta la sua possanza! Muscoli squamati che sembravano scolpiti nell’acciaio, un’altezza degna dei più grandi giocatori di basket di tutti i tempi ma GS non attese che lo assalisse e sferrò un poderoso pugno, che centrò in pieno il petto dell’essere ma questa volta GS non ragionò e dimenticò una delle regole fondamentali da seguire in casi come quello: dopo aver colpito scappa! La creatura gli diede una spinta e lui finì dritto nella porta alle sue spalle, che si spalancò facendolo urtare anche contro il grosso tavolo di legno della sala da pranzo. GS finì in ginocchio, piegato in due e senza fiato. Cercò di regolarizzare il respiro e non appena poté si rimise in piedi e si precipitò nell’ingresso solo per scoprire che la creatura era scomparsa. Fissò bene ogni parete, ogni angolo di casa ma quella volta la feroce apparizione era davvero scappata. GS si promise che al loro prossimo incontro avrebbe regolato anche quel conto.
Tornò varie volte tra gli alberi poco distanti da casa sua, sperando che la creatura si facesse viva, ormai certo che anche Fergus era da quelle parti.
Il resto della giornata passò senza intoppi ma GS non riusciva a staccare gli occhi dall’ingresso. Pensò che fosse stata una fortuna che l’ingegnere, col quale divideva l’appartamento, era fuori per motivi di lavoro. Doveva risolvere quella brutta storia prima del suo rientro. Verso le otto, mentre il sole stava per tramontare, GS uscì, girando senza una meta. Sperava che il misterioso uomo in nero si rifacesse vivo. Nella sua corona erano immagazzinate le immagini e le notizie relative a qualunque creatura dell’universo oscuro ma quell’essere no! Non era stato in grado di catalogare quella creatura e sinceramente non sapeva che pensare. Decise di prendere un gelato e mentre gustava la crema alla fragola, GS ripensò alla creatura che l’aveva attaccato per ben tre volte, senza sfiorarlo che un’unica volta e per difesa personale… visto che era stato lui a sferrare l’attacco per primo! C’era solo un uomo al mondo che poteva sapere qualcosa su quell’essere e lui non poteva avvalersi del suo aiuto. Abbassò lo sguardo e si alzò, per tornare a casa. Non poteva avvalersi dell’aiuto del maestro MU, visto che gli aveva proibito di cacciarsi in altri guai.
Il giorno seguente GS andò a seguire i corsi, mettendo nella borsa anche il Maglio di Boron e la corona, nel caso il mefitico essere ricomparisse. Tutto procedeva tranquillo, quando alla fine del primo intervallo GS decise di andare a prendersi un caffè al distributore in corsia. Quando si voltò si trovò faccia a faccia con l’uomo in nero.
“Salve GS”.
“Chi sei?” – GS non sapeva se afferrarlo per impedirgli che scomparisse o attendere. Si guardava intorno per paura che l’essere potesse comparire da un momento all’altro.
“Sei nervoso?” – GS sapeva che l’uomo si era accorto della sua indecisione e questo non giocava certo a suo favore.
“Chi non sarebbe nervoso vedendosi spuntare dappertutto una specie di vegliardo che sembra avere poteri incredibili?”.
“E fai bene ad avere paura” – GS notò per la prima volta qualcosa di strano nella voce dell’uomo ma non sapeva ancora dire cosa – “Purtroppo però è anche vero che tu hai commesso un grave errore” – GS fissò in malo modo l’uomo, chiedendosi a cosa si stesse riferendo. L’uomo in nero si voltò e stava per andarsene, quando GS gli corse dietro: “Ehi tu fermo!” – Non fece nemmeno in tempo a mettergli addosso le mani, quando con una mossa rapida l’uomo in nero cercò di colpirlo con un paio di pugni ma il ragazzo fu abbastanza pronto di riflessi da riuscire a schivarli entrambi. Non trovò il coraggio di afferrare quell’uomo, così gli sfuggì. Voleva andare fuori al sole, a cercarlo ma doveva tornare a lezione. Avrebbe riflettuto a lungo e avrebbe cercato di acciuffare quel manigoldo e di spingerlo a raccontargli tutta la storia… ma aveva bisogno di Fergus. In quei giorni aveva fissato il cielo e non lo aveva mai visto. Sapeva che Fergus si nascondeva nelle grandi città per non farsi vedere dagli uomini ma lo aveva sempre intravisto… soprattutto quando un mostro minacciava la sua esistenza.
Il resto della giornata passò monotona, tra una lezione e l’altra. Per tutto quel tempo GS si ripeteva che c’era qualcosa di strano. Si voltava spesso indietro con la sensazione che il misterioso uomo in nero fosse lì da qualche parte ma non vedeva nessuno con quella fisionomia. Dove poteva essere andato un uomo abbigliato come un inquisitore e come poteva essere entrato in un ospedale senza che nessuno lo notasse? Doveva essere per forza già lì. Lo controllava e conosceva tutte le sue mosse, eppure si nascondeva ai suoi occhi sotto i panni borghesi di uno studente modello. Quando uscì dall’ospedale si guardò bene intorno cercando di scoprire qualcuno che lo seguisse ma non notò nulla di strano, nonostante si sentisse costantemente sotto controllo.
Lasciò l’aula prima della fine dell’ora prevista ed il suo piano funzionò. Qualcuno lo stava seguendo e aveva anche visto chi fosse. Quando tagliò per passare alle spalle della camera mortuaria non si stupì di vederla comparire. “Puoi anche toglierti di dosso quegli stracci Janna”. La figura oscura che aveva davanti sembrò avere un sussulto. Con un rapido movimento la donna rivelò il suo viso, togliendosi dalla testa il cappuccio. Una strana maschera nera di cristallo le coronava il viso.
“Come hai fatto a scoprire che ero io?” – La donna aveva sputato uno strano boccaglio.
“Mi sono nascosto poco fa e ti ho vista uscire e guardarti intorno come se cercassi qualcuno” – GS fece una breve pausa – “Era me che stavi cercando”.
“Devo ammettere che sei molto astuto” – La donna sorrideva ma la sua espressione non era amichevole – “Ma questo lo sapevo già”.
“Toglimi una curiosità, Janna” – GS la fissava intensamente. Sul volto di lei uno sguardo sprezzante – “Chi o cosa è quell’essere che mi hai sguinzagliato addosso? È reale? E soprattutto… tu chi diavolo sei in realtà?”.
“Credo tu abbia il diritto di sapere ogni cosa, adesso” – Janna si guardò intorno per sincerarsi che nessuno potesse vederli o sentirli – “L’essere che ti ha attaccato è reale ed ha poteri straordinari. Io lo conosco fin da quando ero piccola… siamo cresciuti insieme. Sono la sacerdotessa di una piccola città, poco distante dalla tua casa laggiù, nel sud”- GS ricordò di aver sentito di piccole città autonome a pochi chilometri da casa sua – “E lui mi ha sempre aiutata. Non so cosa sia so solo che si chiama Maglord e proviene da un passato lontano. Che tu ci creda o no è un essere millenario ed è in grado di trasformarsi in qualunque cosa voglia”.
“Mi sono accorto della sua capacità di fondere il suo corpo con qualunque materiale… sia esso naturale che artificiale”.
“Già ma questo non è il solo potere di cui dispone. Il suo sangue è in grado di animare le sculture che io faccio. Divengono statue viventi capisci? E grazie allo scheletro di metallo che sta sotto la pietra prendono a muoversi e ad obbedire ai miei ordini… e se ti volti ne vedrai una!” – GS si voltò ed il suo cuore prese a battere più forte. Davanti a lui, ad una decina di passi da dove si trovava, c’era un uomo di pietra alto quasi due metri, molto simile all’essere che lo aveva attaccato in quei giorni ma si vedeva troppo chiaramente che si trattava di una mera imitazione.
“Ne posso creare decine come lui” – Continuò Janna – “Perciò stammi bene a sentire: Sarà meglio che tu mi rispetti da oggi in poi…”.
“Janna ma che stai dicendo?”.
“Non fare finta di non sapere” – La donna si stava arrabbiando sempre di più – “Da quando siamo rientrati per seguire i corsi mi ignori e a me non piace essere ignorata!”. GS riuscì a capire ogni cosa. Janna era stata tra le prime persone che aveva conosciuto al suo arrivo in quella città, poi col passare del tempo aveva fatto nuove amicizie, dimenticandola.
“Janna non volevo offenderti. Ho semplicemente stretto amicizia con altre persone”.
Janna scuoteva il capo e lo fissava con ancora più disprezzo – “Voi in questa città non mi rispettate… non capite chi sono e cosa posso fare. Basterebbe un mio ordine ed i miei Golem farebbero a pezzi questa odiosa città… compresi i suoi abitanti”.
“Tu non stai bene Janna. Secondo me soffri di qualche disturbo…”.
“Io sono una dea, stupido uomo!” – Era ormai chiaro che la donna soffriva di un delirio di onnipotenza – “E tu sari il primo ad inginocchiarti al mio potere”. Senza che GS se ne rendesse conto due braccia di pietra gli si strinsero intorno al torace. La borsa gli cadde di mano e con essa GS vide precipitare ogni speranza di salvezza. La stretta si faceva sempre più forte.
“Janna adesso di al tuo golem di mollare la presa” – Disse GS con l’ultimo fiato che gli rimaneva.
“Vedo che hai imparato la lezione” – La donna ordinò mentalmente alla statua vivente di lasciare il ragazzo ma la stretta si faceva lentamente più forte e GS sentiva che nei polmoni non entrava più aria.
“Che sta succedendo?” – Riuscì a chiederle GS con un filo di voce. La donna scuoteva il capo ed il suo sguardo non era più così sicuro.
“Non lo so” – Cominciò a dire Janna – “Sembra che non mi obbedisca”. Fu in quel momento che Fergus si materializzò al fianco di GS. anche il ragazzo si stupì, mentre Janna rimase a bocca aperta. L’ascia del gladiatore marziano si illuminò e quando Fergus vibrò il fendente una delle braccia di pietra andò in frantumi. GS riuscì a divincolarsi dalla stretta. Il golem sembrava impazzito e prese a muoversi nella sua direzione, quand’ecco che Fergus gli sbarrò il passo! L’energumeno di pietra sferrò un rozzo pugno ma la pietra si frantumò contro l’acciaio marziano del robot e lo scheletro di metallo della statua si incrinò.
“Come si fermano quelle statue?” – Chiese GS alla donna.
“Non si sono mai arrestate finché non hanno portato a termine l’ordine o finché non sono state fatte a pezzi”.
“Fergus riduci in frantumi quella statua!”. Per il gladiatore marziano fu semplice fare a pezzi quella statua vivente, facendo uso del suo maglio speciale ed in pochi minuti del minaccioso golem non rimase che polvere e ferro.
“Mi dispiace per tutto il casino che ho combinato” – Disse la donna, fissando le macerie – “Ma volevo solo intimorirti. Se la cosa avesse funzionato con te avrei ripetuto il gioco con gli altri…”.
“Non hai bisogno di spiegazioni o meglio, ti capisco” – Persino GS si stupì delle sue parole. Solitamente non avrebbe perdonato un avversario – “Purtroppo però hai scelto un gioco pericoloso e come vedi io stavo per lasciarci le penne” – GS le si avvicinò e la fissò con tenerezza – “Cosa pensi fosse successo se avessi iniziato il tuo giochino con un altro?” – Fissò Fergus – “Un altro che non poteva contare sull’aiuto del mio amico?”.
La donna non trovò il coraggio di rispondere. “Tu hai un grande alleato e credo che debba sfruttare le sue potenzialità per aiutare la gente”.
“Ma non posso farlo. Chiunque vede Maglor se la da a gambe levate”. GS annuì – “Potresti ordinargli di operare in incognito. Non è indispensabile che sia visto. E poi viste le sue qualità, non credo gli risulti difficile operare nell’ombra”. Janna sembrò convincersi. Si tolse la corona di cristallo e il mantello nero e lo arrotolò con dentro la corona, per poi mettere il fagotto in un grosso zaino. In quel momento comparve il Maglor. Spuntò dal verde. GS notò che Fergus non era turbato dalla sua presenza e si convinse che non si trattava di un mostro ma di un umanoide spaziale giunto sulla Terra per vivere in pace.
Janna fece le presentazioni e raccontò a GS che il suo amico non voleva spaventarlo, si opponeva ai suoi ordini, tanto che lei aveva dovuto scegliere una delle sue statue. Raccontò che ne aveva portare molte con sé, proprio per proteggere casa quando era fuori. GS le parlò di Fergus, le raccontò dei Gahi e della minaccia lontana dei mostri spaziali fino al momento in cui aveva deciso di tornare a fare una vita normale.
“Non sapevo che fossi un eroe”.
GS scosse la testa – “Non lo sono. Diciamo solo che sono un uomo fortunato che può insegnare ai robot come aiutare gli uomini” – Sorrise – “Sono loro che fanno tutto il lavoro, non io”.